Champagne 1996: degustazione seconda parte
Seconda parte
Continua la grande degustazione orizzontale dedicata agli champagne della vendemmia 1996. Dallo Chardonnay in purezza, o quasi, ci spostiamo verso assemblaggio che coinvolgono il Pinot Noir in maniera praticamente paritetica…
Champagne 1996
II parte, tra Chardonnay e Pinot
Perrier-Jouët – Belle Èpoque
50% Chardonnay, 45% Pinot Noir, 5% Pinot Meunier
Assaggio sofferto per questo champagne: dopo ben due bottiglie bouchonnée, lo chef de cave ne manda una appositamente selezionata e priva di habillage. L’ho lasciata riposare due mesi in cantina, quindi l’assaggio si è svolto in solitaria, fuori dal contesto delle tre puntate.
A ogni modo, lo champagne si è proposto all’olfatto nella tipica eleganza a incorniciare una buona complessità, ma anche una sorprendente maturità, piuttosto evidente. Per carità, la materia è rotonda e levigata, anche fruttata, ma le tipiche mineralità, tostature e freschezza sono velate da questa netta maturità.
Ben diverso il discorso all’assaggio, con lo champagne stavolta a rivelare il suo vero valore. La nota matura è appena accennata, a favore della tipica acidità che dona freschezza senza farsi mai né dura, né scomposta. Pertanto, è fine ed elegante, con una bella chiusura sui toni agrumati e minerali.
Voto: 93/100
Dom Pérignon – Vintage
50% Chardonnay, 50% Pinot Noir
Anche nel bicchiere nero lo riconosceresti subito: è “lui”, il Dom Pérignon. C’è, infatti, la firma di note erbacee e mineralità focaia, ma ci sono anche tostature, finissime dolcezze di frutto. Tutto fitto, quasi impenetrabile, ovvero ricchissimo. Ciò nonostante, rimane l’impressione che sia un vino inespresso (non inespressivo, beninteso!) perché ha ancora una vita lunghissima davanti.
L’assaggio colpisce per l’eleganza e la freschezza: è innanzitutto grasso e salmastro, soprattutto nobile e succoso, perfettamente simmetrico con il naso, con una tenuta eccezionale, senza la minima ombra di maturità. È soprattutto un “vino”, un vino di grande struttura, valorizzato da uno slancio acido portentoso che porta in trionfo a una chiusura sapido-minerale che riempie la bocca e vi rimane con una tale tenacia che sembra non voler mollare mai. Da un lato è uno champagne da intenditori, ovvero poco facile, ma dall’altro sa essere anche piacevole per i più. Merita, anzi pretende la tavola. Domani, quando gli altri ’96 avranno finito la benzina, lui sarà ancora lì, in piena corsa.
Voto: 99/100
Krug – Vintage
Pinot Noir, Chardonnay, Pinot Meunier
La prima impressione olfattiva è non tanto la freschezza, quanto la straordinaria pulizia olfattiva. Ed è innegabilmente “lui”, Krug! Un fil rouge minerale, tipicamente champenoise, quindi estremamente territoriale, unisce insieme agrume scuro, note di burro, legni pregiati, balsamicità, torrefazione.
È complesso, ma non immediatamente facile, pur innegabilmente attraente.
Bocca spessa, concentrata, più di energia che di materia, elegante, fine, calda nell’abbraccio, perfettamente progressiva nello snocciolare, accompagnata da un’acidità che fa letteralmente salivare, ritorni di burro e spezie dolci, oltre all’agrume scuro in chiusura. Sarebbe la perfezione se non fosse, almeno oggi, un po’ chiuso sull’acidità.
Potremmo sintetizzarlo in questo modo: è uno champagne di potenza, grassezza e acidità “bruciante”.
Voto: 98,5/100
Louis Roederer – Cristal
55% Pinot Noir, 45% Chardonnay
Approccio olfattivo di straordinaria freschezza, mascherata solo in parte da una sinuosa cremosità, o meglio una grassezza di nocciola accompagnata da un bell’agrume, una base minerale e sfumature tostate.
Tutto in un insieme di autorevole eleganza. La bocca ripropone la gustosa contrapposizione tra grassezza e tensione agrumata, in un equilibrio virtualmente perfetto, complice anche l’acidità ben fusa con la materia che porta a una composta chiusura sapido/minerale e nuovamente agrumata.
