A tu per tu con il mito: Richard Juhlin
Era un po’ di tempo, troppo, che non pubblicavo la rubrica Il Personaggio, così, per ridare smalto a questi focus a mio avviso estremamente interessanti, ho pensato di intervistare quello che è forse il più grande conoscitore al mondo di champagne: Richard Juhlin. Svedese, è salito alla ribalta soprattutto per il libro “4000 Champagnes”, dove il titolo indicava gli champagne assaggiati, la maggior parte di vecchie annate, spesso storiche.
Ho avuto modo di incontrare spesso Richard a diversi eventi in Champagne di respiro internazionale (la prima volta, lo ricordo benissimo, fu il lancio del Moët Grand Vintage 2000, con un’incredibile degustazione di vecchie annate risalenti fino al 1900!) e sono sempre rimasto stupito dalla sua incredibile capacità di indovinare l’annata. L’episodio più clamoroso fu da Krug, in occasione del lancio del Clos d’Ambonnay 1996: Richard arriva a metà cena e, appena entrato, Olivier Krug gli dà un bicchiere chiedendogli quale champagne sia. Beh, Richard lo annusa, lo assaggia, ci pensa un attimo e poi esclama: “Krug 1976!”. Ebbene, era proprio un Krug Collection 1976… Ma è solo l’esempio più clamoroso.
Successivamente, Richard ha pubblicato una guida (Champagne Guide), ha fondato lo “Richard Juhlin Champagne Club”, ha aperto una serie di Champagne Bar in Svezia, ha aggiornato il suo libro, che è diventato “A scent of champagne, 8000 champagnes”. Vedrò ancora Richard dal 17 al 19 giugno prossimi in occasione di un eccezionale evento Veuve Clicquot nel Mare del Nord, ma, nel frattempo, ho avuto modo di intervistarlo…
Alberto – Richard, cosa significa per te la parola Champagne?
Richard – Per me, la parola champagne significa un mix tra lusso e celebrazioni di momenti importanti, così come per tutti, però è anche qualcosa di nobile ed estremamente importante. Ma la cosa più importante è che questa parola identifica uno dei più grandi vini al mondo.
Alberto – Sei d’accordo quando dico che lo champagne è il vino più versatile e longevo al mondo?
Richard – Assolutamente sì!
Alberto – Perché lo champagne è così speciale?
Richard – Quando si parla dei migliori vini, rossi, bianchi o dolci che siano, i nomi delle migliori Denominazioni saranno diverse, pertanto la lotta si fa serrata, difficile. Lo champagne, invece, è unico, dal momento che è il solo vino con le bollicine al mondo di questo tipo. Insomma, fa categoria a sé. E il motivo di tutto questo è l’unica e irripetibile combinazione di terroir e condizioni climatiche.
Alberto – Sì, lo so che è impossibile dire quale sia il miglior champagne, pertanto ti chiedo non uno solo, ma i tuoi champagne “migliori”, tre bianchi e tre rosé. E perché questi…
Richard – Invece posso dirti qual è il miglior champagne mai assaggiato: Pol Roger 1928 Grauves. Che, però, è impossibile da descrivere con le parole, visto che è semplicemente commovente, estasiante.
In linea di massima, comunque, posso dire che il Krug Clos di Mesnil risulta sempre vincitore: praticamente ogni annata sia dalla sua creazione nel 1979 si è collocata nelle prime tre posizioni. Perché è così speciale? Per via di una combinazione unica e imbattibile tra un terroir con l’impronta stilistica di Salon e la tipica profondità di Krug. Invece, il più romantico e aristocratico di tutti è quel capolavoro del Cristal Rosé. Purtroppo, l’immagine del Cristal risente un po’ del legame con il mondo hip-hop e dei party lussuosi, ma rimane sempre uno degli champagne più eleganti e il rosé è addirittura concentrato e coinvolgente. Invece, per una cena che definirei “regale”sceglierei il potente Vieilles Vignes Françaises di Bollinger e un Dom Pérignon Œnotheque degli anni ’60. Non vedo miglior accostamento con una cucina moderna e raffinata.
