Il grande Giacomo Neri ci parla di… champagne!
Come felice consuetudine, ritorna periodicamente la rubrica Il Personaggio, stavolta dedicata a un produttore di vino. Anzi, a un grande produttore di vino, tra quelli che hanno reso celebre e celebrato il vino italiano nel mondo e non solo il Brunello di Montalcino. Già, perché sto parlando di Giacomo Neri, che nel 1991 ha preso definitivamente il timone dell’azienda di famiglia Casanova di Neri e l’ha resa uno dei nomi più noti a livello mondiale quando si parla di vino. Non è questa la sede per intavolare un discorso del genere, ma, come al solito, nemo propheta in patria: Giacomo e i suoi vini sono molto più apprezzati all’estero che in Italia. E, come al solito, tra invidie, gelosie, voglia di dare addosso al vincitore tipicamente italiane, di Casanova di Neri s’è parlato troppo spesso a vanvera. Giacomo, da quel signore qual è, non se n’è mai curato e ha continuato dritto per la sua strada e questa intelligente linea di condotta gli ha dato ragione, visto il continuo successo dei suoi vini e pure di attività più o meno correlate come il Relais Casanova di Neri, aperto da pochissimi mesi.
Da parte mia posso solo dire quello che ripeto da tempo: un vino, sia esso uno champagne o un Brunello, potrà non piacere a livello di gusto personale, e questo ci sta, ma criticarlo solo per farlo, senza argomentazioni valide, denota una pochezza che merita nulla più della celeberrima frase di Virgilio a Dante: “non ti curar di loro, ma guarda e passa”. E aggiungo che, a parte l’amicizia fraterna che mi lega a Giacomo, gli ho sempre detto serenamente cosa penso dei suoi vini, anche quando non mi convincevano, e gli ho anche detto che, Cerretalto a parte (che fa un po’ storia a sé), i suoi vini sono costantemente cresciuti negli anni, guadagnando in eleganza, marcando ancor più la tipicità, risultando alla fine anche straordinariamente bevibili, complessità a parte. È successo prima al Tenuta Nuova, proprio con l’annata 2001 (quello al top per Wine Spectator), poi al Brunello classico (il cosiddetto Etichetta Bianca) a partire dal 2007, infine al Rosso di Montalcino, da quello targato 2013. Insomma, nonostante i successi crescenti, Giacomo non si è mai cullato sugli allori e ha lavorato sodo per migliorarsi sempre, per dare sempre qualcosa in più ai suoi vini. A mio avviso riuscendoci perfettamente.
Ma siamo qui per parlare di champagne e Giacomo, come tanti produttori di vini rossi, italiani e non, non sfugge alla regola di essere anche un grande amante dello champagne. O meglio, come avrà modo di dire lui stesso nel corso di questa chiacchierata, è partito come semplice bevitore per appassionarsi man mano, così l’ho incalzato e ne è venuto fuori che…
Alberto – Domanda imprescindibile: cosa significa per te la parola Champagne?
Giacomo – Bene, è una parola che per me in passato significava un momento di festa, di celebrazione, oggi invece affianco la parola champagne all’idea di un momento per bere un grande vino. Quindi, negli anni la mia idea di champagne è cambiata.
Alberto – Allora sei convinto anche tu che lo champagne è il vino più versatile al mondo?
Giacomo – Sicuramente è un vino di grande versatilità, perché si lascia godere da giovane e, nella mia seppur piccola esperienza, ho avuto modo di godere anche di bottiglie di 20-30 anni che erano buonissime. D’altronde, a livello chimico-fisico, giustamente c’è tutto: anidride carbonica, zuccheri, acidità, il che significa avere tutte le peculiarità affinché una bottiglia si evolva nel tempo in maniera più che positiva.
Alberto – Perché, alla fine, tutti i grandi produttori di vino, come se tu, in privato bevono champagne?
