Lo champagne e Marco Reitano, il simpatico signore del vino
A tu per tu, ovviamente a parlare di champagne, con Marco Reitano, “chef sommelier” del ristorante tristellato La Pergola dell’Hotel Rome Cavalieri di Roma, dove lavora dal 1994. Chevalier de l’Ordre des Coteaux de Champagne, Marco è stato insignito del prestigioso Grand Award di Wine Spectator per l’enciclopedica carta dei vini. Nel 2001 ha poi ottenuto l’Oscar come miglior sommelier italiano e nel 2011 il premio come miglior sommelier della guida Identità Golose. Marco ha praticamente dedicato tutta la sua vita a questa professione e le varie esperienze internazionali lo hanno messo a contatto con le più disparate realtà del settore, tanto che ha assaggiato più di 70.000 vini. Ciò nonostante, è convinto che siano pochi (!) e per questo ama ripetere che “c’è sempre un vino nuovo, c’è sempre qualcuno che conosce più di noi, ogni giorno è una sfida e io l’accetto”.
Personalmente, trovo Marco una persona di eccezionale competenza che, però, questa competenza non la ostenta mai, anzi tutt’altro. È una persona molto intelligente, per questo ammiro il suo saper ascoltare più che parlare a ogni costo, ma soprattutto ritengo sia unico in quanto sa abbinare una simpatia travolgente a una professionalità d’altissimo livello. Degustare con lui, pertanto, è non solo un’esperienza formativa, ma anche un momento divertente.
Vediamo, allora, cosa ci dice…
Alberto – Marco, cosa significa per te la parola champagne?
Marco – Storia, momenti, sensazioni. Lo champagne è assoluto protagonista del mio lavoro quotidiano, essendo il vino più consumato al ristorante, ma… questo è scontato. Preferisco soffermarmi invece sul ruolo che ha avuto nella mia vita, sia professionale che privata. A tal proposito, ricordo con esattezza ogni champagne presente nei momenti più significativi della mia crescita: focalizzo le etichette di questi come si potrebbe focalizzare un personaggio presente in quella specifica occasione. Lo champagne ha accompagnato per me il buon fine di contrattazioni professionali, la gioia di molte celebrazioni, la conquista della mia amata.
Alberto – Sarei tentato di chiederteli, questi champagne, ma trattandosi di momenti privati passo oltre. Però, se ti dicessi che per me è il vino più longevo e versatile al mondo, allora, cosa mi risponderesti?
Marco – Sul lato della versatilità dello champagne, beh, nessuno ha dubbi in proposito, sia a tavola che in occasioni conviviali. Per quanto riguarda la longevità, di certo non tutti hanno sperimentato vecchi millesimi, questo perché il consumatore è culturalmente più guidato verso i vini fermi e rossi. Il mercato, però, cambia e, seguendo la scia dei sostenitori della grande longevità dello champagne (Dom Pérignon su tutti), molte maison allungano con frequenza crescente i tempi di uscita sul mercato di alcune loro etichette e ne conservano sempre più come riserva, a dimostrazione del proprio potenziale di invecchiamento.
Certo la barriera culturale va abbattuta: è necessario che il consumatore acquisisca coscienza su quelle che sono le peculiarità di uno champagne d’annata, prendendo così per “buone” e “tipiche” alcune caratteristiche quali carbonica leggera o a volte non presente, colore che imbrunisce, gusto speziato ecc, ecc. Nella categoria degli champagne invecchiati ci sono per me vini che ritengo “eccezionali”. Invito a bere un Bollinger Extra Dry del 1943, qualora si necessitasse di ulteriori conferme…
Alberto – Accidenti, ad averne di champagne così! Ma torniamo a te e allo champagne: raccontami un tuo aneddoto particolare legato allo champagne…
Marco – Sono un amante del mare e degli sport acquatici. Qualche anno fa (10 circa) ero con degli amici in vacanza a Biarritz, sulla costa atlantica francese. Dopo una giornata indimenticabile passata a fare surf su bellissime onde ci siamo recati a fare la spesa per la cena presso un grande supermercato, in costume e con la stanchezza di una giornata particolarmente intensa. Ciò nonostante, ho subito notato su uno scaffale del negozio 3 bottiglie di Champagne Salon 1990… Beh, non ho voluto farmele sfuggire, anche perché all’epoca in Italia sarebbe stato difficile trovarle. Alla cassa, però, la dipendente del supermercato, vedendomi in uno stato piuttosto “consumato”, ha pensato che l’importo del conto mal si abbinava alla mia barba incolta e alla sabbia ancora appiccicata al mio costume… Bene, ho dovuto attendere il controllo dei miei documenti da parte del direttore della struttura prima che si decidessero ad accettare la mia la carta di credito!