Alberto – Bene Richard, ipotizziamo tu sia su un’isola deserta e tu posso portare con te un solo champagne…
Richard – Taittinger Comtes de Champagne 1976.
Alberto – Gli appassionati italiani sono letteralmente pazzi per l’annata 1996 quando, in realtà, in Champagne ricordano che le grandi annate sono state la 1990 e la 1988, almeno dagli anni ’70 a oggi. Tu cosa ne pensi?
Richard – A mio avviso alcuni champagne targati 1996 sono sbilanciati, mentre molti 1988 oggi si bevono con maggiore soddisfazione. Però, in linea generale e in prospettiva, sono… d’accordo con gli italiani! Volendo dare una scala di valori, giudicherei le tre annate così:
1) 1996 – 99/100
2) 1988 – 98/100
3) 1990 – 97/100.
Alberto – Gli champagne degli anni ’70, ’80 e ’90 (per non parlare dei più vecchi…) sono stati veramente grandi. Però, i vigneti e le rese erano diversi, così come le tecniche di cantina e… il clima. Per questi motivi vorrei chiederti: potranno gli champagne degli anni 2000 essere parimenti grandi? O saranno, più semplicemente, diversi?
Richard – No, non saranno mai grandi come quelli degli anni ’60, né saranno mai così concentrati come, ad esempio, il 1921, però avranno comunque una lunga vita davanti a loro e alcuni saranno perfino fantastici.
Alberto – Tu hai avuto modo di assaggiare il rarissimo Krug Blanc de blancs 1966, che non è l’antenato del Clos du Mesnil (i Krug ancora non avevano acquistato il vigneto): cosa puoi dirci in proposito?
Richard – Hai ragione, non è uno champagne simile, ma comunque perfettamente espressivo dello stile Krug. Però penso che quei fortunati che possiedono un Clos du Mesnil del 1979 e lo lasciano invecchiare poi assaggeranno qualcosa di molto simile al Blanc de blancs 1966.
Alberto – Personalmente sono convinto che gli champagne delle grande maison sono sempre migliori delle top cuvée dei piccoli RM, sei d’accordo?
Richard – Con l’eccezione di Selosse, in linea di massima sono d’accordo con te. Ma devo anche confessare che spesso i brut sans année dei migliori RM e a volte anche i millesimati sono superiori ai corrispettivi della grandi maison. E poi il rapporto qualità/prezzo di questi “migliori” RM è eccezionale.
Alberto – Tu hai aperto due Champagne Bar in Svezia, puoi spiegarci bene di cosa si tratta?
Richard – Stiamo pianificando una serie di “Richard Juhlin Champagne Bar” in giro per il mondo secondo la formula del franchising. Naturalmente si caratterizzano per una serie di dettagli, ma gli aspetti più importanti sono: locali belli e accoglienti, con 20-30 diversi champagne al bicchiere. Non saranno mai legati o sponsorizzati a un marchio, ma saranno sempre benvenuti tutti i produttori in nome della diversità, ci saranno sempre i miei bicchieri Italesse, un sommelier dello champagne con un’enorme esperienza di servizio e niente altro se non champagne da gustare, acqua naturalmente, degustazioni, lezioni legate allo Champagneclub.
Alberto – Alla fine te lo devo chiedere, anche se non di certo con l’idea di fare un confronto con lo champagne: cosa pensi delle bollicine italiane? C’è un’etichetta che ti piace particolarmente?
Richard – Più assaggio e più divento esigente e da quando bevo così spesso grandissimi champagne, beh non sceglierei mai uno “spumante”. Però, in generale, ritengo che la Franciacorta sia tra le migliori 3-4 regioni per la produzione di bollicine oltre la Champagne. L’etichetta che preferisco è l’Annamaria Clementi, ma bevo sempre più spesso con piacere altri vini italiani come La Spinetta, Ornellaia, Masseto e Sandrone e lo faccio con immenso piacere. Ho passato le ultime due estati al Grand Hotel Timeo di Taormina e se è vero che ho portato con me i miei champagne preferiti, beh è anche vero che a cena ho sempre bevuto rossi italiani.