Alla scoperta del Clos du Moulin, il gioiellino di Cattier
Cattier è una maison della quale si parla troppo poco e, forse, si ha perfino un po’ timore a parlarne, probabilmente a causa della loro top cuvée lanciata nel 2006, Armand De Brignac: diventato da subito l’emblema dello champagne di lusso, costosissimo, esibito ai party più esclusivi e nei salotti delle località più famose, ha dato un’immagine patinata della maison, allontanando l’attenzione dei grandi appassionati dalla reale capacità qualitativa e, soprattutto, dal loro ben più ‘prezioso’ champagne Clos de Moulin, di cui andremo a parlare oggi.
La maison è situata nel piccolo e grazioso villaggio di Chigny les Roses, esattamente nel cuore della Champagne tra Reims ed Epernay, con cantine tra le più antiche e profonde della Regione (scendono per oltre 30 metri nel sottosuolo), scavate su tre livelli e caratterizzate da tre stili architettonici diversi: Gotico, Rinascimentale e Romano. Qui si trovano tutte le condizioni ideali per il riposo delle bottiglie sui lieviti, grazie alle temperature basse e costanti.
Come accennato sopra, le origini della maison sono antiche: la famiglia Cattier possiede i vigneti dal 1763 ed elabora e commercializza champagne a proprio nome dal 1918. Gli ettari di vigneto sono ben 30, nella prestigiosa Montagne de Reims, quasi interamente classificati Premier Cru, e la produzione annua si attesta sul milione di bottiglie, il 60% del quale esportato in 70 paesi diversi.
A proposito di vigneti, è nel 1951 che Jean Cattier acquista il prezioso Clos du Moulin, 2,20 ettari di lieu-dit classificato appunto Premier Cru, dal quale nascerà più tardi la cuvée de prestige della maison. A onor del vero, sono pochissimi gli champagne che si possono fregiare dell’appellativo clos, termine utilizzato prevalentemente in Borgogna a indicare un vigneto dalle capacità qualitative altissime, recintato e delimitato da un muro in pietra; qui, sfortunatamente, il muro è stato distrutto durante le due Guerre Mondiali e con lui il mulino dal quale il clos prende il nome; ciò nonostante, l’appellativo è rimasto.
Tra il 1981 e il 1984 Jean Cattier decide di reimpiantare questo vigneto con Pinot Noir e Chardonnay in egual misura, ma è il figlio Jean-Jacques a intuirne le reali potenzialità: lo valorizza in un’etichetta che è la massima espressione di Cattier. Inoltre, anziché millesimarlo come sarebbe stato per certi versi naturale, Jean-Jacques decide di assemblare di volta in volta le tre migliori annate, che troviamo regolarmente indicate in controetichetta. Di Clos du Moulin ne vengono prodotte annualmente non più di 25.000 bottiglie, tutte esclusivamente numerate, e recentemente sono stati rivisti l’habillage e il dosaggio sceso da 10 a 8 g/l.
Ed è proprio incontrando nuovamente questa maison durante uno dei nostri viaggi, che Alberto si ricorda di avere in cantina una vecchia bottiglia di Clos du Moulin; spinto dalla curiosità, decide di portarla e condividerla insieme a me, Marco Dallabona e all’ormai mitico Angelo Capasso del Salumificio Squisito, durante un pranzo alla Stella d’Oro di Soragna, ormai tappa fissa ogni qualvolta decidiamo di perderci in qualche oretta di piacevoli chiacchere e assaggi d’Oltralpe… E, come spesso accade durante le nostre reunions, anche stavolta la sorpresa non è mancata! Proprio con questo ‘vecchio’ Clos du Moulin, rivelatosi elegante, vibrante, ancora freschissimo, trasparente e pieno di energia. Insomma, di una piacevolezza assoluta.
Clos du Moulin
50% Pinot Noir, 50% Chardonnay
(assemblage des millésimes 1996, 1998, 1999; dosage 10 g/l)
Bott. n. 15.530 – Raffinatissimo già al calice, il colore è giallo oro intenso e brillante, luminoso e dalle finissime bollicine che salgono, copiose e incessanti. I profumi sono straordinariamente intensi, purissimi: ampio il ventaglio aromatico, con note di camomilla, fiori gialli, ribes bianco, burro fuso, cera d’api, cenere e cipria; all’innalzarsi della temperatura si liberano pure accenni di agrumi canditi, spunti iodati e note fumé. Il palato è tessuto di una complessità finissima, il sorso è profondo e maturo nella trama, ma elastico, fresco, esile e dallo sviluppo graduale, dotato di trasparenze minerali e sapide che, insieme alle note iodate, tornano in retrolfattiva a ravvivare il tutto, in un crescendo di sensazioni. La bollicina infine, di impeccabile distribuzione e progressione, è delicatissima, carezzevole e raffinata. Uno champagne all’insegna del grande equilibrio, della risolutezza, ma anche dell’estrema eleganza e perfino Alberto non lo ricordava ‘così buono’… Ma quello che sorprende maggiormente è la freschezza che, senza mai alcun cedimento, conserva slancio e vivacità fino al finale, lunghissimo e ancora ricamato da sensazioni minerali.
Voto: 93/100
Va bene per il mulino ma un muretto a secco con pietre dell’epoca volendo si potrebbe ricostruire. Il prestigio sta anche nelle piccole ed inutili cose, considerata l’altissima ed elitaria reputazione.
Bisogna vedere se permesso: in Francia le regole sono nette e non aggirabili…
Come si riconosce la data di sboccatura nelle bottiglie armand de brignac? Grazie
Non si riconosce…