Viaggio nel tempo con il raffinato Amour de Deutz
Nel 1993 Louis Roederer acquistava Deutz, antica maison di Aÿ dalla solidissima reputazione, ma all’epoca in una fase non proprio brillante. Jean-Claude Rouzaud, da quel grande uomo della Champagne qual è, appena acquistata la maison decide di mettervi a capo il suo braccio destro, Fabrice Rosset. E fa una cosa che nessuno ha mai fatto: conferisce a Fabrice, e quindi alla maison, la più totale indipendenza. Questo significa che non ci sarà alcun legame tra Deutz e Roederer, neanche un fronte comune nell’approvvigionamento delle uve (cosa, invece, assolutamente normale, per non dire necessaria, in tutti gli altri casi simili), men che meno nella produzione. Insomma, Fabrice ha mano libera in tutto e per tutto e deve solo rispondere agli azionisti, quindi alla famiglia Rouzaud. Con il senno di poi, Monsieur Rouzaud ha avuto pienamente ragione, perché, sotto l’abile guida di Fabrice, Deutz non solo è cresciuta in quantità (da mezzo milione di bottiglie annue a poco più di 2,2 milioni di oggi), ma anche in qualità, per non parlare dell’introduzione di nuovi champagne come l’Extra Brut, il recentissimo Amour Rosé e, naturalmente, lo stesso Amour. Già, perché all’arrivo di Fabrice l’Amour non esisteva…
Se nel vino i tempi sono lunghi, nello champagne lo sono ancora di più, così, appena preso il timone della maison, Fabrice Rosset pensa già al 2000, una ricorrenza importante, fortemente simbolica. Mentre era in Roederer, in occasione dell’eccezionale vendemmia 1990 suggerì a Jean-Claude Rouzaud di fare una cosa mai fatta prima: tirare alcuni inediti mathusalem di Cristal, da lanciare poi solo nel 2000 in occasione del nuovo millennio. E fu proprio lui a far realizzare esclusive bottiglie da 6 litri con il ‘2000’ a rilievo. Un colpo di genio: oggi uno di quei mathusalem vale più di 15.000 euro! Pure in Deutz vuole fare subito qualcosa di speciale, così pensa a una nuova cuvée da lanciare, appunto, solo nel 2000. Deutz è fortemente legata al Pinot Noir, però un blanc de noir millesimato fu già prodotto in passato e, comunque, la nobile uva nera era (ed è) già protagonista nell’assemblaggio del William Deutz, la cuvée de prestige della maison. Che fare, allora? Beh, Fabrice pensò a qualcosa di ben diverso, quasi antitetico, quindi a un ‘super blanc de blancs’… E se l’impiego dello Chardonnay in purezza può sembrare strano in quel d’Aÿ, basti ricordare che sin dagli anni ’60 Deutz produceva (e produce tuttora) un blanc de blancs millesimato… Insomma, si trattava ‘solo’ di estremizzare quell’esperienza!
La 1993 è anche una bellissima annata, così il progetto di Fabrice Rosset prende subito forma: si selezionano le migliore uve bianche, non solo nella Côte des Blancs (nel caso, i villaggi Grand Cru di Avize e Le-Mesnil, ai quali Deutz è particolarmente legata), ma anche nel Premier Cru di Villers-Marmery (nella parte più orientale della Montagne), nel rispetto di quel ‘mix’ Côte/Montagne già presente nel blanc de blancs millesimato. Il tutto per dare quel tocco di vinosità, visto che lo stile Deutz è fresco ed elegante, addirittura raffinato più che meramente leggero, senza mancare di una certa vinosità, il tutto al fianco di una bollicina a dir poco splendida. Ecco, leggerezza e vinosità possono sembrare due elementi in netta contrapposizione “e, in effetti lo sono – spiega lo chef de cave Michel Davesne – ma possono convivere felicemente grazie all’arte dell’assemblaggio, cosa che cerchiamo di fare in Deutz grazie all’armonica unione di diversi elementi (vini, N.d.A.). Non dimentichiamo che lo champagne è un vino, nel quale la freschezza, l’eleganza, la facilità di beva diventano protagonisti”. Ecco nascere dunque questo nuovo champagne, che magnifica l’eleganza dello Chardonnay al fianco di una certa consistenza palatale, replica la bottiglia del William ma trasparente (bottiglia che sarà poi man mano estesa a tutta la gamma, com’è oggi), viene battezzato Amour de Deutz, in onore della statuina nel cortile della maison.