Giacomo – (sorride) Io sono un produttore di vino, non grande, grande… di peso, purtroppo, e credo che un produttore di vino cerchi sempre di bere i vini buoni, anche molto buoni del mondo e lo champagne fa parte a pieno titolo dei più grandi vini in assoluto. Tutto qua. Lo champagne ha una storia secolare e, soprattutto, una qualità nel bicchiere che ti sorprende sempre.
Alberto – Parliamo un po’ della Champagne. Perché, secondo te e da viticoltore, gli champenois tendono a far invecchiare parecchio i loro vigneti, arrivando a volte addirittura a un secolo, mentre invece qui da noi, purtroppo, dopo una trentina d’anni i più espiantano per ripartire da capo?
Giacomo – Mah, per la mia esperienza, per fortuna o purtroppo abbastanza lunga, posso dire che tendo ad avere piante vecchie, perché, avendo le radici che vanno più in profondità, danno vini importanti, complessi, quindi non solo buoni, e questo si nota soprattutto nelle annate difficili. Prendiamo, a tal proposito, l’esempio di quest’annata 2017 qui a Montalcino: nelle mie vigne, le piante più vecchie soffrono molto meno la siccità perché hanno un apparato radicale più profondo, un tronco più sviluppato, sia ipogeo, sia apogeo, dove la vite ha maggiore riserva d’acqua e, quindi, sopporta meglio gli stress. Trovo, pertanto, un concetto molto giusto il cercare di allungare la vita alle piante. Però, è un aspetto generalmente figlio di una cultura secolare, com’è, appunto, la Champagne.
Alberto – Che ne pensi, adesso di questa mania quasi ossessiva di spumantizzare qualsiasi cosa in Italia (c’è addirittura chi, proprio qui ha Montalcino, ha spumantizzato, in maniera più meno velleitaria…)? Magari cercando di inseguire lo champagne…
Giacomo – Io sono molto ‘laico’ e rispetto tutti, quindi anche le varie espressioni del vino nonché quanti vogliono fare vini come meglio credono. Personalmente, però, io bevo Champagne, bevo Franciacorta, bevo Prosecco, cercando di assaggiare vini di territorio. Certo, che se in Champagne fanno vini spumanti da secoli un motivo c’è e, da parte mia, credo molto nella specializzazione della vite, del terroir: se viene un grande rosso, difficilmente potrà venire un grande bianco o viceversa. Sì, c’è la Borgogna che fa eccezione, ma nel resto del mondo credo sia così. Nel mio caso, qui a Montalcino, a Casanova di Neri, cerco di fare dei rossi buoni, a volte molto buoni – qualcuno dice anche di più – però faccio quello e basta. Dovessi fare delle bollicine, sarei… beh…
Alberto – Quindi non vedremo mai bollicine Casanova di Neri…
Giacomo – No! Potrete vedere Giacomo Neri bere bollicine, soprattutto champagne, ma farle no, assolutamente no.
Alberto – Va bene, iniziamo a farti sbilanciare: tre champagne bianchi e tre rosé che tu preferisci a livello personale…
Giacomo – Visto che si può dire… a me è piaciuto tantissimo… aspetta, fammi fare una premessa. Devo dire che non ho grande conoscenza dello champagne e devo ringraziate te per avermi acculturato, altrimenti avrei bevuto sempre i ‘soliti’, così leggendo la guida Grandi Champagne ho veramente scoperto un mondo, la tua guida mi ha aiutato tanto a capire di più lo champagne. Mi chiedevi, però, tre champagne bianchi: allora, prima di tutto, un ‘cult’ della mia vita è e rimane Dom Pérignon. A me piace. Tanti mi dicono “ah, Dom Pérignon, ma, ma…”, non mi interessa, a me piace! È uno champagne che mi dà sempre grande soddisfazione. Poi il Cristal, anche se ci sono anche in questo caso quelli che mi dicono “i soliti nomi, sei un parvenu”. Non me ne curo, a me piacciono questi champagne, li trovo grandi e sono eccezionali anche dopo 25 anni. Terzo – e va bene, a questo punto diranno proprio che sono banale… – Krug! A me, i vecchi Krug come il 1988 e il 1990 mi fanno impazzire: quando li trovo cerco di non farmeli scappare, anche perché ogni volta che li ribevo mi emozionano. Sono veramente eccezionali…
Alberto – Però ti costringo a sbilanciarti: hai detto bene, i ‘vecchi’ Krug… Ma Krug oggi?
