La nascita di uno champagne Krug, con il (e nel) ricordo del grande Henri
Si dice che i Krug siano champagne estremi, nel senso che non conoscono vie di mezzo: o fanno impazzire, o non piacciono. Forse sarà pure così, ma personalmente ritengo che i Krug siano un punto di arrivo. Per carità, capita di rimanere stregati sin dal primo sorso di Grande Cuvée, però credo che solo dopo diverso tempo si arrivi a capire perfettamente cosa significhi Krug e, pertanto, ad apprezzare fino in fondo questi champagne. Oltre il valore del nome, autentico mito per molti appassionati.
Bene, immaginiamo di poter spostare indietro le lancette dell’orologio di 34 anni e trovarsi a Reims nel cortile di Krug. È il 1979, un anno importante per la maison: nasce un nuovo champagne, il terzo dopo quasi un secolo e mezzo di storia, il mitico Clos du Mesnil. Ma il 1979 è stato anche l’anno nel quale Henri Krug ha raccontato la maison di famiglia e la sua visione dello champagne. Eccone alcuni passaggi frutto di una mia piccola ricerca…
Ottobre 1979, con la sua Citroën DS, durante la vendemmia, Henri Krug gira la Champagne non solo per controllare i vigneti di proprietà, da Ay a Le-Mesnil, ma anche dei conferitori. Ad Ambonnay, ad esempio acquista uve a 9,41 Franchi/Kg, “18 centesimi più della scorsa vendemmia” sottolinea, mentre nel celeberrimo Clos nota con piacere che non c’è “nessun acino verde, nessun acino marcio, il che è un buon segno. E poi i grappoli sono davvero belli, solidi, ben sviluppati. Soprattutto, le uve sono perfettamente mature, mentre quanto all’acidità avremo una bella sorpresa. Insomma, ci sono le basi per fare un grande millesimato”.
Vorrei far notare che la vendemmia del 1979 fu piuttosto scarsa, come dirà Henri più avanti, ma all’interno delle mura del clos l’andamento è stato ben diverso, proprio a sottolineare l’unicità, la straordinarietà del microclima di quel vigneto mitico.
Delle uve di Champagne, Henri spiega semplicemente: “il Pinot Noir è la struttura del vino, lo Chardonnay apporta leggerezza e freschezza, infine abbiamo il Pinot Meunier, altra uva nera, che completa gradevolmente le qualità delle altre due con la sua fruttosità”.
La sera, a casa, come ogni anno Henri aprirà una bottiglia di Grande Cuvée per festeggiare l’inizio della vendemmia…
La nascita di uno champagne Krug
Dai pressoirs i mosti arrivano nella sede di Reims, dopo una dozzina di ore di debourbage, e Henri e suo padre Paul controllano i cantinieri che riempiono i fûts per la fermentazione. Nel 1843, Joseph Krug ripeteva a suo figlio Paul che “un buon vino nasce da buone uve, buoni legni, una buona cantina e un uomo onesto a coordinare l’insieme”. E questo concetto Paul lo ripeteva a Joseph II, quindi questi a Paul II e a Henri. Pertanto, quest’ultimo sapeva già da giovane che lo champagne che porta il nome della sua famiglia esige un profondo rispetto della tradizione vinicola e della champenoise in particolare. Per la cronaca, oggi tutto questo lo sa non meno bene anche suo figlio, Olivier…
A proposito del legno, Henri spiega che “sin dall’antichità, l’uomo ha sempre fatto coincidere, come due essenze complementari, il vino e il legno. Ancora oggi, questa alleanza è necessaria per affinare le caratteristiche d’un vino. Ma la qualità costa cara. Un fût nuovo costa tra i 600 e i 700 Franchi, ma, per fortuna, la sua vita è lunga, dai 30 ai 40 anni. Per esempio, nel 1974 ho dismesso fûts del 1928, anche se i mastri bottai Jacques Gassin e Pierre Kuraj non vorrebbero mai vederne morire uno…”.
Vorrei ricordare che in Krug per fût si intende la pièce champenoise, quindi una barrique un po’ più piccola, da 205 litri, prodotta esclusivamente con legno della foresta d’Argonne.
Ma torniamo alla nascita di un Krug. Una volta riempito, ogni fût è marchiato con un codice di lettere e numeri (usato ancora oggi, anche se al fianco di un più moderno codice a barre… N.d.A.) che permettono di identificare ciascun vino fino al momento dell’assemblaggio. Le lettere, due, indicano il Cru (ad esempio, VZ sta per Verzenay), mentre i numeri l’origine esatta delle uve, il momento della pressatura e il numero di pièces riempite con quel mosto. Il riempimento avviene per 4/5 (circa 160 litri) in modo da lasciare spazio al gas prodotto durante la fermentazione, altrimenti le botti scoppierebbero. Da quel momento, ogni mattina il capo cantiniere controlla la temperatura (27°C) e, un mese dopo, il vino finalmente si rivelerà. A quel punto, i cantinieri colmano i fûts con vini del medesimo lotto e Henri e suo padre iniziano ad assaggiarli uno a uno per farsi un’idea della vendemmia. A proposito di questa fase, Henri è categorico: “il nostro credo in cantina è la selezione. E non abbiamo mai la tentazione di derogare: se la materia prima (i vini) non ci convince, la rivendiamo e per quell’annata produrremo meno. Semplicemente”.
Nel frattempo, le fecce si depositano per gravità sul fondo delle botti e i cantinieri procedono con i travasi per mantenere i vini limpidi (soutirage). In tutto questo periodo, la ‘part des anges’ (il vino perso per evaporazione e assorbimento del legno) è pari al 4-5%.
