Una giornata (indimenticabile) alla Louis Roederer: il ‘dietro le quinte’
(II PARTE)
Come promesso, ecco la seconda puntata del racconto della mia esperienza alla Louis Roederer. Stavolta entriamo in una dimensione un po’ più tecnica, andando a scoprire i ‘segreti’ della maison di Reims, o meglio la genesi dei suoi champagne. Quindi, prima dell’assaggio dei vins clairs, facciamo una breve visita alle cantine…
Nelle caves Roederer si respira la storia: si va indietro di due secoli, ma da subito s’intuisce che questa maison già allora era molto una ben organizzata. Ci troviamo solo a un metro sopra la falda freatica della città di Reims e la temperatura è di undici gradi, tutto l’anno, senza sbalzi, oscillazioni, ed è qui che invecchiano le nobili bottiglie di champagne. Jean-Baptiste Lécaillon spiega che nella cantina in cui ci troviamo vengono prodotti i millesimati, mentre di fronte si trova l’altra cantina, quella destinata alla produzione del Brut Premier. Gli enologi in cantina sono sei e, fatto abbastanza curioso, i tre che si occupano dei millesimati sono donne, mentre i tre che si occupano del Brut Premier sono uomini. Penso che sempre più donne assumano ruoli importanti nella Champagne… ora, come allora.
Qui arrivano i mosti ottenuti nei tre centri di pressatura, poi conservati separatamente in 450 tini termoregolati in acciaio ognuno dei quali conterrà una parcella, che rimarrà divisa dalle altre fino al momento dell’assemblaggio. L’enologo, ci viene spiegato, deve conoscere alla perfezione ognuna di queste: il suo compito sarà di lasciarle esprimere al massimo delle proprie possibilità. Questo si traduce in degustazioni assidue e una classificazione costante e meticolosa per famiglie di aromi, sapori e temperamenti fino al momento dell’assemblaggio. Per quanto riguarda le uve migliori della proprietà, circa il 30% del totale, la fermentazione alcolica ha invece luogo in tini tronco-conici di quercia con frequenti bâtonnage. Inutile ricordare che i Vintage sono figli di un’annata, di vigne specifiche e di suoli particolari, mentre il Brut Premier è la firma della casa, proprio per questo motivo dev’essere una costante ed è indispensabile che l’enologo ne abbia piena consapevolezza. Chi si occupa dei sans annèe non può occuparsi anche dei millesimati: entrambi, spiega Lécaillon, necessitano di un esercizio e di un’impostazione mentale completamente diversi, che non possono essere in alcun modo intercambiabili.
Per 9 mesi su 12 si lavora sui vini a livello di parcelle e solo nei rimanenti 3 ci si occupa degli assemblaggi: non si segue mai una ricetta fissa, ma si fanno prove e la combinazione è sempre diversa. Qui, come nel calcio, la migliore squadra non sempre è fatta dagli undici migliori giocatori del mondo: a volte, sono proprio quelli meno importanti a fornire il contributo decisivo. Personalmente non ne capisco molto di calcio, ma è piuttosto chiaro quello che vuol dire Jean-Baptiste: se scegliamo di assemblare solo i vini migliori al fine di ottenere il miglior champagne facciamo un grosso errore. Si va invece per tentativi e si degusta sempre alla cieca: “questo è l’unico modo – afferma – per rimettere ogni volta in discussione tutto, farsi venire dei dubbi, ma anche per confermare che le impressioni avute erano buone”. Ci svela, inoltre, che il 1996 è stato un anno decisivo per la Louis Roederer: è stato messo fine a un ciclo e se n’è iniziato uno nuovo. Si fece, infatti, un errore vendemmiando troppo presto con il risultato che il mosto non diventò pieno, ricco e succoso come avrebbe dovuto essere. In quell’occasione, ci si accorse che l’acciaio aveva dei limiti e bisognava tornare al legno e così oggi alla Louis Roederer troviamo, oltre ai suddetti tini, anche ben 150 botti con capacità tra i 40 e i 96 hl, prodotte con le querce delle migliori foreste d’Europa. In queste botti sono conservati i vins de réserve che saranno utilizzati per ‘correggere’ le differenti annate di Brut Premier: l’equivalente di 1.000.000 di bottiglie. Come sappiamo, il Brut Premier è in realtà un multi-millesimato: è realizzato con il contributo dell’ultima annata fino al 70%, pertanto l’influenza dell’annata sarà ‘ammortizzata’ dai vins de reserve affinché la qualità rimanga costante. In numeri: 1.000.000 di bottiglie, immobilizzate, che servono per fare oltre 2.500.000 del prodotto meno costoso… “Pura follia!” esclama Massimo Sagna.
