Anteprima assoluta: Dom Pérignon Rosé 2002!
Sebbene di recente sia cresciuta l’attenzione per le produzioni di nicchia – a volte di difficile comprensione e limitata godibilità – di piccoli vigneron (spesso semisconosciuti), tutti sembrano concordare sul fatto che, nonostante le dimensioni, ci siano delle maison dalla produzione impareggiabile sia per qualità, sia per fascino. È il caso di Dom Perignon, le cui bottiglie sono amate anche da molti dei più fervidi sostenitori del produttore ignoto, ai confini con il garagista del villaggio più remoto… Personalmente, posso solo aggiungere che Dom Pérignon è uno champagne che non può non essere amato e io non ho fatto mistero di adorarlo in tutte le sue sfaccettature.
Nella storia di questo marchio ci sono stati champagne a volte ottimi, a volte straordinari, è vero, ma sempre tremendamente affascinanti, soprattutto quando invecchiano. E, senza nulla togliere a grandi artisti del passato come Dominique Foulon, penso che Richard Geoffroy sia l’interprete più illuminato di Dom Pérignon.
Chef de cave dal 1996, ma vice di Foulon per 10 anni, Richard ha vissuto il non facile periodo post crisi del ’90 quando, con lo champagne in travolgente crescita, ha dovuto far crescere la produzione senza venir mai meno allo spirito di eccellenza del marchio. Anzi, credo che in questi 16 anni Richard abbia firmato annate che in futuro potrebbero diventare pietre miliari dell’etichetta intitolata al celebre monaco benedettino. In proposito, ritengo con che con il Rosé Richard ci abbia regalato autentici capolavori con ogni vendemmia: il 1996 si commenta da solo, il 1998 ha una tale energia concentrata che tra vent’anni ci farà sgranare gli occhi, il 2000 è talmente buono da stravolgere completamente la vendemmia di cui è figlio (l’annata rimane più simbolica che di sostanza…). D’altronde, in Grandi Champagne 2012 il Dom Pérignon Rosé 2000 ci ha letteralmente conquistati, risultando non sono un grande champagne, ma anche uno godibilissimo, tutto da bere. Difficile fare classifiche, ma penso che il gradino più alto del podio degli champagne in rosa sia una lotta a due tra Dom Pérignon e Cristal anno dopo anno.
Bene, la scorsa settimana, in occasione di una degustazione privata con Richard, tra le altre splendide bottiglie (tra cui un DP 2003 in forma eccezionale e che sta benissimo con il Grana-Padano di 12 mesi, ma ne riparleremo) ho riassaggiato proprio il DP Rosé 2000: buonissimo, ha confermato la mia impressione avuta già l’anno scorso di “miglior rosé del momento”. Ebbene, l’ho buttata lì a Richard: “ma il 2002? Come sarà? Quando uscirà?”. E lui, sornione: “non credo prima della metà del prossimo anno, ma… lo vuoi assaggiare?”. Non credevo alle mie orecchie, ma Richard mi ha fatto un altro grandissimo regalo di cui – ahimè – possono solo raccontare…
Dom Pérignon Rosé 2002
57% Pinot Noir, di cui circa il 18% in rosso, 43% Chardonnay; dosage 5 g/l
Non appena accosti il naso al bicchiere, questo champagne ti travolge immediatamente per la sua intensità e la sua avvolgenza, che poggiano su una solida ed elegante trama fruttata pervasa dalla tipica mineralità che è la firma di Dom Pérignon. Non è un bicchiere molto sfaccettato, però, ma non dimentichiamo di essere di fronte a uno champagne “criminalmente” giovane (è lo scotto da pagare nelle anteprime, ovviamente). La bocca, infatti, non rivela ancora la goduriosa piacevolezza del 2000 (e che mi aspetto, a maggior ragione, in un 2002) e sembra chiusa in se stessa a non voler ancora lasciarsi scoprire… Ciò nonostante, ha una tale concentrazione di energia, una tale croccantezza di frutto, una tale tensione acido-minerale che porterà all’ennesimo capolavoro di Richard in rosa. Forse “al” suo capolavoro in rosa. Finale succoso di straordinaria ampiezza e, incredibile, anche elegantissimo. Richard definisce questo Rosé 2002 “l’espansione”. Appunto.
Anche se non ancora perfettamente espresso, ha il catattere borgognone del 2000, ma con maggiore mineralità e flutto suadente.
Voto: 96/100
Penso di non aver mai assaggiato in vita mia un Dom Pérignon Rosé che fosse meno che eccellente e, anzi, invecchiando diventano tutti invariabilmente irresistibili. Non è il caso di questo 2002 che, anzi, è più che giovane, ma credo di essere riuscito a leggere nella sua osticità a rivelarsi oggi un potenziale incredibile che potrebbe metterci di fronte, nel giro di 3-5 anni, a un riferimento assoluto tra gli champagne in rosa (Œnothèque a parte, che fanno storia a sé…). Infatti, se una caratteristica dei DP Rosé (che, rispetto al fratello blanc, maturano due anni in più sui lieviti, ricordiamolo) è la voluttuosità e se la 2002 è stata comunque un’annata morbida più che acida, qui invece troviamo una freschezza e una carica energetica fuori dal comune ed è per questo che parlo di “potenziale incredibile”.
Merci beaucop, Richard!
Moët-Hennessy Italia – tel. 02/6714111 – www.moethennessy.it
non posso che esprimere “invidia” per le splendide bottiglie da voi bevute!!!!
Effettivamente, caro Enrico, avere la fortuna di assaggiare queste bottiglie è un gran pregio.
Peccato non poterlo condividere, però, ma solo raccontare l’esperienza…