Lo stile di Lallier cristallizzato in una verticale di Brut
In Grandi Champagne 2020-21 ha fatto finalmente il suo meritato ingresso una Maison che sarebbe dovuta esserci già da tempo: Lallier. Meglio tardi che mai, certo, anche perché questa piccola Maison gode di un’ottima reputazione nella stessa Champagne, soprattutto ora che la guida Francis Tribaut. Questo gentile e simpatico signore non discende dai Lallier, ma ha con loro un legame particolare. Proveniente da una famiglia champenoise di tradizione, enologo di formazione, ha lavorato per parecchio tempo al fianco di René-James Lallier, così, quando questi ha deciso di vendere l’attività di famiglia, Francis Tribaut ha rappresentato la scelta più naturale. Questo avveniva nel 2004 e da quel momento Monsieur Tribaut ha iniziato un’imponente opera di rilancio della Maison non solo dal punto di vista strutturale (ristrutturazione della storica sede di Aÿ, con le affascinanti cantine sotterranee, nuovo centro di vinificazione a Oger), ma soprattutto da quello stilistico, infondendo la sua idea di champagne a tutta la gamma: “i Lallier sono champagne ricchi, ma ricchezza non significa per me vinosità, men che meno maturità, bensì generosità fatta di setosità e cremosità, con freschezza sul finale e un carattere più saporito che fruttato, perché un frutto marcato non è proprio dello champagne ma di altri vini…”. Nel dettaglio, Tribaut ha costruito la ‘sua’ Lallier su sei pilastri:
- Solo Pinot Noir e Chardonnay
- Uve Grand Cru di selezione parcellare
- Vinificazione con propri lieviti
- Malolattica parziale non come ricetta, ma in funzione dell’annata
- Assemblaggio sofisticato
- Dosaggi contenuti
E, poiché per tutti i produttori il sans année è lo champagne più importante, Tribaut si è dedicato con particolare impegno allo sviluppo di un nuovo ‘brut’ per Lallier e, dopo 6 anni di lavoro, ecco la nascita della cuvée R con la vendemmia 2010. L’idea, per l’epoca, è a dir poco rivoluzionaria, tanto da essere seguita oggi da molto altri: la vendemmia base deve essere evidente, non solo in etichetta, ma anche nel vino stesso. Francis Tribaut ci scherza su “cela m’énervait d’avoir un brut sans année sur lequel nous n’avions rien à dire!”, ma il ridotto impiego di vins de réserve, massimo il 20%, è proprio figlio del differente approccio al concetto di brut sans année, un approccio molto personale basato sulla rivelazione dell’annata, o meglio, la riflessione su questa. Rivelazione, riflessione… tutte parole che iniziano per ‘r’, ed ecco spiegato il significato del nome dello champagne: il debutto del R.010 ci dice che il nuovo champagne non è semplicemente basato sulla ‘récolte’ 2010, ma che su questa annata Tribaut ha lavorato in sede di assemblaggio per farla emergere nel rispetto dello stile che si era prefissato. Un’idea innovativa che ha i suoi vantaggi anche in fase di vendita, secondo Tribaut, visto che ogni volta sia l’enotecario, sia il sommelier hanno una piccola storia da raccontare…
Quindi, ricapitolando, gli champagne R.0x sono fatti con uve di Avize, Cramant e Oger per lo Chardonnay, Aÿ, Verzenay, Bouzy e Ambonnay per il Pinot Noir, fermentate con lieviti Lallier e con la malolattica svolta solo su alcuni vini a seconda dell’andamento dell’annata, assemblaggio con tre annate di vins de réserve, ma con l’insieme di queste mai superiore al 20% del totale, tre anni sui lieviti e dosaggio da brut classico. A proposito di dosaggio, alla fine della degustazione ho detto a Monsieur Tribaut che un dosaggio un po’ più basso avrebbe a mio avviso giovato e lui, molto acutamente, m’ha detto di essere d’accordo, ma di poterlo fare sugli champagne un po’ più da appassionati, non sui sans année, invece rivolti a un pubblico molto più ampio. Giusto, non fa una piega!
