Champagne Ayala: veni, vidi, vici!
Questa che mi appresto a raccontare è la storia di Ayala, maison indubbiamente fra le più brillanti e vivaci in questo momento, che sta finalmente riportando in una posizione di prestigio il proprio nome: è stato uno dei nomi più importanti della Champagne fino al secolo scorso. Infatti, per capire meglio questa maison, bisogna partire dal passato; un passato fatto di una grande storia, ma, soprattutto, di un grande uomo, come spesso se ne incontrano nel mondo del vino: Edmond de Ayala. Di origini basche e proveniente da una famiglia che per tre generazioni aveva vissuto in Colombia, nel 1855 Edmond approda a Parigi. Spinto da una grande passione per il vino, si sposta in Champagne, dove lavora per un importante négociant: è da lui che impara l’art champenoise a 360°. Uomo di estrema intelligenza e lungimiranza, sposa la figlia del suddetto négociant, Gabrielle d’Albrecht, aristocratica per parte di madre, e riceve in dote 30 ettari di vigneto a Mareuil-sur-Aÿ insieme a un bellissimo castello che oggi, sfortunatamente, non esiste più.
Era il 1860 e in pochissimo tempo quest’uomo imparò a coltivare la vigna, a fare champagne e a commercializzarlo: Edmond era un uomo in gamba, un uomo di soli 29 anni che fino alla sua morte, 49 anni dopo, ha davvero fatto tanto per questa maison e per questa terra.
Ed è proprio qui, in casa Ayala, che si ama raccontare di questa storia, perché lo spirito di allora è tuttora presente e lo scenario non cambia: tutte le persone che gestiscono e lavorano in Ayala oggi sono giovani, determinate e riflettono perfettamente la persona che era Edmond e lo spirito di questa maison sin dalle origini, più di 150 anni fa. Ayala, a quell’epoca, era difatti uno dei punti di riferimento più importanti in Champagne. Da notare che la maison fu messa a ferro e fuoco dai vignaioli dell’Aube durante la rivolta del 1911, ma, grazie ai soldi ricevuti dalle assicurazioni, venne poi completamente ricostruita e ancora oggi ne ammiriamo l’aspetto, decisamente grandioso, imponente. Più di tutto, però, Ayala va ricordata per essere stata la prima ad avere avuto il coraggio di mettere in commercio uno champagne con ‘soli’ 21 g/l di zucchero, una cosa a dir poco rivoluzionaria per quel periodo, se pensiamo che in Inghilterra la media era di 70 g/l e in Russia addirittura 250 g/l !
A onor del vero, questo fu possibile anche grazie al fratello di Edmond, che all’epoca viveva a Londra ed era in ottimi rapporti con la famiglia reale, in particolare con il Principe di Galles; è proprio a questi che presentò in anteprima il loro Vintage 1865, uno dei primi a champagne a basso dosaggio, che ben presto divenne estremamente apprezzato a corte proprio grazie a questo dosaggio contenuto: gli Inglesi, si sa, amano i vini secchi.
Questa piccola grande maison diventò così molto forte in Inghilterra ma anche in Francia, arrivando così a essere, nel 1920, uno dei più grandi produttori della Champagne: si producevano più di 1.000.000 di bottiglie all’anno! Bisogna considerare che, all’epoca, i numeri erano pari solo al 10% di quelli di oggi (quindi circa 32.000.000 di bottiglie totali, N.d.R.)…
Ma veniamo al punto. Cosa è successo in seguito ad Ayala? Come si spiega che questa maison oggi non è più così importante e riconosciuta come allora? Dalla metà del secolo scorso, purtroppo, la notorietà e la fama di Ayala sono diminuite in modo notevole, probabilmente a causa di diverse successioni e mal gestioni. Dopo le devastazioni della filossera e la rivolta dei récoltant del 1911, Ayala viene venduta alla Guiness Bank nel 1929, per essere successivamente riacquistata da René Chayoux nell’ultimo dopoguerra, allora Presidente del CIVC. Questi incontra, proprio al CIVC, la personalità illustre di Jean-Michel Ducellier, che designerà quale suo successore e, di conseguenza, prenderà alla sua morte la guida di Ayala. Entrambi hanno dato un prezioso contributo a tutta la Champagne, ma, successivamente, Ayala perde, causa la poca attenzione che le viene prestata, la posizione di prestigio che un tempo occupava, anche perché nel 2001 viene ceduta al gruppo finanziario Frey, fino a quando non viene poi – e finalmente… – acquistata, nel 2005, da Bollinger. Ed è qui che gli scenari cambiano…
L’entrata in campo di Bollinger rappresenta il momento della svolta: prima il forte investimento in cantina, poi la ristrutturazione dei tre chilometri di caves sotterranee, quindi il miglioramento dell’identità del brand, che negli ultimi anni si è profondamente rinnovato, dal packaging alla comunicazione, dall’immagine agli uffici, completamente nuovi e modernizzati, fino, ovviamente, ai vini, ora fortemente legati allo Chardonnay (il legame con il Pinot Noir già ce l’ha Bollinger…). Così, oggi, in Ayala si può serenamente dichiarare che la qualità è notevolmente cresciuta rispetto a venti anni fa. Gli ettari di proprietà sono praticamente nulli (uno solo, in realtà), ma la maison acquista uve per l’equivalente di un centinaio di ettari, soprattutto tra Aÿ, Mareuil, la parte nord della Montagne e, soprattutto, la Côte de Blancs; le bottiglie prodotte sono 750.000 all’anno, un numero minore rispetto al passato, tuttavia l’obiettivo rimane sempre quello di crescere prima qualitativamente e solo dopo, quantitativamente.