Proseguiamo e Lécaillon ci spiega, mentre ci mostra l’imbottigliamento del Vintage Rosé e l’aggiunta della liqueur de tirage, che amano le pressioni contenute; conseguentemente, si sta piuttosto bassi di zucchero durante l’operazione del tiraggio. È una scelta della maison perché, come ha ripetuto più volte Jean-Baptiste, qui non vogliono esaltare l’effervescenza bensì il vino! Inoltre, la quantità di lieviti messi nella bottiglia è circa la metà di quelli normalmente utilizzati in Champagne: non vogliono, infatti, che questi alterino il gusto, in alcun modo. Solo nelle annate meno favorevoli e magre, ci si servirà dell’ausilio dei lieviti in modo da “riempire il vino”. Altro dettaglio che non è passato inosservato a noi tutti ma che è giusto ricordare (in Roederer, se non espressamente richiesto, non ne parlano…) è l’aggiunta di solforosa, che qui è bassissima: solo 15 mg/l per il Cristal Rosé e 18 mg/l per il Cristal. Jean-Baptiste ci fa notare che, non svolgendo malolattica, è oltretutto pericoloso aggiungere solforosa, poiché i solfiti legandosi all’acido malico indurirebbero il vino rendendolo sgradevole.
Un’ultima curiosità: nelle annate calde e molto soleggiate c’è bisogno di aggiungere qualcosa che dia slancio e freschezza; ci si rivolge così ai Pinot Noir di annate fresche. Al contrario, nelle annate fredde e un po’ carenti si aggiungono gli Chardonnay vecchi per arricchirne la struttura.
Passiamo ai vins clairs: avere la possibilità di assaggiare il vino prima che le bollicine vadano a ricamarne la trama e provare a immaginarne la sua evoluzione nel tempo è sempre un’esperienza unica, una piacevole incursione nel magico mondo dello Champagne. Ma non è certo un esercizio facile: bisogna coglierne e capirne la grandezza e il valore quando il vino è ancora incompiuto e senza l’integrazione dell’elemento che lo differenzierà da tutti gli altri cioè le bollicine.
Come sappiamo, la 2015 si è confermata un’annata straordinaria e, a detta di alcuni, sarà addirittura l’annata del secolo… Da parte mia posso solo dire, dopo aver assaggiato i vins clairs, che si rimane colpiti da subito dalla vibrante energia e dalla materia piena e rigorosa, nonché dalla straordinaria freschezza, qui amplificata dalla quasi sempre costante assenza della malolattica. Almeno in Roederer…
Iniziamo con i Meunier di Vandières e Venteuil, provenienti da vigneti esposti a Sud: al calice sono ramati (ricordiamo che in Roederer non si filtra e che le fermentazioni decolorano) cedono un po’ sull’allungo ma il sorso rimane pieno, fruttato, fresco e salino. Il primo è appena più chiuso e leggermente più corto del secondo che si esprime invece con più trasparenza e decisione. Continuiamo con i Meunier esposti a Nord. Emergono ora note più raffinate, acidule e speziate: Lécaillon ci fa notare che il Villedommange, a differenza del Rilly-la-Montagne, cresce in una zona più sabbiosa e troviamo, infatti, proprio la maturità e la leggerezza delle sabbie.
Dopo i Meunier, passiamo ora ai Pinot Noir dei vigneti di proprietà: Hautvillers, Cumières, Mareuil-sur-Aÿ (quest’ultimo, biodinamico). Se prima nei Meunier trovavamo la freschezza e il frutto, qui troviamo la mineralità. Al palato sono, infatti, salini, persistenti e le note ‘crayeux’ si percepiscono sia al naso sia al palato. La freschezza è prorompente, così come le note saline, decise. Sono vini che si sviluppano in ampiezza e lunghissimi. Domandiamo quanto la biodinamica influisca sui vini e Jean-Baptiste ci risponde che l’uva biodinamica apporta nel vino maggiore stoffa, freschezza e un finale più preciso e nitido. Noi troviamo, però, che in questo vino ci sia qualcosa in più: tanta energia e una freschezza data certamente dall’acidità, ma soprattutto dalla materia. Qualcuno, inoltre, domanda se esista alla Louis Roederer uno champagne da uve tutte biodinamiche. Lo chef de cave risponde che questa è la prima vendemmia che vedrà il il Cristal 100% biodinamico (il Cristal Rosè lo era già). Ho l’ennesima conferma che questi dettagli, se non sono richiesti, la maison non li ostenta e mi rendo conto che sono ancora sconosciuti alla maggioranza degli appassionati.
