Veuve Clicquot Cave Privée Rosé 1978: champagne da amatori
Mi chiama l’amico e grande appassionato Guido Molinari: lui e Federico Angelini stanno per stappare due grandi rosé e vorrebbero mi unissi a loro. Beh, a un invito del genere non si può proprio dire di no, allora ecco prima deliziarci con una sontuosa Belle Èpoque Rosé 2002 accompagnata da un grandioso Culatello di Zibello del Salumificio Squisito, quindi siamo pronti per la star della serata (senza nulla togliere alla Perrier Jouët, ovviamente…), una bottiglia di Veuve Clicquot Cave Privée Rosé 1978.
Della Cave Privée ho già avuto modo di parlare diffusamente, quindi qui non mi resta altro da aggiungere se non che si tratta di una linea di champagne perfetta per assaporare, capire, ammirare le capacità di invecchiamento di un grande champagne, complice anche il prezzo straordinariamente competitivo. Di questa annata, nel 2008 ne furono degorgiate, insieme alle altre della serie, 2.296 bottiglie, tutte dosate a 4 g/l. Si tratta, pertanto, di uno champagne che ha passato la bellezza di 29 anni sui lieviti e poi ha avuto modo di riposare altri quattro anni e più insieme alla sua liqueur d’éxpedition. Lo ricordo molto, molto buono, ma ora? Vediamo…
Cave Privée 1978 Rosé
63% Pinot Noir, di cui il 15% in rosso, 33% Chardonnay, 4% Pinot Meunier
Il colore intenso e carico nel bicchiere, quasi tenente al Cerasuolo, accompagna un naso veramente splendido! La prima impressione è di uno champagne maturo, da appassionati, ma anche di vitalità dello stesso vino. È molto complesso, prima su tostature, legni orientali e tanta mineralità da pietra focaia e poi, man mano, su dolcezze da piccoli frutti rossi, erbe aromatiche, rabarbaro e finanche una nota rinfrescante di foglia di pomodoro.
Veramente un grande rosé. Anche la bocca denota complessità, ricchezza, con un’articolazione da rosso di Borgogna e pure l’eleganza di questo. Il palato, infatti, è tutt’altro che immanente, anzi ampio e levigato, molto coerente con l’olfatto, ma con in più la mineralità e un filo di tannino che dona pulizia e asciuttezza. A dirla tutta si vorrebbe maggiore profondità, ma la persistenza di questo grand vin è tale che dopo non si riesce a bere altro. Grande rosé da intenditori.
Voto: 93/100
Rivedendo gli appunti presi durante la presentazione in anteprima presso la maison a suo tempo devo dire di aver trovato stavolta uno champagne molto più avanti, oserei dire da bere ora senza attendere ancora troppo tempo. Si è fatto più pieno, potente, sofisticato, addirittura un po’ più vino e un po’ meno champagne, da cui il punteggio, certamente molto alto (ricordo che dopo i 90/100 i punti pesano molto e si parla di bottiglie d’eccellenza, almeno per quanto riguarda il mio, il nostro metro di giudizio), ma forse per i più non abbastanza alto come l’etichetta poteva far presumere. Insomma, è un rosé impegnativo, pertanto da grandi appassionati, anzi da amatori del genere…
Moët Hennessy Italia – tel. 02/6714111 – www.moethennessy.it
Le chiedo cortesemente se le è capitato di provare il b.deb. Les Roises di U.Collin, vendemmia 2009.
Deluso dal blanc de noir, rinfrancato dal suo invito a provare assolutamente il b.de b. nella risposta ad una mia, nonchè dai 93/100 attribuiti in guida però alla vendemmia 2008, a natale ho acquistato una bottiglia, che ho aperto l’altra sera.
Per farla breve: durante tutta la degustazione di 2/3 bicchieri, mi sono chiesto come si facesse a prendere sul serio un vino simile, versione frizzante – al naso e in bocca – di un semplice marsala…..(attenzione: colore oro chiaro e vivissima bollicina, quindi vino integro)
Ero scoraggiato, non sono un “grande” intenditore, ma da questo a non capire se un vino è buono o mediocre ce ne corre.
L’ho detto all’enotecario che mi ha fornito la bottiglia, che mi ha confermato di averlo bevuto l’anno scorso e di averlo trovato assolutamente eccellente (meritati i 93/100), ma…. e qui viene il bello, altri 2 appassionati che l’avevano acquistato intorno a natale, gli avevano comunicato il medesimo esito/delusione per questo vino che si attesta intorno ai 70 euro…..
La cosa sarebbe stata segnalata al distributore ecc. ecc.
Insomma, mal comune mezzo gaudio, mi sono consolato stasera con un veramente eccellente!! Grande millesime 2004 di Gosset.
Buongiorno,
no, il 2009 non l’ho ancora provato. L’annata non è stata straordinaria come la 2008, certo, ma è comunque stata buona, per alcuni anche ottima. Quindi, l’enorme differenza tra i due non può essere per via delle differenti annate. Se fosse stata solo la sua bottiglia a essere così avrei dato la colpa al suo esemplare (una bottiglia sfortunata capita), ma mi parla di altre due persone con un’esperienza simile. Possibile che Olivier abbia interpretato il vino in maniera così marcatamente ossidativa? Non lo so, devo procurarmi la bottiglia e assaggiarla, quindi ci dobbiamo per forza di cose riaggiornare.
