Ferrari cede allo zero, ma…
Un mese fa Ferrari ha presentato una nuova etichetta, che va a sottolineare non solo l’eccezionale vitalità della maison di Trento, ma anche il suo desiderio di esplorare nuove strade. Così, dopo l’eccellente Perlé Bianco dello scorso anno (e in attesa di un’altra clamorosa novità come la versione in rosa del Giulio che oramai non è più un rumor, ma una certezza…) è la volta di un nuovo vino della linea Perlé, ma uno che si preannuncia molto particolare: Perlé Zero. Attenzione, però, perché non si tratta di un mero Perlé senza dosaggio! No, c’è molto di più…
A cominciare dalla struttura del vino: il Perlé Zero non è certo un non millesimato, ma non è neanche un classico millesimato come i suoi fratelli della gamma. Cos’è, dunque? Un multimillesimato. Infatti, il Perlé Zero è l’unione di tre vini diversi, targati 2009, 2008 e 2006, mentre l’indicazione ‘10’ in etichetta sta a indicare l’anno del tiraggio, 2010 appunto. Ma il progetto parte da lontano, più di dieci anni fa, quando, durante la discussione a proposito di un nuovo spumante, fortemente innovativo, lo chef de cave Ruben Larentis (ad avviso di chi scrive il vero asso nella manica dei Lunelli) ha proposto di seguire una strada per certi versi rivoluzionaria: iniziare a mettere via dei vini di riserva particolari, da utilizzare un giorno per un sofisticato assemblaggio di annate, “in modo da avere maggiore profondità”. Così ecco selezionare, nel caso di un’annata particolare come la 2006, le oramai mitiche uve Chardonnay di montagna, fermentate in acciaio (esaltazione del frutto), successivamente affinate in botte (ricchezza e struttura) e, infine, il vino fermo imbottigliato in magnum (espressività) e lasciato al buio nelle cantine sotterranee. L’esperimento si è poi ripetuto nel 2008 e nel 2009 (e si ripeterà ancora, ovviamente…), ma l’anno seguente le tre annate in magnum sono state unite insieme (anche se queste annate sono tenute in piccola parte anche in Solera) e ‘tirate’. Da quel momento, il nuovo Ferrari ha maturato sui lieviti per ben sei anni e più fino al dégorgement, a seguito del quale non è stata aggiunta alcuna liqueur, ma solo il medesimo vino in quantità minima, necessaria al rabbocco.
E qui, non me ne vogliano né i Lunelli e Ruben, né gli amici di Veuve Clicquot, ma ho notato un curioso parallelismo, assolutamente casuale (onde evitare il solito imbecille pronto a fare polemica, dico subito che nessuno ha copiato chicchessia, anche perché le tempistiche sono diverse!). Sì, un parallelismo tra questo Perlé Zero e l’EBEO di Veuve Clicquot. Entrambi sono assemblaggi di annate ed entrambi hanno una caratteristica importante: il dosaggio basso (nell’EBEO) o nullo (nel Perlé Zero) non è stato l’obiettivo, ma la conseguenza. Nel senso che queste due bollicine non sono state pensate in funzione del dosaggio basso o nullo, ma alla fine ci si è resi conti che erano talmente ‘buoni’ da non averne bisogno o averne bisogno in minima parte. Poi, per carità, i vini del Perlé Zero sono stati pensati in funzione del nuovo vino, mentre a Reims Dominique Demarville ha voluto esaltare i vins de réserve già presenti in cantina, il Perlé Zero ha visto anche il legno e i magnum, l’EBEO solo l’acciaio, ma, come ho detto, il parallelismo (non il paragone, no!) è interessante. Che sia nato un nuovo modo di fare vini spumanti?
Perlé Zero 10
100% Chardonnay
L’olfatto ha un’intensità travolgente fatta innanzitutto di agrumi e mineralità, ma tutto questo è espresso con purezza, prima che con freschezza. Ci sono anche il frutto, i fiori, un tocco piccantino di zenzero fresco e, in profondità più che in secondo piano, ecco pure le tostature. Bocca asciutta e ancora agrumata (pompelmo), ma è solo l’impressione iniziale, perché a seguire si fa cremosa, vellutata, con una gran bella polpa fruttata e uno spunto di caffè. La gustativa è elegante nella sua leggerezza e, nonostante lo sviluppo sia ampio più che profondo, il finale è molto, ma molto persistente tra gli agrumi, ora in foglia, e la mineralità, oltre a una diffusa freschezza che rasenta il balsamico se non addirittura il mentolato. Alla fine di tutto, però, gli aspetti più importanti di questo nuovo Ferrari sono il perfetto equilibrio (il non essere dosato è effettivamente una naturale conseguenza…) e la linearità, che significa precisione e non banalità. Una gran bella idea tradotta in pratica in maniera magistrale. Bravo Ruben!
Voto: 90/100
Rimango scettico sui non dosati, spesso mi sembra una moda più che altro, comunque Ferrari merita una prova vista la qualità e la costanza dei loro vini.
Piuttosto vorrei chiederle se, vista la sua conoscenza con Lecaillon, sa qualcosa riguardo il Cristal Vinotheque.
L’azienda ha annunciato l’uscita quest’anno del ’95, sia in bianco che rosè, lei sa per caso quando di preciso verranno messi sul mercato e soprattutto a che prezzi?
Posso dire di aver visto nascere il Cristal Vinothèque 1995. Non è un mero ‘dégorgement tardif’, ma per ora non aggiungo altro per non ‘rovinare’ l’anteprima della guida. Non me ne voglia…
Per l’uscita, non ho ben capito se in Italia ce la faremo per fine anno o dovremo aspettare il 2018. Mi informo.
Il prezzo? Quello al pubblico sarà in linea con un DP P3 non molto vecchio…
L’ho assaggiato e riassaggiato: a mio avviso vale il prezzo (non basso) che costa. Struttura, mineralità e freschezza si fondono perfettamente. E’ una bollicina versatile, adatta all’aperitivo ma anche a tutto pasto. Ed è indubbiamente diverso dagli altri Ferrari, quindi una vera novità.
Secondo me Ferrari è l’unica cantina in Italia che può competere con i mostri sacri d’Oltralpe, perchè riesce a fare prodotti di livello assoluto nonostante i grandi numeri (azzardando un paragone, si potrebbe dire che è il Louis Roederer italiano). In più ha nella sua gamma degli spumanti dall’incredibile rapporto qualità/prezzo: penso soprattutto al Maximum, ma anche al Perlè “base”.
Se poi si considera che, avendo la pazienza di cercare on line, è possibile trovare bottiglie di Giulio Ferrari intorno ai 60 euro… beh, non credo che sul mercato esista una bollicina di quel livello che costi meno (ma qui chiedo un qualificato parere a Lupetti).
Analisi perfetta e… mi piace il parallelismo con Louis Roederer!
Fermo restando, e non mi stancherò, mai di ripeterlo, mai paragoni con lo champagne…