Champagne Lenoble e l’interpretazione di Choully
Le degustazioni della nuova edizione della guida Grandi Champagne, nel caso l’edizione 2016-17 che uscirà tra ottobre e novembre prossimi, ci porta ad assaggiare numerosissimi champagne. Purtroppo, non tutti possono entrare nella pubblicazione, altrimenti rischieremmo un volume-mattone di oltre 600 pagine (!), pertanto, nel caso delle maison con numerose cuvée, siamo costretti a operare una selezione: tra le etichette che non entrano in guida, le meno valide vengono inesorabilmente scartate, le altre hanno modo di valorizzarsi su questo sito. Come il caso del Blanc de blancs Choully di Lenoble, un non millesimato che è solo uno dei numerosi esempi del fortissimo legame di questa piccola maison di qualità con lo Chardonnay. Infatti, pur trovandosi a Damery nella Vallée de la Marne, 15 dei 18 ettari di vigneti di proprietà si trovano a Choully, il villaggio 100% Grand Cru che è un po’ la porta settentrionale della Côte des Blancs. Anzi, l’idea dei proprietari, i fratelli Anne e Antoine Malassagne, nipoti del fondatore, è proprio di racchiudere in bottiglia “l’espressione di un grande terroir come Choully, caratterizzato da Chardonnay grassi e burrosi”.
In guida troverete il Blanc de blancs Choully millesimato 2008, qui, invece, il sans année, come detto. Ovviamente, è prodotto esclusivamente con uve del suddetto villaggio Grand Cru, nel caso quelle della vendemmia 2010 corroborate da ben il 35% di vins de réserve delle annate 2008 e 2009, conservate in botte grande. Un parte dei mosti, poi, esattamente il 22% per quest’annata, è stata fermentata in barrique e la malolattica è svolta soltanto su circa 2/3 dei vini. Seguono tre anni di maturazione sui lieviti e, dopo il dégorgement, un dosaggio di 5 g/l.
Grand Cru Blanc de blancs
100% Chardonnay
Come con altre cuvée non millesimate di questa maison, anche qui si ritrova un intreccio tra la dolcezza zuccherina e i fiori d’arancio, che poi sembra essere la firma olfattiva del produttore, salvo, in questo caso, portar man mano in evidenza l’anima varietale dello Chardonnay, oltre a essere anche burroso e certamente minerale, nonché arricchito da una fine speziatura dolce e spunti di frutta secca. Insomma, un naso di buona complessità, ma soprattutto stuzzicante. La bocca è rotonda, ovvero piuttosto grassa, pertanto solo in parte bilanciata dall’acidità e animata prima dagli agrumi che dalla mineralità, quindi di sviluppo asciutto ma non secco, tendente al sapido in chiusura al fianco dei ritorni agrumati. In conclusione, è uno Chardonnay-champagne che sa mediare molto bene tra la netta territorialità e la rotondità del legno, invero molto ben gestito. Personalmente lo porterei a tavola, divertendomi con un bel pollo alla diavola, magari quello di Cacciani basato sulla storica ricetta del 1922.
Voto: 88/100
Agente per l’Italia: Barbara Rinaldi – barbara.rinaldi5@gmail.com
Piccola curiosità…quale annate preferisce in assoluto del grande dom ruinart?
Guardi, anni fa feci la verticale di tutte le annate prodotte, ma le confesso che devo ricercare gli appunti perché non ricordo… A breve, comunque, ho appuntamento con lo chef de cave per “ripassare” un po’, quindi continui a seguire questo sito.
A ogni modo, il Dom Ruinart è migliorato tanto negli anni ’90, quindi posso dirle certamente 1990, 1996 e 1998.
Lei Sig.Lupetti svolge il più bel mestiere del mondo. Come la invidio!
Spero di conoscerla presto ad una delle sue serate.
Addirittura!
Sarà un piacere: a presto