De Sousa e il 3A che proprio non ti aspetti…
Trovo che ciascun produttore si trovi maggiormente a proprio agio con una tipologia di vino (e di champagne) più che altre, anche se poi, per ragioni di mercato, lo stesso produttore deve per forza di cose allargare la propria offerta e, così cimentarsi anche con altre tipologie. De Sousa, ad esempio, è bravo, anzi bravissimo, meglio, è uno dei più bravi con lo Chardonnay in purezza, ciò nonostante firma pure altri champagne. Il Tradition, ad esempio, è il suo champagne di ingresso ed è volutamente semplice (è l’unico fatto con un po’ di taille, anche se proveniente dai mosti più pregiati): per questo motivo risulta meno interessante degli altri per gli appassionati. Poi ci sono i rosé, una tipologia con la quale Erick sembra trovarsi meno a proprio agio. Almeno finora, perché il passaggio della Caudalies Rosé da sans année a millesimata ha fatto compiere a De Sousa un notevole balzo in avanti con questa tipologia di champagne, come dimostrato prima dalla 2010 nella scorsa edizione della guida e, ancor più, con la 2012, che vedremo in anteprima in Grandi Champagne 2020-21. Ma nella gamma De Sousa c’è un altro champagne d’assemblaggio, la Cuvée 3A.
Ho già avuto modo di parlare di questo champagne, ma ne ricordo volentieri i punti cardine. Le tre ‘A’ stanno per le iniziali dei tre villaggi le cui uve compongono questo champagne: Aÿ (25% di Pinot Noir), Ambonnay (altro 25% di Pinot Noir) e, naturalmente, Avize (50% di Chardonnay). Nello specifico, si tratta di tre lieux-dits, rispettivamente ‘Les Cognet Robert’, ‘Le Haut des Bermonts’ e ‘Les Monts Chénevaux’, tutti allevati con il cavallo, con piante di oltre 50 anni e tutti, ovviamente, Grand Cru. L’assemblaggio dei tre vigneti avviene già in pressa, mentre i mosti sono poi fermentati parte in cuve e parte in barrique, prima di essere i vini assemblati con una réserve perpétuelle iniziata nel 2002 e conservata in un ‘uovo’ di quercia. Lo champagne rimane poi sui lieviti per un periodo piuttosto breve, una quindicina di mesi, ed è infine dosato a 5 g/l.
Ecco in sintesi la Cuvée 3A e a questo punto vi starete giustamente chiedendo perché il sottoscritto sia qui a riparlarne… In tutta onestà, devo dire che la Cuvée 3A non mi ha mai colpito più di tanto. Per carità, è uno champagne molto ben fatto, fresco, croccante, ma da giovane non ha mai lasciato il segno. Poi, un annetto fa mi capita di assaggiarlo un po’ vecchio, proprio da De Sousa, non come dégorgement tardif, ma con ben otto anni passati con la propria liqueur. Quindi, il tempo sembrerebbe rendere giustizia (guarda un po’…) a questo champagne, ma non basta, perché una nuova degustazione ha reso il sospetto una certezza. Il sottoscritto e Vania Valentini eravamo a pranzo in quella pizzeria mitica che risponde al nome di Piccola Piedigrotta, la creatura del vulcanico Giovanni Mandara in quel di Reggio Emilia, quando stappiamo quasi per caso una bottiglia di Cuvée 3A. Anche questa vecchiotta (poco più di tre anni di dégorgement) e, in più, basata su quell’annata 2013 che oramai abbiamo capito essere splendida. Beh, siamo rimasti a bocca aperta…
Cuvée 3A
50% Pinot Noir, 50% Chardonnay
dég. gen. 2016 – Naso a dir poco incredibile per la sua freschezza, la sua ricchezza (agrumi, note di tisana, fiori gialli, finanche la macchia mediterranea), ma soprattutto l’impronta olfattiva che – permettetecelo! – ricorda quasi un Trebbiano di Valentini. Ma non è finita, perché un minimo di attesa ne sfuma la fisonomia, donandogli tratti più rocciosi, iodati, di pietra focaia che, al fianco dell’agrume che si fa sempre più giallo e intenso, lo indirizzano ora verso i Grand Cru di Chablis. Insomma, un naso incredibile, inaspettato, che si lascia quasi malvolentieri per procedere con l’assaggio che… fortunatamente, anche questo stupisce! L’attacco è fresco e solido, l’allungo saporito, succosamente agrumato e salino a centro bocca. È uno champagne encomiabile per bilanciamento, animato da una nobile sapidità, anche disteso e avvolgente, ricco e levigato. Possiamo definirlo appagante, anche per via del finale, lunghissimo, ancora legato agli agrumi e alla salinità. Definitivamente un capolavoro.