Giacomo – Non lo bevo così spesso, quindi non saprei dirti. Bevo molto raramente la Grande Cuvée e quando bevo Krug cerco sempre di andare su annate un po’ vecchie, anzi, posso dire di non bere mai annate recenti, quindi non riesco a risponderti. Tornando alla domano di prima, però, ve bene, sarò pure banale, ma questi tre mi piacciono moltissimo. Punto.
Alberto – Onestissimo e nient’affatto banale: chi può dire che non siano grandi champagne? Va bene, passiamo ai tre rosé!
Giacomo – Anche se ultimamente lo bevo meno, non posso non citare Billecart-Salmon: è sempre uno champagne che mi piace, anche se, forse, ero diverso io: qualche anno fa mi entusiasmava, mentre oggi lo bevo volentieri. Poi, poi… l’altro giorno ho bevuto un Taittinger rosé e mi è piaciuto… ah, giusto, mi chiedi se Comtes o non millesimato, hai ragione. Beh, era quest’ultimo ed era proprio buono. D’accordo, è uno champagne che non ti fa saltare dalla sedia, me è ben fatto, bello, con la sua rotondità, la sua acidità, pure la sua profondità. Insomma, il Rosé Prestige di Taittinger m’è piaciuto molto. Poi, infine, Egly-Ouriet, notevole.
Alberto – Non ti chiedo lo ‘champagne da isola deserta’ perché ho capito che sarebbe uno di quei tre (Dom Pérignon, Cristal e Krug), però ti chiedo lo champagne che ti ha sorpreso maggiormente, quello che ti ha colpito e che non conoscevi…
Giacomo – Lo ripeto, non ho una grandissima conoscenza, però mi ha particolarmente colpito Agrapart. Ero a Bratislava, dal mio importatore locale, portò questa bottiglie coperta e… accidenti che champagne! Non ricordo l’annata, ma mi sembra fosse un Avizoise. Beh, buonissimo, rimasi piacevolmente sorpreso.
Alberto – Ti piace anche pasteggiare con lo champagne? E, da toscano, è vero che con la carne rossa il Brunello è, come si dice, ‘ la morte sua’? Anche se credo personalmente che ci siano anche alcuni champagne da carne rossa…
Giacomo – Su quest’ultimo aspetto teoricamente sì, praticamente no. Per me lo champagne è da ‘entrée’, anche se importantissimo e pur potendo certamente essere da tutto pasto, ma nella mia cultura – io sono di cultura ‘antica’, o meglio, tradizionale, classica… – vedo lo champagne come grande aperitivo o vino d’ingresso. Quindi, va bene iniziare con lo champagne, ma dopo, per me, ci vuole il rosso. E poi su una carne, mi spiace, ma devo bere rosso: ovviamente Casanova di Neri se Brunello, ma un Barolo, un Bordeaux o un Bourgogne vanno bene lo stesso.
Alberto – Va bene Giacomo, siamo arrivati alla fine. Ti ringrazio, ma con cosa brindiamo?
Giacomo – Con Casanova di Neri! Con un Brunello Tenuta Nuova… Mi spiace (ride), ho grande rispetto per lo champagne, ma noi brindiamo con Casanova di Neri!
Ciao Alberto, complimenti come sempre per l’articolo. Quali sono secondo te gli champagne da carne rossa?
Carpacci e tartare o addirittura griglia?