Tutto il fascino del Vieilles Vignes Françaises 1999 di Bollinger
L’evoluzione delle tecniche di conduzione del vigneto e le moderne pratiche di cantina hanno per buona parte cancellato la memoria dello champagne à l’ancienne, ovvero di come lo si produceva nel XIX secolo. Ciò nonostante, qualche produttore ha via via riproposto champagne che si rifanno alle origini e, tra queste, Bollinger può essere ritenuta a buon diritto la capofila con il suo Vieilles Vignes Françaises, prodotto, però, solo nelle annate più favorevoli e in poche bottiglie.
Negli anni, lo champagne di punta della maison di Aÿ, noto come VVF, è diventato un vero e proprio mito, ma molti ritengono tuttora che sia un vino prodotto da vigna con piede franco. Non è propriamente così, perché le piante di Pinot Noir da cui si produce, pur essendo non innestate e clonate da materiale pre-fillossera, sono state ripiantate circa 35 anni fa con il metodo della propagazione e questo è stato fatto rispettando il sistema di allevamento originale, detto en foule, un metodo utilizzato fino a fine ‘800 che prevedeva densità di impianto anche di 50.000 ceppi/ettaro (il più elevato in assoluto) e molto oneroso, tanto da richiedere 1.800 ore di lavoro per ettaro contro le 500 di un vigneto di champagne a filare. Di questi vigneti la maison di Aÿ ne possedeva tre molto piccoli, uno dietro e uno davanti la sede (rispettivamente Chaudes Terres e Clos St. Jacques) più un terzo a Bouzy (Croix Rouge), per 0,36 ettari totali. Dico possedeva perché quest’ultimo, l’unico non circondato da mura (gli altri due, quindi, sono dei clos), è stato attaccato proprio dalla fillossera nel 2003, distruggendolo. Così ora la produzione di VVF è destinata a scendere al di sotto delle 2.800 mediamente prodotte, visto che la parcella di Bouzy contribuiva per circa il 22%.
Insomma, il VVF non è uno champagne pre-fillossera, ma è l’esempio vivente di come lo si produceva nell’800, visto anche che il vino è fermentato e affinato in barrique da 205 litri (pièce champenoise) e, in parte, anche tradizionali da 225 litri e tonneaux da 410, quindi è “tirato” con il tappo di sughero (bouchon liège) anziché con il sempre più diffuso elemento in metallo a corona. Poi, a contatto con i lieviti il VVF vi rimane non meno di 5 anni nelle cantine della maison prima di rémuage e dégorgement, ovviamente rigorosamente manuali; il dosaggio finale oscilla tra i 7 e i 9 g/l a seconda dell’annata e, successivamente, lo champagne riposa ulteriori tre anni prima di essere commercializzato.
Curioso notare come fino a ridosso degli anni ’70 questo champagne non esisteva e il Pinot Noir di questi tre piccolissimi vigneti era normalmente utilizzato nell’ambito di tutta la produzione di di Bollinger. Fu il giornalista inglese Cyril Ray a suggerire nel 1968 a M.me Lily Bollinger l’idea di produrre uno champagne speciale solamente da quelle tre parcelle e l’idea divenne realtà con la vendemmia successiva.
Le ultime annate prodotte di questo straordinario blanc de noir sono state 1990, 1992, 1996 (rilasciata successivamente alla ’97), 1997 (annata che ha visto il restyling dell’etichetta), 1998 e 1999, l’ultima immessa sul mercato. A seguire è stato proposto il VVF anche con l’annata 2000, mentre il 2002, l’ultimo ancora prodotto con tutte e tre le parcelle, è appena uscito. In questa sede racconto dell’ultimo prodotto lo scorso secolo (oddio come suona strano dirlo!), ovvero il 1999.
Vieilles Vignes Françaises 1999
100% Pinot Noir
Bott. n. 2844 – L’approccio olfattivo è denso e ricco, grasso e maturo, fatto di una trama fitta, quasi impenetrabile, ancorché morbida. Le note dolci di miele sono proposte con eleganza, fuse a toni fruttati e minerali, ma anche spezie esotiche e tostature. È quasi un monolite, ma affascinante nella sua possanza. È l’assaggio, però a svelare tutta la sua grandezza: succulento e rotondo come un grande Borgogna, è materico e potente ma sempre elegante, con la frutta e le spezie in primo piano che, nel corso dell’assaggio, lasciano via via il posto a ritorni dolci che segnano il lunghissimo finale. Il tutto coronato da un’irresistibile carnosità e una bollicina semplicemente carezzevole. Champagne eccellente, quasi da meditazione, che potrà dare ancor di più nel giro di qualche anno.
Voto: 95/100
Meregalli Giuseppe – tel. 039/2301980 – www.meregalli.it
Buongiorno,
mi potrebbe cortesemente spiegare meglio il metodo della propagazione e il sistema di allevamento con il metodo di propagazione en foule usati nei 2 clos di bollinger.
Grazie.
Cercherò di risponderle in maniera semplice e, soprattutto breve…
Propagazione ed ‘en foule’ sono due cose diverse, innanzitutto. En foule era un tipo di vigneto in voga nel XIX secolo in luogo di quello a filari, ancora molto poco diffuso all’epoca. Praticamente, ogni singola pianta era in ordine sparso (da cui il nome, che tradotto significa ‘in folla’) e l’un l’altra piuttosto ravvicinata, da cui l’elevatissima densità (oltre 40.000 ceppi per ettaro).
La propagazione, invece, prevede di generare una nuova pianta interrando un ramo sano dell’altra pianta… semplificando al massimo. Questo sistema è utilizzato da Bollinger per i due Clos.