Alla guida troviamo un team molto motivato, di poche persone e tutte giovani: il più ‘vecchio’ non supera i quarant’anni. Cinque di loro lavorano negli uffici e gli altri otto nella produzione, tredici in tutto. Hadrien Mouflard, come visto in occasione dell’anteprima del Rosé N.8, è al timone della maison in qualità di Direttore Generale e, fatto piuttosto inconsueto, in cantina troviamo una donna, Caroline Latrive, come chef de cave. Costei segue scrupolosamente e con grande impegno ogni fase della produzione: vinificazioni per parcelle, controlli su controlli, ricerca dell’equilibrio, grande costanza nel perseguimento del risultato prefisso. L’obiettivo è di produrre champagne piacevoli ed equilibrati, eleganti e raffinati, ma con quel tocco di incisività e verticalità tipico del Pinot Noir.
Alla fin fine, però, Ayala insiste nel fare una precisazione: la maison, oggi, è sì di proprietà di Bollinger, ma le due realtà sono completamente differenti e, nonostante abbiano strette affinità, sono indipendenti. Per questo motivo non è giusto definire Ayala la sorella minore, o, peggio, la seconda linea di Bollinger, perché non è affatto vero! Oggi Ayala esporta in 65 diversi paesi nel mondo, tra cui, i più importanti Francia e Inghilterra, oltre a USA, Giappone, Italia, Belgio, Scandinavia, Germania, Austria e pure Costarica. Una maison tutta nuova, insomma, ma dalla grandissima storia, che porta in sé lo spirito del giovane e determinato Edmond, ma che vuole anche riscattare gli anni persi nel periodo meno brillante. Con l’entusiasmo e la determinazione che ora la contraddistinguono, non possiamo che essere sicuri che ce la farà benissimo!
Ecco alcuni degli champagne Ayala della gamma assaggiati nel corso dell’ultima visita lo scorso marzo.
Brut Majeur
40% Pinot Noir, 40% Chardonnay, 20% Meunier
(base 75% annata 2012 più 25% vins de réserve di due annate precedenti, tre anni sui lieviti, dosaggio 7g/l, dégorgement fine del 2015, produzione 600.000 bottiglie)
Naso raffinato e definito, che vive di sensazioni floreali, agrumate e di frutta bianca, con sfumature di erbe aromatiche all’innalzarsi della temperatura. L’ingresso al palato è stimolante, affusolato e succoso, puro, con una bella dinamica di bocca. La bollicina è elaborata con rigore, il sorso allunga nel finale con note sapide ed erbacee, rinfrescanti. Champagne di grande precisione e pulizia che ha il vantaggio di una bevibilità piacevolissima. Per non dire irresistibile nella sua semplicità.
Voto: 88/100
Blanc de Blanc 2007
100% Chardonnay
(uve di 5 Cru della Côte de Blancs, sei anni sui lieviti, dégorgement giugno 2014, dosaggio 6g/l)
Trama olfattiva irresistibilmente raffinata e ampia, che vira su note di miele, cedro, susina e pure frutta secca (nocciola). In bocca lo champagne si offre pieno, elegante nell’incedere, finanche slanciato da una bella freschezza agrumata, peraltro perfettamente bilanciata, quindi eccolo allungare con decisione su note salino/minerali per poi farsi, sul finale, quasi affusolato, nuovamente su note agrumate, ora quasi interminabili. Una bellissima immagine di quello che deve essere un grande Chardonnay di Champagne. A dispetto dell’annata non memorabile…
Voto: 91/100
Perle d’Ayala 2005
20% Pinot Noir, 80% Chardonnay
(uve di Chouilly, Le-Mesnil e Aÿ, titaggio bouchon liàge, 8 anni sui lieviti, dégorgement settembre 2015, dosaggio 6g/l)
Elegantissimo al naso, ricco e intenso, con note di gelsomino, pompelmo e mirabelle, poi burro fuso e crema pasticcera. Al palato è profondo, dalla bollicina ben integrata, ma soprattutto, cremoso. Di una cremosità appagante, mai molle, anzi ravvivata da decisi ritorni fruttati e minerali. Si sente molto il legame con lo Chardonnay, soprattutto nel finale, che è fruttato e agrumato. Più d’ogni altra cosa, si beve con grande piacere e questo aspetto colpisce non poco, vista l’annata di cui è figlio, ma… solo in teoria. Sorprendente. E non meno ‘buono’.
