Il mio ritorno da Pommery: il racconto e la sorprendente Louise 2003
Per una serie di vicissitudini varie e per via di una linea di champagne che non riusciva a convincermi del tutto, avevo di fatto dimenticato Pommery. Poi, recentemente, la filiale italiana (dove, nel frattempo la gestione, è stata affidata al giovane Brieuc Kremer, uomo di fiducia della proprietà) mi ha ricontattato per un riavvicinamento finalizzato a una full immersion di 24 ore in modo da scoprire Pommery oggi. O meglio, Vranken-Pommery oggi. E, magari, iniziare ad apprezzarla…
Si inizia il pomeriggio del 25 giugno con un aperitivo presso la maison insieme a Dominique Pichard, chef de cave di Demoiselle e Vranken. O meglio, questo simpaticissimo champenois purosangue (è di Avize) è lo storico ‘braccio armato’ di Monsieur Vranken, avendo passato con lui ben 43 anni, quindi da quando Paul-François Vranken aveva appena iniziato la sua avventura nel mondo dello champagne. L’aperitivo ci ha visto godere di una sorprendente magnum di Tête di Cuvée, ma poi abbiamo spaziato un po’ su tutta la gamma di Demoiselle, per passare anche alla Vranken. Si tratta di champagne molto classici, evidentemente pensati per un pubblico ampio che ricerca una ‘bollicina’ spensieratamente bevibile ma non banale, pertanto fatti con cura. Ma la suddetta Tête di Cuvée in magnum e il Rosé Diamant di Vranken mi hanno veramente colpito, ragion per cui li scopriremo nella prossima edizione (2020-21) della guida Grandi Champagne. Nel corso degli ultimi 25 anni, Monsieur Vranken ha solidificato le basi di quello che oggi è il secondo gruppo della Champagne in assoluto (ne fanno parte anche Heidsieck Monopole e Charles Lafitte), ma lo ha fatto senza inseguire i freddi numeri, bensì sempre con un occhio attento alla qualità (ascolta sempre con molta attenzione quanto gli dicono i suoi chef de cave) e l’altro sulla tradizione. Ad esempio, Villa Demoiselle, oggi uno dei simboli di Reims, fu acquistata che era un rudere, ma Vranken non voleva che questo simbolo dell’art nouveau andasse perso, così ha voluto un restauro durato cinque anni per riportare l’edificio (costruito tra il 1904 e il 1908 su disegno dell’architetto Louis Sorel) all’antico splendore. Inoltre, una parte dell’enorme proprietà di Pommery è stata donata alla città di Reims, andando così a costituire quello che oggi è conosciuto come Parc de Champagne. Già, Pommery, perché il colpaccio Vranken l’ha fatto proprio con questa maison…
Pommery ha una storia quasi perfettamente sovrapponibile a quella di Lanson: maison storica (insieme a Moët, alla fine dell’800 era il più importante produttore di champagne, con 2 milioni di bottiglie vendute), viene acquisita a un certo punto (1984) dal Gruppo Danone, poi acquistata da LVMH nel 1991 (la stessa Moët aveva già provato a ‘prenderla’ nel 1968 dopo che Pommery si era quotata in borsa…) e da questa infine rivenduta a Vranken nel 2002. Avevo sempre pensato che fosse stato lui a volerla, invece quando gli domando perché decise di acquistarla, ecco la risposta spiazzante: “perché? Ah bella domanda! – inizia Monsieur Vranken – Non volevo acquistarla, mi è stato chiesto se volessi acquistarla. Avevo ottenuto degli splendidi risultati con Demoiselle, quindi ero diventato un produttore molto rispettato, probabilmente per questo ricevetti l’offerta. Pertanto, è grazie a questa che ho potuto acquistare Pommery. Fu un’operazione semplice, iniziata a settembre 2001 e conclusasi a giugno dell’anno successivo, ma avevo paura durante la trattativa. Ricordo che non volevo che si sapesse dell’affare, così una mattina venni alle 6:00 qui da Pommery per scoprirla e mi resi conto che non era una maison, ma una piccola città. Rimasi sorpreso, affascinato, e così la mia paura mutò: iniziai a temere di non riuscire ad averla! Pommery era magnifica e ora non volevo assolutamente perderla. Fortunatamente ce la feci e ora, dopo 17 anni, di cui ben 10 di lavori vari (di cui molti finalizzati al mantenimento delle strutture e degli arredi originali, che sarebbe stato un peccato perdere), ne sono orgoglioso. Pommery è un’avventura storica che si racconta ancora, perché so benissimo che io ne ho soltanto ricevuto il testimone temporaneamente, per poi lasciarlo più tardi ai posteri…” . Lo incalzo sui vigneti, lamentando la perdita degli storici, ma la risposta è per me una rivelazione: “non tutti! Durante la trattativa mi sono battuto per mantenerne 54 dei 210 totali, quindi sono riuscito a conservare quelli del Clos Pompadour e quelli della Louise. Per me, la qualità di uno champagne si basa su due aspetti: il rispetto del terroir e l’assemblaggio, che deve essere identico o almeno molto simile a quello storico di ciascuna etichetta. È imprescindibile il rispetto del passato, quindi il mantenimento dello stile”. L’ho mentalmente applaudito.
