Annamaria Clementi Rosé 2005: proprio una gran signora
Ogni tanto, in questo spazio, lascio il posto anche a qualche bollicina extra Champagne, giustamente. È la volta della nuova annata di Annamaria Clementi Rosé, l’etichetta di punta di Ca’ del Bosco presentata all’ultimo Vinitaly.
Lo premetto, a scanso di equivoci: questa volta non sarò completamente obiettivo e spiego anche il perché. La Annamaria Clementi Rosé l’ho vista nascere, ho avuto la fortuna – e l’onore – di partecipare alla sessione di degustazione per la definizione del dosaggio, che prevedeva anche un confronto con i top champagne rosé, invitato dal grande Maurizio Zanella. Era maggio del 2010 e alla degustazione erano presenti, oltre al patròn di Ca’ del Bosco, l’enologo Stefano Capelli e Dante Bonacina, direttore commerciale della cantina di Erbusco. Ricordo fu un’esperienza splendida e il nuovo Franciacorta top de gamme di Ca’ del Bosco sfoderò immediatamente una gran stoffa. A mio gusto personale risultò “migliore” la versione dosata a 1,5 g/l e ho ancora ben chiaro il simpatico confronto che ne seguì: mi obiettarono che in quel modo il vino prendeva una piega troppo da appassionato, ma io feci notare che, con solo 5.000 bottiglie tirate, quella impostazione potevano anche permettersela… Se non erro, poi si giunse a una soluzione di compromesso, sui 2 g/l, ma la Annamaria Clementi Rosé sta benissimo anche senza dosaggio, il che la dice lunga sulla qualità del vino…
Come nasce la Annamaria Clementi Rosé, versione, appunto, in rosa, dell’etichetta più prestigiosa di Ca’ del Bosco intitolata alla mamma del fondatore? Il Pinot Nero ha sempre scandito la storia di Ca’ del Bosco, in un percorso entusiasmante che è iniziato con il primo vino rosso nel 1975, quindi ecco l’antesignano del Franciacorta Rosé nel 1978 e così via, evolvendosi negli anni con il Pinero e la Cuvée Prestige Rosé. Quest’ultima è la naturale versione in rosa di un Franciacorta di grande successo, ma il passaggio da blanc a rosé è tutt’altro che facile, anzi ricco di insidie. In Ca’ del Bosco, però, sanno il fatto loro e che il primo rosé della nuova era sia arrivato solo nel 2009 la dice lunga sull’attenzione prestata allo sviluppo di un’etichetta del genere. Così Zanella: “abbiamo voluto aspettare che le vigne di Pinot Nero raggiungessero almeno i venti anni di età”. D’altronde, sin dalla sua fondazione, Ca’ del Bosco si è mossa in una dimensione di eccellenza, senza timore di guardare a quello che rimane il modello di riferimento: la Champagne. Dove, negli ultimi 60 anni, si son viste diverse declinazioni in rosa della grandi cuvée de prestige con risultati assolutamente straordinari, come dimostrato da Dom Pérignon, Louis Roederer con il Cristal, Perrier Jouët con la Belle Èpoque, Philipponnat con il Clos des Goisses, Veuve Clicquot con La Grande Dame e, naturalmente Krug.