Voto: 92/100
Perle d’Ayala 2005 Nature
20% Pinot Noir, 80% Chardonnay
(il medesimo champagne, ma senza dosaggio, prodotto in quantità estremamente contenuta originariamente per il solo mercato giapponese)
Elegante, floreale e minerale all’olfatto, poi evolve in note di nocciolina e tostature, oltre a una netta sensazione di pulizia, più che di secchezza vera e propria. Al palato è generoso, ricco e dallo sviluppo dinamico, scalpitante, risoluto, ma soprattutto possiede un’appagante e piacevole pienezza di palato, nonostante l’assenza di dosaggio. Vino di volume e mai troppo asciutto, ovvero spigoloso, anzi è puro, di una pulizia incredibile, non asciugante bensì dissetante. Emerge, soprattutto a distanza, il ricamo gessoso/minerale della sua terra. Finale lunghissimo. Né meglio né peggio del precedente, semplicemente… diverso.
Voto: 92/100
Nota: abbiamo assaggiato anche il Rosé Majeur, che ci sembra il meno convincente della gamma, e il Brut Nature, che trovate in Grandi Champagne 2016-17 insieme alle anteprime mondiali del Blanc de Blancs 2008 e del Perle 2006.
Gli champagne Ayala sono distribuiti in esclusiva da:
Gruppo Meregalli– tel. 039/2301980 – www.meregalli.it
Mi piace l’evoluzione di Ayala: se penso alla prima volta che la visitai (2007) i passi compiuti in direzione di una sempre maggiore personalità sono davvero importanti. I miei primi assaggi furono deludenti: da una parte cuvée innocue, dall’altra champagne rigidi e offensivi. Oggi è davvero un’altra storia. Grazie per i ragguagli, Vania. Come sempre, continua così, sei bravissima.
Caro Francesco, mi accodo idealmente a te…
Grazie, come sempre, per la stima.
Vania
Grazie a Voi, davvero. Anche a nome di tanti appassionati. Per il lavoro che andate svolgendo. Prezioso. Non mollate mai. Solo questo. Un caro saluto a entrambi. Francesco.
Grazie, caro Francesco!
E pensare che ci sono esperti – o presunti tali – di champagne che ancora definiscono Ayala “indecente”. Mi chiedo se abbiamo riassaggiato recentemente gli champagne di questa maison, o se abbiano un’idea di champagne tutta loro e completamente distaccata dalla realtà, o, ancora, se lo facciamo semplicemente perché sparare a zero fa figo. Chissà…
Riprendo questo artico su Ayala perché la scorsa settimana mi è capitato un incontro con una bottiglia di questo produttore che mi ha lasciato senza parole. Partiamo dall’inizio. Ogni anno, dopo le vacanze natalizie, vado in cantina e faccio un po’ di pulizia gettando via tutti gli astucci delle bottiglie che conservo rigorosamente fuori da essi. Inizio la raccolta e uno, sorpresa, è ancora pieno: lo apro e scopro al suo intento un “semplice” Brut Majeur; guardo la retro etichetta e leggo: Cette bouteille a été dégorgée en 06/09. Primo pensiero: “c…o, me la sono bruciata”, poi, ricordando il mantra di Alberto: “lo champagne è il vino che invecchia meglio in assoluto”, la ripongo coricata assieme alle altre. Passano i mesi e la scorsa settimana mi ritrovo a fare una cenetta informale con mio fratello (non vi dico con cosa l’abbiamo bevuta se no vengo radiato a vita dal sito ), la metto al fresco a mezzogiorno e a cena la si apre… Apriti cielo: spettacolo puro!!! Non aveva una punta di ossidazione o di riduzione o di difetto, niente: semplicemente goduria. Era sapida, rocciosa, ma anche agrumata e burrosa, insomma, di quelle bottiglie di champagne a cui non sai resistere. Bella e buona. Insomma: arte champenoise!!!
Tutto questo per dire:
1) bravissimi in Ayala (e smettiamola di dire che è la “seconda linea” di Bollinger);
2) lo champagne deve riposare come un vino rosso, se non di più
3) grazie Vania e Alberto ché non sbagliate mai un colpo
Buone vacanze a tutti!!!
Che dire? Grazie!
Buon Ferragosto