Rosé d’assemblage o de saignée? A voi la scelta, con De Sousa
Ritengo Erick De Sousa tra i produttori più interessanti di tutta la Champagne e non solo tra gli RM, ma in assoluto. Non a caso, i giudizi nella guida Grandi Champagne 2014-15sono stati a dir poco lusinghieri, ma anche le recensioni su questo sito non sono state da meno, sia per quanto riguarda la Cuvée des Caudalies Brut, sia la versione millesimata Le Mesnil. Il buon De Sousa, però, produce anche altri champagne. O meglio, produce un’altra linea di champagne, teoricamente più semplici, anzi, meglio, di più facile approccio: la Zoemie De Sousa. Creata nel 2004 in onore della mamma, contava inizialmente quattro etichette caratterizzate da rotondità ed eleganza, addirittura un tocco di femminilità, per una produzione di 25.000 bottiglie contro le poco più di 80.000 della linea classica. Quest’anno, poi, per dare maggiore risalto a questa linea più ‘facile’, Erik ha deciso di inserire due nuove cuvée dal grande appeal: la Umami, che ne rappresenterà la punta di diamante, e un nuovo Rosé de saignée che affianca il Distinguée già presente in gamma. Ed ecco l’intelligenza di questo bravissimo vigneron: proporre questo nuovo rosato esclusivamente in una confezione al fianco dell’altro d’assemblage, un cofanetto battezzato non a caso Deux Roses.
Il cofanetto, in edizione limitata, vuole esaltare la caratteristica unica della Champagne, che è la sola a poter proporre i vini rosati in due maniere – per macerazione (de saignée) o unendo il vino rosso alla base bianca (d’assemblage) – e nasce per permettere agli appassionati di assaggiare queste due metodologie fianco a fianco. Infatti, la garanzia della stessa mano permette di fare un confronto sensato e capire esattamente e immediatamente le differenze tra gli champagne rosé delle due tipologie. All’interno del cofanetto, Erick De Sousa invita proprio a fare questa degustazione comparata e spiega che il rosé d’assemblage è più improntato alla freschezza, all’eleganza, quello de saignée più alla fruttosità e alla potenza.
Per la cronaca, quest’ultimo è frutto della macerazione in botte del Pinot Noir Grand Cru di Ambonnay e Aÿ; successivamente il mosto è fermentato e affinato in barrique per circa 8 mesi, seguono tiraggio e un solo anno sui lieviti. L’altro, invece, vede il classico, grande Chardonnay di De Sousa sposare una piccola parte di vino rosso, solo di Aÿ e anche questo fermentato in barrique; pure in questo caso il tiraggio è stato piuttosto breve al fine di favorire la freschezza e la fine fruttosità.
La degustazione, peraltro in anteprima, è avvenuta in quel tempio della cucina a me tanto caro qual è Villa Maiella, insieme a Peppino e Pascal Tinari, nonché il sommelier Amedeo Pasquino, per l’occasione in trasferta fuori dal suo Salento. Abbiamo prima assaggiato i due rosé fianco a fianco, anche provando diversi tipi di bicchieri, poi abbiamo abbinato gli champagne ai gustosi piatti della cucina del ristorante stellato.
Brut Distinguée
8% Pinot Noir in rosso, 92% Chardonnay; dosage 7 g/l
(tir. 18 mag. 2011, dég. 20 ott. 2012)
Naso improntato alla freschezza e immediatamente molto legato allo Chardonnay, ma, cercandolo ecco il frutto rosso, piccolo, sempre fresco e croccante, ancorché fine, delicato. La bocca è ancora freschissima, ma soprattutto divertente per la continua contrapposizione tra mineralità e agrumi – propri della forte componente di Chardonnay – e il frutto rosso del Pinot Noir. Anche lo sviluppo si mantiene fresco, finanche pulito, nonché giustamente asciutto, ben più di quanto il dosaggio avrebbe potuto far intuire. Un buon rosé, veramente tutto da bere, ma alla fine lascia con il desiderio di qualcosina in più…
Voto: 88/100
Rosé de saignée Grand Cru
100% Pinot Noir; dosage 7 g/l
(tir. 18 lug. 2012, dég 2 ago. 2013)
Il colore intenso, tendente al Cerasuolo, tradisce immediatamente la tipologia di questo rosé… Ma non lo fa il naso, invece, sempre freschissimo e sorprendentemente leggero, anche se, ovviamente, giocato su piccoli frutti rossi (lampone e mirtillo), oltre a spunti di panificazione e a una netta sensazione di vinosità. Pure l’attacco in bocca sembra continuare su questo fil rouge della grande freschezza, ciò nonostante non nasconde un certo spessore, uno spessore di frutti rossi che si fanno anche un po’ dolci. Peppino Tinari lo trova “vinoso e grosso”, anche se il finale lascia incredibilmente la bocca molto pulita, ma nl complesso trovo che la gustativa pecchi di progressione e pienezza in chiusura…
Voto: 84/100
Prima che qualcuno gridi allo scandalo, ricordo che stiamo parlando della linea più semplice di De Sousa, la Zoemie, quindi i punteggi non sono affatto stridenti con la bravura del produttore. D’altronde, il rosé d’assemblage ha comunque conquistato una valutazione che nei miei parametri si colloca tra il buono e il molto buono e questa sua fresca bevibilità va certamente premiata. Ecco, è un rosé molto rappresentativo del produttore per via del suo forte legame con lo Chardonnay, in questo caso finanche troppo, ma, considerando tutto, alla fine direi che il risultato è più che valido. Gli si contrappone idealmente il Rosé de saignée, tipologia di champagne oggi molto in voga tra i piccoli e osannata da quegli appassionati che definisco ‘talebani’. Non ho mai amato questi champagne e raramente ne ho trovato uno equilibrato (a memoria, l’unica eccezione è Larmandier-Bernier, mentre l’ottimo Laurent-Perrier, pur essendo prodotto per macerazione, non è un saignée) e questa creazione di Erick De Sousa, tra l’altro tirata in sole 300 bottiglie, non mi smentisce. Tra l’altro, forse la permanenza sui lieviti è stata fin troppo breve, chissà…
Ciò premesso, non posso non plaudire questa bella iniziativa di Erick De Sousa, soprattutto per la sua didatticità, in modo da toccare con mano le differenze tra le due tipologie di champagne rosé.