Zanella pensava già da tempo a un rosé di elevatissimo spessore, lontano dalle mode, e nel 2003 l’idea prende forma. Quindi spetta all’enologo Stefano Capelli tradurla in realtà, attraverso la macerazione di sole uve Pinot Nero (rosé de saignée, per dirla come gli champenois, quindi non per assemblaggio), per questo è necessaria particolare attenzione già nello scegliere quelle parcelle che, per esposizione, composizione del suolo ed età delle piante, possano dare uve non solo perfettamente mature, ma anche e soprattutto tali da garantire la corretta concentrazione di colore. Quindi idonee alla vinificazione con il metodo saignée (salasso), che Capelli attua spillando una frazione di mosto colorato dopo un contatto di poche ore con le bucce, basandosi quindi sulla diffusione precoce degli antociani giusto all’inizio della fase di macerazione, che avviene a temperature piuttosto basse (14°C) al fine di evitare l’estrazione di tannini e favorire lo sviluppo degli aromi, il tutto prima dell’inizio della fermentazione alcolica. Questo modo di agire in cantina permette di ottenere un mosto sufficientemente colorato, fruttato e dalla componente tannica molto leggera. Il processo prosegue, quindi, con la vinificazione, attuata secondo le più classiche metodologie di Ca’ del Bosco applicate ai grandi millesimati: fermentazione e affinamento in barrique, dove il vino rimane per sette mesi complessivi. Dopo l’imbottigliamento, infine, la Annamaria Clementi Rosé rimane sette anni sui lieviti nelle cantine sotterranee, a una temperatura costante di 12°C fino alla sboccatura, che avviene in assenza di ossigeno (sistema unico al mondo brevettato da Ca’ del Bosco) per evitare shock ossidativi, cui fa seguito un dosaggio di 2 g/l.
Per Capelli “la cuvée Annamaria Clementi Rosé racchiude in sé il carattere tipico dei Franciacorta, la finezza, l’equilibrio, la sottigliezza, ma al tempo stesso la struttura, la longevità, il corpo e la potenza generalmente ricercati nei vini fermi di Pinot Nero”.
Ebbene, dopo la 2003 del debutto e l’elegante 2004 dello scorso anno, è la volta della terza annata, la 2005, tecnicamente un Franciacorta Riserva. Per dare un’ultima idea del rigore con il quale lavorano in Ca’ de Bosco, però, basti pensare che la resa nei vigneti di Pinot Nero per la Annamaria Clementi Rosé è di soli 74 q/ettaro, che poi danno solo 3.300 litri di mosto (resa in vino pari al 45%), mentre l’aggiunta di SO2 si limita a 50 mg/l, contro il limite legale dei 185.
Annamaria Clementi Rosé 2005
100% Pinot Nero in rosa; tiraggio 7 apr. 2006, sboccatura primavera 2013
Bott. n. 00115 – Bel naso davvero, ricco, profondo, rotondo nella intensa espressione fruttata rossa che tende al dolce in maniera piacevole, oltre a soffici note di panificazione e a una soffusa sensazione di freschezza. Se ci fosse stata anche la mineralità, sarebbe stato facile pensare a… uno champagne! Ma ho sempre odiato questi paragoni, quindi andiamo avanti. L’attacco in bocca sembra replicare esattamente quanto riscontrato al naso, a fronte di una certa vinosità, una corroborante cremosità, ma anche una simpatica piccantezza da pepe rosa a dare vivacità. Quindi, ecco salire in cattedra una nota di arancia amara in confettura che, invero, oggi tende a contrarre un po’ la chiusura su note lievemente amaricanti (il vino ha poco più di un mese di dégorgement…), però la bocca rimane pulita e molto gustosa. Un’ottima prestazione, forse la migliore delle tre annate prodotte finora.
Voto: 90/100
Federico, che ha assaggiato questa Annamaria Clementi Rosé 2005 insieme a me, è rimasto sorpreso dalla sua qualità, lui che solitamente non si accosta mai a bollicine extra champagne, però alla fine ritiene che non possa avere più di 88/100, secondo il nostro metodo di punteggio assoluto e rigoroso, e mi fa il paragone con alcuni champagne rosé. Io, che ho detto più volte di odiare questi paragoni, guardo invece solo a questa Annamaria Clementi Rosé e ritengo sia giusto premiarne la fattura, la beva, l’eleganza, pertanto la elevo a un più giusto 90/100. Tanto, all’inizio ho detto che non sarei stato troppo obiettivo…
Devo ammettere che questa bottiglia mi ha piacevolmente stupito, avevo abbandonato l’ Annamaria Clementi dopo l’annata 96 (le successive le ho trovate un po’, diciamo, sotto tono…)
Ed ora questo Rose’ veramente interessante, peccato per il prezzo allo scaffale che lo colloca in un range in cui si trovano “avversari” di notevole qualita’…
Che dire? Analisi assolutamente perfetta!