Alberto – Un bel colpo! Ma iniziamo con qualche consiglio per chi ci segue: ipotizza un menu di 4 portate con i piatti di Heinz e abbina uno champagne a ciascuno di questi.
Marco – Carpaccio di ricciola con fagioli cannellini e tartufo bianco d’Alba al fianco di Pol Roger Cuvée Sir Winston Churchill 1999.
Poi, Fagotteli “La Pergola” e Ruinart Dom Ruinart 1996.
Quindi vedrei uno splendido Jacquesson Grand Vin Signature 1990 accompagnare il Merluzzo nero con salsa di sedano e crosta al curry…
E, per concludere, Sfera ghiacciata di melograno su crema alla gianduia e cannelloni ai pinoli salati con Fleury Rosé de Saignée.
Alberto – Bene, questo era per sognare, ora mettiamo i piedi per terra e vediamo abbinamenti più umani legati al territorio romano. Iniziamo con crostino con le alici e fiori di zucca fritti…
Marco – Non è di sicuro l’abbinamento più facile a causa della sapidità che queste preparazioni si portano dietro. Il nostro champagne, pertanto, deve essere di corpo, grasso, più carnoso che sapido. Allora, Corbon Brut d’Autrefois per entrambe le preparazioni.
Alberto – Passiamo ai primi: tonnarelli cacio e pepe e l’immancabile carbonara…
Marco – Sui tonnarelli “sgrassiamo” con un buon Chardonnay poco dosato come il Bruno Paillard Blanc de Blancs Rèserve Privèe Grand Cru. La carbonara, invece, l’accompagnamo ai toni fragranti dello champagne Andrè Beaufort Polisy Brut 2004.
Alberto – Finiamo con due secondi, i saltimbocca alla romana e l’abbacchio alla scottadito.
Marco – Ancora un piatto saporito e sapido, pertanto i saltimbocca necessitano di uno champagne grasso e minerale: Jacques Selosse Brut Initiale. L’abbacchio alla scottadito, invece, si abbina al Dom Pérignon, anzi, lo scriverei sui libri di cucina. Magari il vintage 1996…
Alberto – Per buona pace di chi non vede bene lo champagne a tavola… Ora, però, ti faccio sbottonare un po’ di più: dimmi i tre champagne del cuore di Marco Reitano e perché.
Marco – Allora, innanzitutto Dom Pérignon 1955, raro, emozionante. Un’annata che non si annovera tra quelle più famigerate, ma che colpisce per forma e complessità, finezza e beva.
Poi Krug Private Cuvée 1964, indimenticabile, immortale. Vino di complessità assoluta, potente, intenso, si distingue per la carbonica finissima ma ancora ben delineata. Bellissimo anche da vedere…
Ultimo ma non ultimo, il Taittinger Comtes de Champagne 2002. Veramente buono: complessità, finezza, equilibrio, da berne a litri. Conferma le doti di questa annata miracolata: mentre in Italia pioveva in piena estate, nella champagne avanzavano i presupposti di quella che sarà annoverata tra le vendemmie più importanti di sempre.
Alberto – In effetti, tolti i due “mostri”, l’ultima annata di Comtes ha cristallizzato definitivamente, a mio avviso, quello che è uno champagne eccezionale, ma poco “gettonato”. Pace, vuol dire che ne resterà di più per noi… Scherzi a parte, ora svelami qualche bottiglia particolare che celi nella cantina di La Pergola…
Marco – Veuve Clicquot La Grande Dame 1962, che è la prima annata prodotta di questa cuvée de prestige; poi uno champagne poco noto come l’Henriot Brut Vintage 1959 Magnum, degorgato appositamente per La Pergola nel 1999 e, per concludere, ancora il Taittinger Comtes de Champagne, ma il Rosé 1966, che anche in questo caso è la prima annata prodotta.