È uno champagne elegantissimo e non meno ricco, certamente piacevole, praticamente perfetto. Forse troppo, tanto che si vorrebbe un filo di disequilibrio, ovvero di dinamismo, che lo avrebbe reso coinvolgente, oltre che “solo” piacevolissimo. In conclusione, un vino molto tecnico che alla cieca sarebbe difficile dire sia un 1996…
Voto: 95/100
Jacquesson 1996
57% Pinot Noir, 43% Chardonnay
(tirato in 25.911 bott e 1.090 magn; non filtrato; dosage 3,5 g/l)
dég. III trim. 2007 – Naso per certi versi difficile da decifrare, ma per gli appassionati tremendamente affascinante. Innanzitutto, pur denotando una materia densa e di prim’ordine, bilanciata da una freschezza scalpitante, esprime un’anima mediterranea (solarità, ma soprattutto macchia) accompagnata da una finissima dolcezza di zafferano e note di canditura che sembrano andare oltre il dosaggio. Ed esprime una “secchezza” tesa, levigata, quasi asciugante al naso, oltre alle tipiche tostature e alle note di panificazione.
Attacco in bocca quasi materico, accompagnato da una bollicina finissima, ma è solo un attimo perché poi sale in cattedra “il” vino. Un gran vino, sostenuto da un frutto maturo e polposo, da uno spunto di zafferano, ma soprattutto da un’anima salata che fa letteralmente salivare, prima dei ritorni di macchia mediterranea che ancora colpiscono quando trovati in uno champagne. Un grande champagne, insomma, teso, profondo, lunghissimo, aristocratico, unico… per questo destinato a pochi.
Voto: 96/100
La grandezza dello Chardonnay di questa annata fa sentire il suo peso e, sposata al Pinot Noir in percentuale più o meno paritetica, l’uva bianca dà ancora vita a grandissimi champagne. Anzi straordinari. Forse ai migliori… Infatti, alla fine Dom Pérignon e Krug conquistano il primo e il secondo gradino del podio rispettivamente. In proposito, al termine delle degustazioni avevamo messo i due a pari livello a 98,5/100 (punteggio singolare per via del frazionamento, ma necessario quando ci si muove al massimo livello e, pertanto, diventa difficile rendere nette le gerarchie…), ma ritengo che il DP meriti da solo il gradino più alto del podio. Infatti, pur se molto, molto vicini ancorché figli di filosofie diverse, il Dom Pérignon è autentico piacere immediato – e per tutti -, mentre il Krug deve ancora dire qualcosa, ovvero non è ancora al suo picco. Diversamente, il capolavoro di Richard Geoffroy (tra l’altro, la 1996 fu la sua prima annata come chef de cave) è oggi nella fase di compiuta perfezione. In altre parole: è al suo picco e ci rimarrà ancora per un po’.
Per questo l’ho preferito alla versione Œnothèque, che oggi gli è dietro, ma domani, con tutta probabilità, sarà il primo champagne al quale assegnerò 100/100!
Dom Pérignon – www.moethennessy.it
Jacquesson – www.pellegrinispa.net
Krug – www.moethennessy.it
Louis Roederer – www.sagna.it
Perrier-Jouët – www.antinori.it
a tre anni dalla data di questo articolo la Sua profezia sull’Oenoteque 1996 si è avverata??
Quale? Che alla lunga l’OE sarà superiore al Vintage? Beh, non è ancora ora…
Buon giorno Sig Lupetti,
Sono un grande appassionato di DP,
Posseggo sia Vintage che Oenotheque ’96! Adoro in generale i grandi vini invecchiati,
Siccome a Ottobre parteciperó ad una verticale di DP, mi chiedevo quale dei 2 portare.. Del vintage ne avevo 2 ma una l’ho bevuta 3 anni fà!
Ora me ne restano una ciascuna!
Grazie mille,
Martino!
Buongiorno a lei!
A oggi? Il Vintage da godere ora, l’OE da aspettare ancora!
Mi faccia sapere…
Ah,dimenticavo, l’Oenotheque ’96
Ha la sboccatura 4/13… Come mai anche tra gli Oe, la sboccatura varia di 2:3 anni in alcuni casi?
Martino!
In DP, tanto il Vintage quanto i P2/P3 (ex OE…) sono degorgiati per lotti a distanza di tempo. Anzi, questi ultimi, essendo fatti a mano, sono preparati anche nel corso non di mesi, ma addirittura di anni, pertanto possono capitare dégorgement distanti tra loro anche più di 3 anni a parità di etichetta.
Ok,grazie mille!
Quindi tra vintage ed OE ’96
Quale sarebbe meglio bere prima?? Vintage??
Grazie
Martino.
Esatto!