Jean-Baptiste aggiunge che i vini biodinamici degustati alla cieca sono facilissimi da individuare, soprattutto se si tratta di Pinot Noir; “con lo Chardonnay – aggiunge – si fa più fatica”. Ma proseguiamo. Bouzy si trova un po’ più a Nord rispetto agli altri e generalmente matura prima; quest’anno, paradossalmente, l’ha fatto dopo. Troviamo, infatti, un carattere insolitamente più fresco, quasi vegetale, nonostante Bouzy generalmente sia strutturato. Appare, inoltre, in debito di profondità, sarà destinato quindi al Brut Premier.
Verzy e Verzenay, molto vicini tra di loro, apportano invece dolcezza, energia, eleganza e vibrazione. Il Pinot Noir di Verzenay, da suolo calcareo, sarà utilizzato nel Cristal. Ha una bellissima struttura, sfaccettata e complessa, ed è elegantissimo. Verzy è un po’ meno interessante, seppur anch’esso abbia un suo stile, una sua personalità e insieme con gli altri potrà dare un grande contributo, dice Lécaillon. “Fatto alquanto strano – aggiunge – i Pinot Noir quest’anno potrebbero essere confusi con gli Chardonnay poiché sono tutti giocati sull’eleganza…”.
Passiamo ora proprio agli Chardonnay. Come ha fatto notare Alberto nel racconto della sua ultima visita a Louis Roederer, questa è l’unica maison che fa assaggiare gli Chardonnay dopo i Pinot Noir. Al contrario degli altri, loro ritengono che, oltre il carattere agrumato che dona certamente freschezza, la texture, lo spessore, la stoffa dello Chardonnay siano poi molto più importanti del Pinot Noir. Lo Chardonnay di Sézannes ha fatto la malolattica e sarà destinato al Brut Premier, quello di Chouilly invece non l’ha fatta e sarà destinato al millesimato. Il primo è più caldo, seduto, ha meno slancio; il secondo è più citrino, più verticale, più ‘duro’, ha tensione e si presta alla longevità. Il primo sarà bevuto fra tre anni, l’altro fra sei. Vertus è ampio, grasso, quasi esotico, corpulento e con molta freschezza, Le Mesnil-sur-Oger è ricco e potente, mentre Avize è il più elegante, fine e preciso.
Passiamo ai vini che intervengono nella composizione del Brut Premier, anche se solo per l’1%, ma tale da cambierlo radicalmente: lo Chardonnay di Verzenay 2013 apporta energia, tensione, freschezza agrumata; il Pinot Noir di Cramant 2012 ha nitidi sentori di roccia e profondità, lo Chardonnay di Avize 2009 ha freschezza, acidità, nerbo e vibrazione ed è incredibile, la bocca non ha mai un cedimento. Tutti vini che non saranno mai utilizzati prima di 3-4 anni.
Qualcuno domanda quanti sono gli assaggi fatti prima del momento decisivo, cioè dell’assemblaggio finale. Lécaillon ci spiega che a novembre e dicembre sono classificati i vini, a gennaio si conferma questa classifica riassaggiandoli, dopodiché si ricomincerà con le proposte di assemblaggio e si andrà avanti fino a fine aprile. Ovviamente, s’inizierà prima con il Brut Premier perché è il più ‘semplice’ di tutti.
Ma eccoli, finalmente, gli assaggi degli assemblaggi finiti:
Brut Premier 2015
Alcuni dati: 44% Pinot Noir, 18% Meunier, 62% Chardonnay, il 6,5% di questi vini appartiene a vins de reserve. C’è inoltre un 24% che non è stato chiamato vins de reserve poiché non ha fatto passaggio in legno: sono vini di circa due anni che sono stati conservati in tini d’acciaio. Troviamo, dunque, 2/3 dei vini della vendemmia 2015 e 1/3 di annate precedenti; il 26% del totale ha svolto la malolattica.
Note di degustazione: bocca pulita, precisa, di grande spessore, ben ricamata. Grandissimo equilibrio sin d’ora.
Rosé 2015
Raffinato, freschissimo e intriso di sale e frutta, godibilissimo già così.
Brut Nature 2015
È già completo, equilibrato, pieno, energico, vibrante e lunghissimo. Assaggiando questo vin clair si capisce perfettamente perché questo vino non abbia bisogno di dosaggio alcuno…
Vintage 2015
Rotondo, voluminoso, minerale, vibrante e ampio. Nitide note di susina nel finale.
Blanc de Blancs 2015
Freschezza prorompente, fruttato ed energico, tanta mineralità ‘gessosa’.
Cristal Rosé 2015
Elegantissimo, fruttato e minerale, netti riscontri di agrumi, quasi esotico, dalla grandissima purezza e pulizia. Finale di ribes.
Cristal 2015
Vivo, freschissimo, minerale, sapido e nitido, dalla texture precisa, mai un’increspatura. Inarrestabile l’allungo. Notevole.