Il mattino seguente appuntamento con Clément Pierlot, lo chef de cave che a fine 2017 ha ricevuto il pesante testimone da Thierry Gasco. Mi piace Clément, è preparato, curioso, ascolta con attenzione le osservazioni degli altri: senza nulla togliere a Gasco, potrebbe essere la chiave della definitiva rinascita di Pommery. Anche perché un cambio di rotta inizia a essere già percepibile (sebbene abbia l’incarico da solo un anno e mezzo, Clément è in maison dal 2004, inizialmente come responsabile dei vigneti, mentre sei anni più tardi entra nel comitato di degustazione del Groupe Vranken, quindi al fianco di Gasco e Pichard.) negli champagne Pommery, a cominciare dai sans année, ovviamente. Tornando al racconto della giornata, prima abbiamo visitato il Clos e la cuverie, poi siamo passati alla degustazione: insieme abbiamo scoperto gran parte della gamma Pommery, tutta rigorosamente in magnum, dal Brut Royal (una vera sorpresa per me…) al Brut Apanage, da diverse annate del Grand Cru al Clos de Pompadour 2004 con e senza dosaggio, fino alla Cuvée Louise, ovviamente. Assaggiata come trilogia, anzi quadrilogia, tutta in magnum: 2004, 2003, 2002 e 1990. Contrariamente a quanto si pensa (me compreso), la produzione di Louise si attesta sulle 100.000 e non sulle 200.000 bottiglie, questo perché gli ettari di vigne riservati storicamente a questo champagne sono meno di 15 (ad Aÿ, Avize e Cramant, quindi Grand Cru) e, come anticipato da Monsieur Vranken, sono sempre gli stessi da quando il principe Alain de Polignac creò la Cuvée Louise nel 1979. L’unica cosa che è cambiata è il leggero aumento della quota di Chardonnay voluto da Thierry Gasco, mentre il dosaggio è sempre 5 g/l. Le vecchie Cuvée Louise sono straordinarie, fino alla 1998, poi ricordo una 1999 deludente (anche se un mio recente assaggio personale m’ha sorpreso in positivo), una 2000 (tirata solo in magnum) assolutamente eccellente, una 2002 che tuttora non riesco a inquadrare. Elegantissima, sottile, ma mi sembra ancora molto indietro con la maturazione. Pensavo fosse un problema della Cuvée Louise, ma l’assaggio fianco-a-fianco del Grand Cru 2002 mi ha fatto capire che l’annata è stata interpretata in questo modo da Gasco. La 2002 in genere è stata osannata, ma continuo a ripetere che è tuttora difficile definirla: inizialmente matura, vinosa, carente di acidità, oggi più minerale e fresca, ma ancora carente di evoluzione. Forse tra 20 anni ci farà saltare dalla sedia, così come i due champagne Pommery. Vedremo. Stessa impressione la Cuvée Louise 2004. Attenzione, mi riferisco alla magnum, non ancora sul mercato (dove c’è invece la bottiglia da oltre un paio d’anni): è molto 2004 e molto Louise, quindi senza dubbio coerente. Doppiamente coerente. Ed è intensamente minerale. A mio avviso, in questo momento mette in fila la Louise 2002. La rivedremo comunque meglio nella prossima edizione guida. A questo punto, però, non resta che la 2003…
Cuvée Louise 2003
35% Pinot Noir, 65% Chardonnay
(magnum) Avvicini il naso al calice e… sorpresa! Bellissimo olfatto, elegante, complesso, sofisticato, pervaso da note agrumate non proprio in canditura, quanto, più, tipo agrumi essiccati, oltre alla florealità, un vivace tocco di pepe bianco e tanta, tanta mineralità, intensa, pervasiva. Che è la firma stilistica della Cuvée. Non sembra proprio una 2003, ciò nonostante mi sarei aspettato di ritrovare il tipico carattere dell’annata all’assaggio, quindi la ‘classica diluizione’, invece… caspita che bocca! Bella, solida, intensa, gustosa, senza dubbio molto fresca, fatta di ritorni agrumati e ancora tanta mineralità, raffinata. A un tratto, quasi come un lampo, ecco una nota che sembra alcolica e, pertanto, sembrerebbe riportare all’annata, ma, proprio come un lampo, passa ben presto e resta un vino elegante e persistente. Una sorpresa, davvero! Dopo l’interlocutoria Cuvée Louise 2002, questa 2003 sembra tanto riportare alla migliore tradizione Louise, quanto avviarsi autorevolmente alla conquista del podio dell’annata.