Alberto – Ma queste super bottiglie sono fuori carta o no? In tal caso, se un ospite poco avvezzo ai grandi vini ti chiedesse una di queste, gliela stapperesti senza battere ciglio? O lo consiglieresti diversamente, tenendo la bottiglia per altri ospiti in grado di capirla appieno?
Marco – Sono in carta, anche se le scorte iniziano a scarseggiare. Chi ordina bottiglie di questa tipologia lo fa sempre con passione e ha esperienza in merito. Se, però, qualcuno, mal orientato, dovesse cadere nella scelta di questa categoria di vini, è di certo mio dovere ravvisarlo sulle caratteristiche della tipologia, onde evitare che il vino non venga apprezzato. Certo, dispiace sempre un po’ perdere questi gioielli dalle propria collezione…
Alberto – Bene, abbandoniamo idealmente il tuo “regno” de La Pergola e facciamo un discorso più generale. Innanzitutto, secondo te, quali sono i motivi della crescita e del successo delle bollicine tutte, ora più che mai?
Marco – Senza ombra di dubbio la cultura crescente nei confronti della tipologia. Questo ha fatto sì che ne venisse sempre più apprezzata la versatilità negli abbinamenti a tavola. Ci sono poi fattori come il grado alcolico contenuto e, ovviamente e sempre, l’aspetto cerimoniale…
Alberto – In questo quadro, anche per te lo champagne rimane il riferimento, ovvero il modello ideale, visto che paragoni con altri vini simili di altre denominazione sono, a mio avviso, fuori luogo?
Marco – La Champagne è in assoluto il riferimento assoluto per la tipologia dei vini spumanti: lo è per me e dovrebbe esserlo per tutti i consumatori di bollicine. La Champagne, infatti, ha insegnato il metodo, ha diversificato la produzione, ha distinto le tipologie: fattori questi da “esempio” per tutti i produttori sparsi nel mondo che hanno intrapreso la produzione di vini spumanti. Però, non trovo fuori luogo i paragoni tra gli champagne e vini della stessa tipologia provenienti da territori diversi, che sempre più consolidano la propria vocazione e dove i produttori si sono dimostrati molto capaci. La Champagne insegna e gli alunni crescono: ne è un esempio la nostra Franciacorta.
Alberto – Se me lo permetti, non sono d’accordo sulla faccenda del paragone… Magari approfondiremo in un’altra occasione, ora, invece, approfitto della tua competenza e chiedo la tua opinione su un argomento sul quale mi batto da tempo e che, recentemente, è stato oggetto di commenti proprio sul sito: i punteggi. La maggior parte dei critici usa scale relative, quindi una per un tipo di vino, una per un altro e così via. Per me, invece, la scala dei valori deve essere assoluta, perché la qualità è tale e non relativa. Quindi 90/100 deve essere 90/100 sempre e non cambiare di “importanza”, quindi di valore, a seconda della denominazione. Altrimenti si rischia di mettere sullo stesso piano bottiglie che, invece, lo stesso valore non lo hanno proprio…
Marco – Condivido le tue osservazioni. A mio avviso il punteggio è frutto esclusivo dell’esperienza del degustatore e la qualità ne è il fattore cardine. Esiste, quindi, un’unica scala di valutazione. Solo l’esperienza professionale può far apprezzare appieno la qualità di un vino, sia esso tradizionale o moderno, tipico o innovativo, eccetera, eccetera.
Alberto – Ti ringrazio della bella chiacchierata, Marco, ma posso chiudere strappandoti la promessa che parteciperai al massimo numero possibile di degustazioni della prossima edizione della guida Grandi Champagne 2014…
Marco – Ne sarei onorato. Ma il ristorante mi porta via molto tempo e devo essere cauto con le promesse!
Alberto – Aspetta, Marco, con cosa brindiamo?
Marco – Dom Pérignon Rosé 1990. Jerobam magari….
salve possiedo una bottiglia di dom perignon oenotheque vintage 1966 con certificato di garanzia piu astuccio in mogano anno di degorgement 2004 la vendo a chi interessa mi puo contatare salve e auguri di buona pasqua
buonasera volevo sapere il valore di una bottiglia di vino champagne private cuvee KRUG & C? REIMS DEL 1964.GRAZIE
Buongiorno,
premesso sempre che si considera valido un ottimale stato di conservazione, in tal caso una bottiglia di Krug Vintage 1964 (all’epoca Private Cuvée Vintage) si colloca a non meno di 800 euro.