Tutta la magnificenza del Fût de Chêne 1995 (un po’ meno il 1996…)
Non ho mai nascosto il mio apprezzamento per Henri Giraud e, in maniera particolare, per il suo champagne di punta, il Fût de Chêne. Uno champagne forse non facile, ma ingiustamente troppo poco conosciuto dagli appassionati. Peccato che non sia più prodotto, sostituito dal più facilmente approcciabile MV (MultiVintage) e dal monumentale Argonne…
Il Fût de Chêne non è uno champagne storico, tutt’altro, e la sua vita è stata anche piuttosto breve, ma ha certamente lasciato il segno. Tutto ha inizio nel 1990, quando Claude Giraud fa costruire alcune barrique con legno della Forêt d’Argonne, storicamente usato per le pièce champenoises ma poi dimenticato. Infatti, lo fa con l’idea di vivere un vero e proprio ritorno alle origini perché ritiene che anche il legno dia un’impronta territoriale al vino (“non lavoriamo con la foresta, ma con il terroir della foresta” spiega). Purtroppo, in Champagne questa si è persa con il progressivo e massiccio passaggio all’acciaio per la fermentazione alcolica. Invece, Claude, anche grazie agli insegnamenti del padre, ha sempre guardato con attenzione al legno e alla sua origine (“la combinazione tra vino e legno deve essere stata eccezionale” dice ripensando agli champagne all’epoca fermentati nelle pièce di Argonne), senza dimenticare il fatto che la Forêt d’Argonne è pure la zona di nascita di ‘tale’ Pierre Pérignon ed è sempre qui che Claude ha scoperto la oramai famosa “Quercia Giraud”, alta 35 metri e vecchia ben 350 anni. A ogni modo, in occasione di quella vendemmia eccezionale, Claude selezionò nelle sue 35 parcelle del magico terroir Grand Cru di Aÿ i migliori Pinot Noir e Chardonnay, particolarmente maturi, e li fece fermentare e maturare per 12 mesi nelle suddette barrique, quindi assemblò i vini con un rapporto 70/30 a favore del Pinot e li imbottigliò. Era nato uno degli champagne più affascinanti e complessi, il Fût de Chêne…
Questo champagne, come dicevo, si è esaurito con la vendemmia 2000, ma la Henri Giraud ha giusto realizzato una cassetta commemorativa, da collezione, denominata Enneade, che li contiene tutti: una bottiglia ciascuna di 1990, 1993, 1995, 1996, 1998 e due bottiglie di 1999 e 2000. L’esclusiva cassetta, da 9 bottiglie, è prodotta in tiratura limitatissima e non costa poco (4.990 euro), ma è un vero pezzo di storia della Champagne e dello champagne. L’ho ammirata in occasione della mia recente visita alla maison e, a pensare bene alle annate di questo champagne, mi sono ricordato che la 1995 non l’avevo mai assaggiata. Molto generosamente, Julien Girard, braccio destro di Claude, ha recuperato la bottiglia e mi ha chiesto se, con l’occasione, volessi riassaggiare anche un’altra annata di Fût de Chêne! Ci ho pensato, dubbioso: 1998, forse la migliore della serie, o 1996, di cui ho ricordi assolutamente straordinari a casa di Giacomo Neri? Alla fine, ho propeso per quest’ultima.
Fût de Chêne
70% Pinot Noir, 30% Chardonnay
1996
Singolare colore oro antico che lascia presagire un naso decisamente tendente al maturo, anche se pervaso da una certa vivacità agrumata. Denota, man mano, spunti di tartufo, leggere mielosità e grassezze di nocciola. Molto meglio l’assaggio, vinoso, energico, fresco, anche se l’acidità non appare scalpitante. È bello, vivo, con spunti di cioccolato bianco e ritorni di miele, però…
Però c’è qualcosa che non mi convince, sembra mancare di allungo e privilegiare una certa immanente concentrazione, tanto che sul finale tende quasi a chiudersi su se stesso. Lo ricordavo diverso, più dinamico, più “1996”, pur non mancando di materia, beninteso.
Sarà la bottiglia o lo champagne fuori dalla sua “plenitude”? Propendo per questa seconda ipotesi, ma dovrò verificarlo nuovamente.
Voto: 89/100
1995
Gran bel naso, che strizza giustamente l’occhio a una certa maturità, opulento sul versante del frutto, sfaccettato tra note di spezie dolci, di miele, di frutta secca, anche di tabacco biondo.
Dà, soprattutto, la sensazione di polposità, o meglio, di cremosità, nonché di complessità, di profondità. Bocca ancora tendente al maturo nella materia, bilanciata però da un’acidità importante. Così il vino risulta largo e decisamente persistente, con un finale agrumato molto pulito e rinfrescante.
Un grande ’95, nel senso che sa esprimere complessità e leggerezza allo stesso tempo, pertanto è equilibratissimo. Ma è anche sia uno champagne molto piacevole, sia uno affascinante nei suoi contrasti. Ed è perfetto così, da solo. Notevole.
Voto: 96/100
L’eccellenza del 1995 è riuscita a mitigare solo in parte la delusione del 1996, ma è sempre così: quando ti aspetti tanto, troppo, e hai pure ricordi eccezionali, la disillusione è dietro l’angolo. Certo, come ammesso dallo stesso Julien, la bottiglia non era delle migliori (invece quella a casa di Giacomo era da standing ovation), ma penso che pure l’eccesso di aspettative abbia in parte pesato. Avrei dovuto approcciarmi più da critico e meno da appassionato, ma sono… umano. Non mancherà occasione di riprovarci, come ho detto, perché so che il Fût de Chêne 1996 è uno dei migliori della serie.
Ercole Brovelli – tel. 02/58100675 – www.ercolebrovelli.it
Fermo restando che, ogni tanto, una bottiglia sotto tono possa capitare anche ai migliori… Grande bottiglia, ho avuto la fortuna di degustare una magnum del 1998 (sull’annata pero’ ho un dubbio, mi riservo di verificare il “purtroppo vuoto” che ho sullo scaffale…) e il netto ricordo di un naso complesso e maturo sulle sfumature (quasi di dattero) mi entusiasmano ancora a distanza di qualche tempo…
Certo, ci mancherebbe! È il “bello” del vino…
Poi, secondo Claude Giraud il 1998 è il “miglior” FdC prodotto, quindi la invidio per aver degustato questo champagne d’eccezione, di questa grande annata, addirittura in magnum: wow!