Concludendo, nell’insieme tutti noi siamo concordi nell’affermare che la 2015 sarà davvero un’annata eccezionale. Almeno da Roederer, come detto. Noi cercheremo di memorizzare tutte queste sensazioni e attendere l’uscita di questi vini: sarà davvero emozionante ritrovarle fra qualche anno, immutate, nelle mitiche bottiglie griffate Louis Roederer.
Nella prossima e conclusiva puntata, invece, vi racconterò l’assaggio di alcune annate di Cristal…
Gli champagne Louis Roederer sono distribuiti in esclusiva da:
Sagna – tel. 011/8131632 – www.sagna.it
Ciao Sonia
complimenti per l’articolo. Lineare e “dritto”,termine ormai consueto nella terminologia dello Champagne.
Ho letto che per i millesimati di Roederer la scelta viene effettuata da tre enologhe donne. Noto che le donne stanno impossessandosi sempre più dello Champagne.Hanno una maggiore sensibiltà sensoriale e olfattiva secondo te?
Volevo chiederti un parere sull’annata 2014. Com’e’ stata? Ci sono maison che usciranno con un grande millesimato?
Essendo stato un anno particolare per me vorrei acquistare delle bottiglie di tale annata.
Cordiali saluti
Luca Arisi
Rispondo io in luogo di Vania…
La 2014 è stata un’annata discreta in Roederer, in linea con la 2010. Quindi meglio di 2011 e 2013, ma nettamente inferiore a 2012 e 2015. Però ancora non è dato sapere se la maison uscirà con i millesimati di quest’annata. Comunque, c’è tempo…
Buongiorno Luca,
grazie per i complimenti.
Alberto le ha già risposto in merito all’annata 2014, io rispondo alla sua domanda: mi chiede se le donne possiedono una maggiore sensibilità sensoriale e olfattiva rispetto agli uomini…. beh, io non credo. Per quanto mi riguarda i più grandi e sensibili degustatori che ho avuto modo di conoscere fino ad oggi, sono tutti uomini; ho anche riflettuto diverse volte su questo aspetto, ma ancora non sono riuscita a darmi delle risposte. Credo invece entrino in gioco altre caratteristiche, spesso sottovalutate, prettamente femminili: la tenacia, la determinazione e la capacità di rinnovarsi. Che, insieme alla sensibilità, non possono che portare a grandissimi risultati.
Non mi addentro nel contenuto dell’articolo perchè sono totalmente inesperta di champagne, anche se, leggendo qui e là, mi sto appassionando……sempre da profana!
Invece oso chiedere una consulenza al signor Alberto Lupetti , così disponibile e paziente anche di fronte a domande inappropriate: sistemando la mia cantina, ho ritrovato delle bottiglie di champagne molto vecchie, alcune addirittura risalenti al 1949, ben conservate; non essendo interessata a collezionarle, ho pensato di venderle, anche se non so se siano commerciabili, né conosco minimamente il loro valore ; prima di praticare tale scelta, vorrei sentire il Suo competente parere.
Tra le bottiglie cito quelle che mi sembrano più pregiate:
– Champagne Louis Roederer, Reims, Brut 1949
– Champagne Charles Heidsieck, Reims, circa della stessa epoca, in quanto reca la scritta “Purveyots of Champagne to His late Majesty King George VI”.
– C’è anche un Ferrari Brut Methode Champenois, Giulio Ferrari, Trento, circa delle stesse annate.
Resto in attesa della Sua risposta, La ringrazio e Le porgo cordiali saluti
Buongiorno,
ho visto le foto che mi ha mandato e devo dire che, per essere bottiglie così vecchie, lo stato di conservazione è buono. Il problema è un altro: sapere come sono state conservate queste bottiglie durante tutti questi anni. E sapere il livello del vino dentro la bottiglia, purtroppo non visibile dalle foto.
In linea di massima:
– Louis Roederer: gran bella annata per il classico millesimato della maison. Però non è il Cristal, quindi il valore non è elevato. Potrebbe teoricamente collocarsi sui 200 euro, ma, come detto, dipende da come è stata conservata la bottiglie negli anni (sempre in cantina per oltre mezzo secolo?) e dal livello del vino.
– Charles Heidsieck: è un non millesimato, quindi, a prescindere da conservazione e livello, ha un valore puramente affettivo. Nel senso: lo tiene come ricordo, oppure trova un amatore che desidera la bottiglia come cimelio. Potrei al limite sentire la maison se fossero interessati dal punto di vista storico, ma dopo aver valutato meglio lo stato della bottiglia.
– Giulio Ferrari: riesce a mandarmi un paio di foto sulla stessa mail dove ha inviatole altre?
Grazie