Per toccare con mano tutto questo, abbiamo fatto una piccola verticale di R.0x insieme allo stesso Francis Tribaut, iniziata con il vino attualmente sul mercato, l’R.015, ma per questo vi rimando a Grandi Champagne 2020-21, pertanto andiamo a scoprire alcuni di quelli che lo hanno preceduto…
R.014
56% Pinot Noir, 44% Chardonnay
(16% vins de réserve di 2012, 2008, 2005; 7 g/l)
dég. dic. 2018 – L’olfatto appare meno intenso e potente del precedente, giustamente, vista l’annata. Nel dettaglio, ha una certa maturità, è floreale, al fianco di ricordi fruttati di pesca e, man mano, agrumi, note di burro, di mandorla, sebbene mai troppo incisivi, nel senso che, soprattutto dopo l’assaggio dell’R.015, manca di quell’articolazione, di quella complessità che, al contrario, avevano portato l’R.015 a svettare. È l’annata… Pertanto, pure il palato prosegue su questa ‘spensierata leggerezza’, nonostante non manchi di un bel centro bocca legato agli agrumi e a una gradevole succosità. Chiusura meno profonda e asciutta (c’è una certa dolcezza agrumata) di quanto si vorrebbe, ma compensata da quella cremosità e da quella freschezza che sono l’obiettivo di Tribaut e che, alla fine, piacciono.
Voto: 89/100
R.013
56% Pinot Noir, 44% Chardonnay
(17% vins de réserve di 2010, 2008, 2002; 7 g/l)
dég. ott. 2017 – È il rischio di legare i non millesimati a ciascuna annata di cui son figli: qualcuno di questi finisce per svettare rispetto agli altri… Così, ecco la bella vendemmia 2013 che ci consegna, ancora una volta giustamente, un naso brillante, molto fresco, avvincente, giocato sui registri delle foglie (dagli agrumi fino al thè), con la solidità e lo spessore della frutta secca. È un naso addirittura nobile, che evolve man mano su registri tropicali e sulla crema di nocciola, facendosi intrigante, via via più profondo. Al palato è decisamente un passo sopra gli altri, è teso e avvolgente, addirittura rinfrescante, e riporta sul finale note iodato/saline perfettamente fuse alla dolcezza di frutto. Champagne di bellissimo equilibrio e non minore persistenza, perfettamente integrato, forte di una non comune capacità di richiamare continuamente la beva.
Voto: 92/100
R.010
64% Pinot Noir, 36% Chardonnay
(18% vins de réserve di 2008, 2004, 2002; 6 g/l)
dég. ott. 2014 – Il primo della serie, ora con circa sei anni sulle spalle post dégorgement, sorprende per il naso non evoluto, anzi generoso e intenso, giocato sui toni di agrumi gialli, di frutta bianca, di foglia di limone, con sfumature di crema chantilly che lo rendono nel complesso coinvolgente. Al palato, invece, si offre leggermente scomposto, meno coinvolgente del naso forse perché non del tutto integrato e con un centro bocca carente di solidità e definizione. Recupera in parte sul finale, sia per l’intrinseca freschezza del vino, sia per la nota amaricante nobile di rabarbaro accompagnata da sottili note di miele. Sarà pure l’R.0x del debutto, però è quello che ci ha meno appassionati…
Voto: 88/100
(ha partecipato alla degustazione Vania Valentini)
Alla fine, l’idea di sans année di Francis Tribaut è senza dubbio interessante: ci mette di fronte a champagne di indubbia e netta personalità e, per questo, capaci di emergere nell’affollata categoria. Inquadrata da Tribaut in maniera ben diversa (“c’est un petit millésime”) ed è per questo che ho definito l’R.0x “la carte de visite de la maison selon l’année”. A parte questo, si tratta di champagne puliti, netti, precisi, nitidi, sempre con una freschezza ben integrata, ovvero con una notevole tenuta al tempo, soprattutto piacevoli sia per l’appassionato, sia per il grande pubblico, a tavola a fuori da questa. Ed è la cosa più importante. Credo…
Gli champagne Lallier sono distribuiti in esclusiva da:
Michele Chiarlo – Tel. 0141/769030 – www.michelechiarlo.it
Ciao,
In queste settimane, causa Corona Virus, nel tempo libero mi sono messo a sistemare la cantina di casa. Ripulendo e riordinando, ho trovato una serie di bottiglie di Whisky e 2 di champagne.
Per l’esattezza ho trovato:
– 1 Bottiglia di Dom Pérignon del 62 con il copri tappo della gabbietta in cera
– 1 Bottiglie di Dom Pérignon del 69.
Volevo sapere se c’è un modo per vedere se queste due bottiglie sono ancora bevibili.
O se comunque possono avere un qualche valore da un punto di vista di collezionismo.
Grazie
Un certo interesse potrebbero averlo, certo, il problema, come tutte le vecchie bottiglie, è capire come siano state conservate. Queste come lo sono state?
Comunque, un’idea dell loro stato lo possono dare il livello e il colore del vino.
Mi faccia sapere…