La mia consueta visita di gennaio alla maison è stata l’occasione di riassaggiare alcune tre le più belle annate di quella che forse più dello stesso William è la vera cuvée de prestige di Deutz (dalla vendemmia 1999 proposta anche come mathusalem da collezione…). Una verticale Deutz strepitosa!
Amour de Deutz
100% Chardonnay
(uve di Avize, Le-Mesnil e Villers-Marmery in proporzione variabile di anno in anno; 7-8 anni sui lieviti e dosaggio intorno agli 8 g/l)
2008
(anteprima di questa grandissima annata, per ora lanciata solo come 375 ml nel cofanetto Trio insieme ad Amori Rosé e William, la classica bottiglia uscirà non prima del 2017)
Nonostante il formato, l’Amour 2008 dimostra il suo valore già al naso, inizialmente velato da una nota di miele, ma poi ricco, cremoso e invitante. Bellissima bocca, elegante, morbida senza essere molle, gustosa, soprattutto di eccezionale equilibrio. Ha note di frutta secca, soprattutto nocciola, e un bel finale minerale. Molto, ma proprio molto buono. Sarà uno dei più grandi Amour mai fatti. Non avrei mai pensato di valutare tanto una ‘mezzina’…
Voto: 95/100
2006
Per quest’annata, che sta arrivando ora sul mercato, vi rimando all’attuale edizione della guida di Grandi Champagne.
Posso comunque dire che, anche in questo caso, si tratta di uno dei migliori Amour in assoluto, che per Fabrice Rosset “ricorda lo stile del primo, il 1993”, per Vania Valentini è “seducente e raffinato”.
Voto: 94/100
2005
Se mi aveva lasciato perplesso, peraltro come tutti i 2005, in occasione degli assaggi dell’edizione 2014-15 della guida, a oltre un anno di distanza l’Amour 2005 mi aveva poi letteralmente stupito, facendomi ricredere. Molto acutamente, in Deutz hanno evitato la concentrazione per compensare i limiti dell’annata, per questo motivo è certamente meno slanciato, meno incisivo dei due precedenti, ma fresco e disteso, con una piacevole leggerezza che ne esalta la bevibilità. Complice anche il dosaggio perfettamente integrato. Il tempo continua a dargli ragione: si riconferma.
Voto: 93/100
2002
La prima bottiglia assaggiata era decisamente deludente. Non si trattava di ‘tappo’, bensì del più infido ‘goût lumière’… Infatti, la seconda bottiglia ha rivelato tutto il grande valore di questo champagne, brillante, tostato e minerale al naso, freschissimo al palato, capace di sfoderare insieme e allo stesso tempo eleganza e potenza. Per certi versi mi ricorda il Cristal della medesima annata: buonissimo oggi, ma, per via dell’oggettiva, notevole potenzialità di invecchiamento, straordinario domani. Fabrice Rosset fa notare che “ricorda un Meursault”.
Voto: 94/100
1999
Il naso si apre con una certa maturità, ma con le vecchie annate sappiamo che ci vuole pazienza. Così, ecco venir fuori il fungo, ma un fungo fresco, quindi il sottobosco, un frutto che ricorda la Mirabelle, note fumé e una splendida mineralità proprio di craie. Bocca polposa, o meglio, cremosa, ma anche tesa per via di un’ideale spalla acida, pertanto fitta ma vivace, profonda, per certi versi scura (ma non cupa…), con un’ombra appena di miele e una chiusura nitida e intensa di mineralità, ancora una volta a richiamare nettamente la craie. È uno champagne sorprendente, complesso e sofisticato, piacevolissimo, soprattutto lontanissimo dalla natura – calda – dell’annata. Una sorpresa.