Voto: 96/100
(ha collaborato alla degustazione Vania Valentini)
Gli champagne De Sousa sono distribuiti in esclusiva da:
Sarzi Amadè – tel. 02/26113396 – www.sarziamade.it
Salve Alberto,
vorrei farle qualche considerazione e qualche domanda su De Sousa e la Cuvee 3A.
Leggendo i vari articoli da lei scritti riguardanti la Cuvee 3A ho notato che ha un andamento abbastanza altalenante nelle varie annate. Leggendo l’articolo dell’anno scorso, troviamo oggi una 2008 fin troppo matura che sorprende meno di una 2005 che raggiunge invece grandi livelli.
Invece in questo articolo parla di un grandissimo 3A con 3 anni post degorgement, che credo siano “la base” per apprezzare a pieno uno champagne di buon livello.
Quello che non mi è chiaro è… il grande Erick sta pian piano facendo aggiustamenti?
Non conoscendo la percentuale dei vini réserve perpétuelle utilizzata rispetto al vino dell’annata base mi sorge un’altra domanda, è uno champagne che soffre tanto l’annata? Ha così poca impronta dalla réserve perpétuelle?
Altra cosa che ho notato, detta molto tra noi, sia la Cuvee 3A che il Mycorhize hanno un prezzo davvero basso rispetto alla qualità del prodotto che offrono, a mio modesto parere.
Lei assaggiando il Mycorhize si ritrova un po nel Substance?
A suo gusto personale, apprezza di più il 3A o il Mycorhize?
Spero di essermi riuscito a spiegare.
Complimenti per questi bellissimi articoli che sono davvero un punto di riferimento per noi appassionati di grandi champagne.
Oddio quanti spunti di riflessione! Andiamo con ordine.
3A: per esperienza, posso dire che è uno champagne che ha bisogno di tempo post dégorgement e tre anni sembrano il minimo. Sarei anche tentato di dire che è uno champagne fortemente influenzato dall’annata (vedasi proprio il 2013), ma l’ottima performance del 2005 smentirebbe tutto ciò. Non so, è uno champagne che ancora non ho inquadrato del tutto ed è forse per questo che preferisco Erick con i blanc de blancs.
Evoluzione De Sousa: sì, Erick non si dà mai pace e prova, sperimenta di continuo. Gli ultimi assaggi per la prossima guida, ad esempio, hanno evidenziato minore opulenza e posso anticipare che con la vendemmia 2018 Erick ha anche fatto delle prove senza malolattica…
Prezzi: beh, ben venga, no?
Mycorhize: no, ha uno stile ben diverso dal Substance, è più fresco e minerale, ovvero meno concentrato. E ogni anno migliora, proprio grazie alla sempre maggiore profondità della réserve perpétuelle.
Mycorhize o 3A? Non c’è match, trovo il primo nettamente superiore!
Grazie dei complimenti, eh!
da poco bevuta 3A con dég. 10/2018
pensavo che fosse venuto il momento dopo 2 anni e mezzo dalla sboccatura e invece ho trovato uno champagne favoloso, di carattere, intenso. Ciò che mi ha stupito è stata la poca permanenza sui lieviti della bottiglia in mio possesso, nel senso che non mi aspettavo certo uno champagne simile con appena 18 mesi circa.
in più sto pazientemente conservando il Mychorize vendage 2017 dég. 10/2020….hold or drink?
Eccomi! Sì, ultimamente De Sousa ha ridotto la permanenza sui lieviti su quasi tutta la gamma, ma questo non ne ha affatto velato il valore.
Esatto, il 3A rischia di passare inosservato con dégorgement ravvicinato, invece diventa una bomba se si ha la pazienza di attendere e Vania ne sa qualcosa…
Il Mycorhize ha di suo il vantaggio di essere molto gradevole già dopo un anno dal dégorgement… Nel suo caso siamo un anno e mezzo… io berrei!
Mi faccia sapere