Voto: 94/100
Devo onestamente dire di aver trovato uno stile molto preciso e molto riconoscibile in tutta la gamma Pommery, dal Royal alla Louise, uno stile effettivamente fatto di “finezza, eleganza, freschezza”, ma credevo erroneamente che fosse frutto dell’era Vranken. Anche in questo caso mi son dovuto ricredere e l’ho fatto solo dopo aver assaggiato la Cuvée Louise 1990 prima di ripartire, anch’essa in magnum. La sera prima, Paul-François Vranken mi aveva chiesto quale Louise avessi voluto assaggiare come vecchia annata. Gli propongo una scelta tra 1988, 1990 e 1995, lui, dopo averci pensato un attimo, dice di preparare per l’indomani una magnum di 1990. Si trattava di un dégorgement d’origine, avvenuto quindi nel 1999. Ecco qua…
Cuvée Louise 1990
40% Pinot Noir, 60% Chardonnay
(magnum) Naso sorprendentemente fresco, di un’eleganza raffinata. Ha i tipici tratti dei grandi champagne invecchiati, quindi tostature e torrefazione, ma poi si apre via via su grassezze di nocciola, florealità bianca, frutta anch’essa a pasta bianca e una mineralità intensa, profonda, più legata a ricordi di pietra focaia. È, insomma, un naso tutt’altro che potente o maturo come sono oggi molti 1990, anzi, oltre la tipica eleganza dell’etichetta, appare addirittura giovane! La bocca è rotonda e ancora fresca, levigata e con una bella tensione minerale, con la bollicina carezzevole, legata a un gustoso sviluppo fruttato di pesca, oltre a una lunghissima distensione dominata dallo Chardonnay, con un finale lungo e persistente che riesce a essere sempre raffinato e rasentare la vivacità di uno champagne molto meno ‘datato’. Sorprende la bevibilità, assolutamente insospettabile tanto per un top champagne, quanto per uno targato 1990…
Voto: 95/100
Ecco, dopo quest’assaggio ho capito (e apprezzato) meglio le Cuvée Louise post 2000. Voglio dire che quella che mi sembrava leggerezza, quella raffinatezza finanche troppo marcata sono in realtà i cardini tradizionali dello stile Pommery, che poi si esalta letteralmente in questa etichetta. Amo ripetere che non si finisce mai d’imparare, che dopo ben più di 200 viaggi non mi sento arrivato, che dopo migliaia di assaggi si può ancora cambiare idea. Bisogna scoprire, approfondire, conoscere, assaggiare e riassaggiare, solo a quel punto credo si possa parlare (e scrivere) con cognizione di causa. Altrimenti è cialtroneria bella e buona.
Gli champagne Pommery sono distribuiti in esclusiva da:
Vranken-Pommery Italia – Tel. 02/878806 – www.vrankenpommery.it
Ho una Cuvee Louise nature del 2004 è meglio aspettare ad aprirla? se si quanto tempo tra quanto tempo,indicativamente, potrebbe dare il suo meglio? Quali sono le differenze tra cuvee Louise nature e la “normale”?
grazie
Assolutamente sì! Per carità, è un ottimo champagne già ora, ma con il tempo la Louise diventa pazzesca…
La differenza tra le due è il dosaggio, presente (5 g/l) nell’etichetta bianca, assente nella nera. Però, la Louise senza dosaggio non mi convince, salvo l’eccezione della 1990.
Ciao Alberto, io ho una cuveè speciale Louise Pommery 1979 tenuta bene sempre coricata, penso sia ancora in buone condizioni, il livello arriva poco sotto il collo. Quanto potrebbe valere? Si può far maturare ancora?
Si tratta della prima prodotta, quindi un pezzo da collezione. Il valore? Affettivo elevatissimo, monetario un po’ meno, purtroppo. Come ho detto più volte, gli champagne che strappano quotazioni elevate sono pochissimi e sempre gli stessi, mentre ce ne sono tanti che meritano la medesima considerazione, ma il mercato non gliela riconosce. La prima Louise è una di queste, visto che il mercato la quota soltanto sui 250 euro. Invece, l’annata 1979 è stata eccezionale, quindi, se ben conservato, lo champagne sarà parimenti tale, anche considerando il valore delle Louise…