Voto: 96/100
1995
(prevalenza di Le-Mesnil, tiraggio ‘bouchon liège’, dégorgement 2012)
Chi segue questo sito sa quanto ami l’annata 1995 e infatti… Splendido naso, fitto, intenso, complesso, integro, elegantissimo, concentrato sul frutto, nel senso che questo è il cuore pulsante dell’olfatto, incapsulato dagli agrumi, dalle note di brioche e dalla mineralità. Ancor più coinvolgente il palato, rotondo e vellutato, valorizzato da una bollicina forse addirittura superiore alla media Deutz e da un’acidità veramente perfetta per integrazione, quindi capace di dare non solo freschezza, ma anche slancio, progressione, ampiezza e profondità, fino alla trionfale chiusura minerale. Grandissimo champagne, raffinato, vivo, ennesima conferma di un’annata ingiustamente poco considerata dai più…
Voto: 98/100
Gli champagne Deutz sono distribuiti in esclusiva da:
D&C – tel. 051/6172777 – www.dec.it
buonasera alberto,
mi complimento per la sua e vostra competenza, sono un lettore assiduo del sito e della guida.
chiedevo un consiglio d’acquisto su alcuni champagne che ho trovato in un ristorante e che non conosco perché abbastanza vecchi
jacquesson signature 1985 ( e’ un dt come quelli che ho dell’89 e 90? )
trilogia moet chandon: cassetta con 3 bott di lieux dits moet uscita in commercio 12/13 anni fa
moet chandon 1964 brut imperial magnum ( deg 2000 ): etichetta verde e cartoncino informativo allegato
Krug private cuvee 1962
dom perignon 1976
di tutti sono disponibili le foto e chiedevo se li avete assaggiati e come li avete trovati, se il moet 64 e’ un RD o una sboccatura d’annata e se oggi vale la pena acquistare bott vecchie come queste, nel senso che vorrei assaggiare uno champagne vivo e piacevole e non solo rallegrarmi perché una bottiglia così vecchia e’ ancora potabile. premetto che amo gli champagne datati, ho bevuto dom 64 e anni 80, Krug anni 80, e anche altre bottiglie evolute, che preferisco per complessita’ alla prorompenza delle bollicine giovani.
Grazie dei complimenti! Come detto, fanno sempre piacere…
Premesso che bisognerebbe vedere il prezzo e lo stato di conservazione, devo dire che si tratta di vere chicche. Vediamo.
Jacquesson: il Grand Vin Signature era il millesimato “importante” della maison prima del Millésime, esistito tra il 1988 e il 2002 con i fratelli Chiquet. Ebbene, questo Signature è esistito sia come ‘originale’ sia come DT, ma non capisco quale dei due abbia trovato lei. L’annata è di valore, ma lo stile era diverso dall’attuale.
Moet: non Lieux-Dits, ma Grand Cru. Bellissimi champagne, espressivi dello strepitoso patrimonio della maison. Peccato non li facciano più.
Moet 1964: non Brut Impérial, ma Vintage Imperial. È un pezzo raro, in quando di “RD” prima della linea Grand Vintage Collection (inaugurata nel 2005) ne hanno fatti pochissimi. Non a caso, l’originale aveva l’etichetta bianca, mentre questo verde come tutti i Vintage fino al 1999. Visto che è addirittura in magnum, potrebbe essere notevolissimo.
Krug: l’antenato del Vintage. Bella annata, poca resa ma tanta qualità. In più, fu il primo firmato Henri Krug. Se ben conservato, un grande, nonostante l’ovvia maturità.
DP: un’annata non delle migliori, ma sempre di Dom si tratta. Potrebbe essere un filo troppo avanti.
Spero di averle risposto in maniera esaustiva, altrimenti non esiti a scrivermi ancora!