Vilmart e l’annata 2001: miracolo o bravura?
Su queste pagine, così come nelle varie edizioni della guida Grandi Champagne, il nome Vilmart è sempre stato ricorrente e lo è stato in maniera lusinghiera. D’altronde, ho detto e ridetto più volte che lo ritengo non solo tra i migliori récoltant-manipulant, ma tra i migliori produttori di champagne in assoluto. Mi avvicinai a questa piccola ma splendida realtà di Rilly-la-Montagne, villaggio Premier Cru (classificato al 94%) della parte nord della Montagne de Reims, una quindicina di anni fa, dopo aver letto un articolo di Tom Stevenson che non semplicemente lo esaltava, ma lo definiva addirittura “un piccolo Krug”.
Ebbene, da allora ho studiato da vicino Vilmart, sono finito per diventare amico di Laurent Champs (il deus ex machina della maison), ho assaggiato e riassaggiato i vari champagne, vecchi e nuovi, convincendomi definitivamente dell’eccellenza di questo nome. Però, posso dire che ci sono stati tre champagne che mi hanno veramente colpito: il Cœur de Cuvée 2008, visto da vicino su queste pagina qualche mese fa, una vecchissima (secondo Laurent base 1969 o 1970, poi degorgiata intorno al 1973…) Grande Réserve in forma a dir poco strepitosa (e senza considerare il fatto che si tratta del più semplice dei sans année di Vilmart!) e, infine, un’altra Cœur de Cuvée, ma 2001. Già proprio così. La 2001 è stata una pessima annata in Champagne – estate molto difficile, troppa pioggia a settembre, muffe – soprattutto per quanto riguarda i millesimati, al punto che gli ‘champagne vintage’ prodotti non arrivano neanche a una decina e, di questi, la maggior parte non hanno proprio lasciato il segno. Due, però, sono emersi prepotentemente, per il coraggio dei produttori e l’eccezionalità dei vigneti. Di chi si tratta? Del Clos des Goisses 2001 e, appunto, del Cœur de Cuvée 2001.
Questo champagne, che rappresenta la massima espressione di Vilmart e la summa della abilità di Laurent Champs, è di fatto un lieu-dit, viso che è prodotto con le uve della parcella ‘Les Blanches Voies’, oggi forte di quasi 60 anni d’età. Ecco, Vilmart, oltre alla conduzione assolutamente organica (è certificato Ampelos e HVE 3), privilegia pure le vecchie vigne, con una media prossima ai 40 anni: produrrà un po’ meno, ma la qualità delle uve è ovviamente eccezionale. Ma non basta, perché il Cœur de Cuvée, come il nome lascia facilmente intuire, è frutto solo della parte migliore della cuvée (circa 1.400 su 2.050 litri di mosto), poi fermentata in barrique di Bourgogne usate. Seguono tiraggio di sole – purtroppo – 5.000 bottiglie, sei anni sui lieviti e un dosaggio sugli 8 g/l.
Cœur de cuvée 2001
20% Pinot Noir, 80% Chardonnay
Naso certamente in linea con lo stile dell’etichetta, quindi ricco, al punto che si stenta a credere sia un 2001. Ha un bel frutto tendente al tropicale, una vivace freschezza di origine agrumato/minerale e, forse a tradire l’annata, la componente di frutta secca più sul versante delle tostature che delle grassezze, oltre a uno spunto di sottobosco verso il fungo. A voler cercare il pelo nell’uovo, il legno è appena più avvertibile del solito, anche se, va detto, molto ben integrato. Attacco in bocca vellutato, quasi vinoso, con una bollicina finissima e una freschezza spiazzante, ora anche di origine officinale. È coerente con il naso, oltre a note piccantine, ma rivela un’eleganza che non può assolutamente lasciare indifferenti. Un’eleganza che maschera solo in parte l’annata, perché si avverte non tanto una carenza di polpa, quanto più a una struttura, a un’ossatura un po’ sottotono, che, quindi, tendono a dare una lieve sensazione di diluizione. Ma lo sviluppo lineare, in souplesse, e il finale brillantemente scorrevole e salino rendono questo champagne veramente piacevole. Senza contare il fatto che questo champagne ancora deve raggiungere il suo picco…
Voto: 91/100
Miracolo o bravura, dunque? Bravura di Laurent Champs, certamente, per come conduce le vigne e per come lavora in cantina, ma anche un po’ di fortuna: lo Chardonnay matura prima del Pinot, quindi nel 2001 ha sofferto un po’ meno la pioggia arrivata battente nella seconda parte della vendemmia. Pertanto, essendo il Cœur de Cuvée fatto per la maggior parte di uva bianca… Insomma, uno champagne giustamente figlio della sua annata, ma anche ben superiore a questa, proprio per via del felice connubio tra vigna e mano dell’uomo.
Bravo Laurent, chi osa – consapevole dei propri mezzi – vince!
Gli champagne Vilmart sono distribuiti in esclusiva da:
Teatro del Vino – tel. 055/8811394 – www.teatrodelvino.it
Gent.mo Sig. Lupetti,
complimenti per la Sua competenza e la Sua precisione nel citare anche i piccoli lieux-dits della
Champagne. Per questo motivo mi permetto di farLe una piccola osservazione, anche se insignificante, sull’esauriente descrizione dello Champagne Vilmart. Ha parlato dell’uso di
barrique di Borgogna, mentre, data la Sua meticolosità, poteva scrivere il termine esatto con
cui si usa chiamare la piccola botte di 228 lt in Bourgogne e cioè Pièce Bourguignonne. Peraltro
anche nella descrizione del Clos des Goisses, sempre precisa e dettagliata, ha parlato dell’uso di barriques, ma nella Champagne si chiamano Pièces Champenoises e contengono 205 lt.
Mi scusi per il piccolo appunto e di nuovo complimenti.
Cordiali Saluti
Paolo Vincampos
In effetti, sono uso riservare il termine ‘pièce’ alle sole champenois…
In diretta da Londra con un calice di Vilmart nella mano sinistra. Oggi per pranzo ho stappato un Grand Cellier (70% Chardonnay, 30% Pinot noir, degorgiato nel settembre 2015). Pur non trattandosi della cuvée de prestige della maison, devo ammettere che mi ha stupito sin dal primo contatto olfattivo. Un’esplosione di aromi floreali tendente all’agrumato. In bocca l’ho trovato molto opulento ricordandomi a tratti il Bollinger, a cui non ha davvero nulla da invidiare. Davvero una bellissima scoperta, sono contento! Ora sono curioso di provare il “fratellino” 70% Pinot noir e 30% chardonnay.
Qualche settimana fa ho finalmente capito cosa vuole dire far riposare lo champagne in cantina. Lo scorso anno avevo comprato un paio di bottiglie di blanc de Blanca da un piccolo produttore (Lucien Leblond) degorgiate nel 2015. Aperta una lo scorso agosto sembrava di bere una Sprite con tutta la sua carica di anidride carbonica…. l’altra aperta solo settimana scorsa, tutt’altra categoria. Me lo sono proprio goduto.
Sante e buon weekend a tutti voi!
Cosimo
Che aggiungere? Santé!
E grazie dei preziosi contributi.