Sarzi Amadè – tel. 02/26113396 – www.sarziamade.it
Illustre Alberto buonasera, mi hanno regalato una bottiglia di P. Louis Martin brut rosè e leggendo la composizione che comprende anche il 15% Bouzy Rouge mi aspetterei una certa “struttura”; ci accompagnerei un ragù bianco di coniglio…. mi dia un suo parere su questa bottiglia…grazie
Non conosco a fondo questo produttore, però; essendo di Bouzy, è certamente bravo con il Pinot Noir, sia in bianco, sia in rosso, per il quale il villaggio Grand Cru è famoso. Dovrebbe andare bene per l’accostamento che ha in mente, l’unico rischio è che sia un rosé un po’ troppo dolce, allora potrebbe farlo migrare verso il dessert…
Mi faccia sapere
Illustre Alberto ho voluto osare facendo qualcosa di (forse) imperdonabile…l’ho stappato con pappardelle fresche triglie e finocchietto selvatico….che dire ha sostenuto degnamente il difficilissimo matrimonio con il finocchietto. Mi passi i termini poco tecnici (e non si faccia troppe risate) non essendo un tecnico ma un amante… al naso freschezza, frutti rossi, ma anche una certa struttura; in bocca immediati frutti di bosco, lieve richiamo di crosta di pane per lasciare, dopo un po’, sensazioni importanti tipo vino liquoroso…Non sono un amante dei rosè ma si è rivelato molto interessante…
Alla fin fine lo champagne è piacere, pertanto se questo abbinamento l’ha tanto soddisfatta, vuol dire che ha ragione lei! O, meglio, vuol dire che lo champagne ha raggiunto il suo obiettivo: dare piacere. Non voglio banalizzare il difficile argomento degli accostamenti vino-cibo, però, fatte salve alcune regole fondamentali e premessa una certa qualità oggettiva del prodotto, alla fine è il gusto personale a fare il risultato. Quindi si diverta, non abbia paura di osare e se la cosa funziona, beh, aveva ragione lei!
Ma non dimentichiamo che la forza dello champagne è proprio essere il vino più versatile al mondo, quindi l’unico in grado di accostarsi veramente a tutto.
A presto
Gentile Alberto, ma de saignée non vuol dire salasso? Quindi in che senso il LP è differente dal Larmandier?
Grazie per la sua gentile risposta.
Esatto, de saignée vuol dire proprio salasso, un metodo di produzione molto diffuso per i vini rosati soprattutto da parte di chi produce vini rossi. Infatti, si tratta di prendere una parte di mosto dal tino nel quale si sta effettuando la vinificazione in rosso, detto in maniera molto semplice.
In Champagne, però, la definizione “de saignée” sta a indicare più generalmente un rosato ottenuto per macerazione e non per assemblaggio (aggiunta di vino rosso alla base bianca) e un eventuale salasso (estrazione di una parte del mosto) può essere effettuato per concentrare il frutto. Quindi, per rosé de saignée si intendono sia quelli ottenuti per semplice macerazione, sia quelli con salasso vero e proprio dopo la suddetta macerazione.
Per via di questa mancanza di distinzione all’interno della categoria dei rosé de saignée, in L-P tengono a sottolineare che la loro Cuvée Rosé non è frutto di salasso in quanto viene fatto macerare a freddo il Pinot Noir fino al raggiungimento del colore desiderato e poi viene fermentata tutta la massa. Pertanto, sarebbe più corretto parlare di “rosé de macération”…
Buongiorno Sig. Lupetti, ma perché piú il formato della bottiglia é grande piú lo Champagne é migliore? Stessa annata stessa cuveé ed il magnum o il jerobom é piú buono… Grazie gentilisso
Nel magnum il rapporto tra vino e gas è ideale, ma anche nel jeroboam questo rapporto si avvicina all’ideale, a differenza della normale bottiglia. Ma c’è anche un’altra ragione: nei formati maggiori, proprio in virtù di questo rapporto, la rifermentazione (prise de mousse) è molto più lenta, 5 mesi contro i 3 della bottiglia, e questo garantisce anche una “mousse” più fine, quindi una maggiore cremosità. Nel corso dei decenni, poi, in Champagne si è visto che il vino contenuto nei magnum ha una capacità di invecchiamento straordinaria, cosa che non è stato ancora possibile verificare con i jeroboam in quanto questo formato è arrivato solo sul finire degli anni ’60-inizio ’70.