Non voglio pensare, infatti, che un produttore tanto bravo incorra in quell’incostanza di certi RM, osannati da certi appassionati che definisco “talebani”, che hanno un’incostanza tale da avere in un cartone da 6 bottiglie una eccellente, due buone e tre da buttare via…
Del Gosset 2004, infine, sappiamo che è un grande champagne che non manca mai l’appuntamento.
A presto
Buongiorno, brevemente per comunicarle l’epilogo dell’avventura delle tre bt. di Les Roises di cui sopra.
Il distributore s’è fatto vivo e ha detto all’enotecario che non si è trattato di bt. difettose , ma che la nota ossidativa è il tratto distintivo proprio di questo vino; per dimostrare la sua buona fede le ha sostituite con tre bt. di Les Pierrières (tra l’altro era quest’ultimo che l’enotecerio aveva trovato eccellente).
Ora, non so se nel frattempo lei ha avuto occasione di riassaggiare la selezione Les Roises – sarei disposto a pagarle la bt. – , so solo che la bt. che ho bevuto io come altri appassionati non c’entrava nulla con uno champagne da 93/100.
Di più: proprio stasera, cercando questi post, mi sono imbattuto in una lamentela rivoltale da un altro appassionato a proposito di questo vino…….”chiudeva con un finale amarognolo degno di un franciacorta da 20 euro”, concludendo che con tutti gli champagne eccellenti che ci sono, anche a minor prezzo ecc…ecc…
Non posso che condividere, mi resta però la delusione per una mancata nuova esperienza.
Temo a questo punto che anche Collin sia tra quelli che lei citava: 1 eccellente 2 buone e 3 da buttare……………….
Gentile Marco,
no, non ho avuto modo di riassaggiarla ma, a questo punto, la cosa si fa urgente. Mi metto in moto e spero di darle una risposta in tempi brevi.
Per curiosità, ma tra gli RM le è mai capitato di assaggiare De Sousa?
Ci conto…
No, De Sousa non l’ho mai bevuto, come molti altri eccellenti champagne, purtroppo.
Da molti anni per i vini, sono un pò legato a un’enoteca in particolare, che pratica dei ricarichi imbattibili sulla piazza di Milano.
Tra l’altro il proprietario è proprio appassionato di champagne, ne tiene un congruo assortimento, ma evidentemente non può oltre un certo mumero e poi mi dice che quello o quell’altro non si vendono, ecc…ecc…
Ma De Sousa, di cui ho letto un gran bene su queste pagine, insisterò per farglielo prendere, almeno il vino d’ingresso.
En passant, le dico che anche l’Inizial di Selosse è stata una bottiglia sciagurata, tappata quel tanto da stravolgere l’equilibrio di un tipo di vino che già di partenza so di non amare alla follia…..
Che jella!!
L’avevo comprato proprio insieme a Collin, dietro suo consiglio, per aprire i miei limitati orizzonti di appassionato, pur sapendo appunto che l’assaggio di entrambe sarebbe stato impegnativo, ma almeno perdio che le bt. fossero state perfette!!
Chiudo lo sfogo, buttandola là: l’altra sera ho finito un EBB 2008 Mosnel e sono passato direttamente a un 736 Jacquesson appena stappato: traumatizzante, avrei sfidato chiunque a non avvertire la differenza di complessità e la ricchezza al naso e in bocca, a favore dello spumante.
La sera dopo, con 24 ore sulle spalle, lo champagne ha recuperato la sua classe, ma resta il fatto che, dopo 5 bt. provate, il 736 avrebbe bisogno di almeno un anno di sosta in bt. per essere meglio apprezzato.
Ho sempre pensato e sostenuto che lo champagne ha molte più affinità col vino rosso fermo che col bianco, a cominciare dalla necessità di abbondante ossigenazione prima del consumo.
Grazie della pazienza.
Gentile Marco,
vedo con piacere che la sua passione è veramente grande e sta veramente divertendosi con il bellissimo mondo dello champagne!
La Cuvée 736 di Jacquesson è un grandissimo vino, il “vino della svolta” se ha letto l’articolo qui sul sito. Ma avrà letto anche che è un vino che ha bisogno non di un anno, ma di qualcosa in più per esprimere appieno tutto il suo valore. A mano di non avere già un palato abbastanza allenato da capire subito il valore della bottiglia, anche se molto giovane. Incredibile, però, che, almeno a suo modo di vedere, nell’immediato il Franciacorta, per quanto molto buono, per carità, “batta” lo champagne… A ogni modo, credo che già dopo una decina di minuti in bicchiere appropriato il Jacquesson inizi a venir fuori alla grande.
Capitolo Selosse: mi dispiace, il famigerato tappo può capitare… Non lo ama? Selosse, ancora più di krug, non conosce mezze misure: o lo si ama, o lo si odia. E lei, forse, fa parte della seconda categoria. Ma ci può stare, eh!
De Sousa. In linea di massima, sono più un “misoneista” (e lo sono convintamente), ma riconosco l’eccellenza di alcuni RM. Il suddetto Erick De Sousa, ma anche Laurent Champs di Vilmart, entrambi autentici artisti. Provi De Sousa (più la linea De Sousa che la Zoemie De Sousa, più semplice), tutti, dal Tradition al classico Blanc de blancs, fino agli eccellenti Caudalies, troverà champagne d’eccellenza. Non costano pochissimo, però… Tra l’altro, li importa Sarzi Amadè di Milano.
Mi faccia sapere…