Con l’arrivo dell’anno nuovo (1980), è ora di altre degustazioni, stavolta più approfondite e non più in cantina, ma nella sala di degustazione. È il momento, infatti, di stabilire quali vini saranno innanzitutto per la Grande Cuvée, quindi quali saranno accantonati come vins de réserve e, infine ed eventualmente, quali potrebbero dar vita a uno champagne millésime. Ma la prima preoccupazione dei Krug è sempre la Grande Cuvée, a proposito della quale Henri dice che “si compone non solo di vini dell’ultima vendemmia, ma anche di vini di riserva, che conserviamo in tini di acciaio o in magnum anche per dieci anni. Così, l’assemblaggio di vini giovani e di riserva permette di avere un vino già maturo e l’intento è di mantenere in cantina uno stock di sei anni. Pertanto, se in Champagne dovessero venir meno improvvisamente tutti i vigneti, Krug potrebbe continuare a vendere per 6 anni come se nulla fosse”.
Da questo passaggio si scopre l’interessante aspetto che non solo Bollinger, ma anche Krug conservava i vins de réserve in magnum. Tutti fino al 1960, quando acquistarono anche alcuni tini di acciaio da 40 hl per questo scopo. Oggi i magnum non si usano più, ma solo l’acciaio e la cosa sembra normale, ma all’epoca si trattò di un passaggio attentamente meditato: solo quando furono sicuri del vantaggio in termini di qualità e solo di quello (i vini mantenevano maggiore freschezza), i Krug decisero. Châpeau.
Dopo la degustazione dei vini dell’ultima vendemmia, i Krug assaggiano proprio quelli di riserva per verificarne lo stato e decidere se siano pronti per la Grande Cuvée oppure debbano attendere ancora in cantina. In proposito, Henri rivela il commento del padre Paul durante questa degustazione: “la vendemmia ‘78 è stata una catastrofe dal punto di vista della quantità, tanto che, per la prima volta, nell’assemblaggio della Grande Cuvée abbiamo dovuto impiegare vins de réserve in proporzione maggioritaria. Però la vendemmia è stata anche molto buona, con uve sane, mature, di ottimo contenuto zuccherino ed elevata acidità. Ne dobbiamo tenere conto in questa degustazione e pertanto considerare che solo una prossima vendemmia un po’ più abbondante di quest’ultima ci potrà permettere di compensare questo ammanco di vini”. E quel giorno vanno avanti: Ambonnay ‘73, Avize ‘71, Mesnil ‘68…
Assaggiati i vini tutti insieme, Paul, Rémi ed Henri, per quest’ultimo è il momento di pensare agli assemblaggi. L’ora della verità è arrivata e un assemblaggio è sempre diverso dall’altro, non avrà mai lo stesso numero di vini. Pare che in Champagne girasse una vecchia regola sulla composizione di una cuvée che recitava: più si aggiungono elementi di qualità, più ci si avvicina alla tipologia Krug e alla tradizionale vinificazione champenoise. A proposito dell’assemblaggio, ecco Henri: “non abbiamo ricette, lavoriamo come una volta, con metodi collaudati. Non giochiamo a fare gli alchimisti, né i maghi, ma per esperienza sappiamo in anticipo cosa sarà necessario fare. Prepariamo diversi assemblaggi di prova, quindi altri che ci porteranno al vino che avevamo immaginato, poi assaggiamo ed eventualmente apportiamo correzioni. Insomma, facciamo la nostra piccola cucina. E, in teoria, non c’è nulla di complicato”. Se lo dice lui…
Tra l’altro, a nessuno dei Krug, compreso Olivier oggi, sono mai piaciute le domande troppo tecniche a proposito dei vini della maison. Addirittura Rémi, persona di rara affabilità, ambasciatore di Krug nel mondo e squisito ospite di chi visitava la maison, non voleva rispondere a chi chiedeva percentuali dell’assemblaggio: “storia morta. Non esiste una ricetta e non ci interessano le varietà, se non in termini di terroir. D’altronde, nessuno in un concerto si sognerebbe mai di chiedere quanti violini stanno suonando, giusto?”. Penso alla mia fissazione per gli assemblaggi, ma con Krug oramai ho capito. Bene, andiamo avanti.
Il primo assemblaggio a essere sviluppato è sempre quello della Grande Cuvée, nella quale i vins de réserve quotano tra il 35 e il 50%. Siamo ad aprile e, deciso l’assemblaggio, non può mancare un’ultima verifica da parte di Paul ed Henri (in quella primavera del 1980 fu rifatto daccapo all’ultimo momento perché all’assaggio finale padre e figlio avevano trovato uno dei vini dal gusto troppo pronunciato).
Quindi si chiarifica con colla di pesce, materiale assolutamente naturale, come faceva il fondatore e, finalmente, le botti iniziano a rotolare e i magnum a risalire dalla cantina per riempire i 20.500 litri della cuve d’assemblage: Cumières, Ambonnay, Vertus, Ay e Le-Mesnil, ‘71, ‘75, ‘77 e ‘78 si uniscono in un’armonia spumeggiante.
E si imbottiglia. Nel 1980 i formati erano solo tre, demi, bottiglia e magnum, ma Henri ricorda che il padre produceva per alcuni amici anche qualche jeroboam e mathusalem, formati altrimenti considerati ‘stravaganti’, ma soprattutto “problematici perché difficili da gestire e, inoltre, il vino perde freschezza. Semmai, meglio l’imperiale (imperial pint, quindi 0,568 litri), ideale per due persone, ma oramai scomparsa”.
Interessante scoprire cosa dice Henri a proposito delle bottiglie: “in Champagne, le bottiglie sono prodotte dalla Saint Gobain. Le champagnotta è speciale e questo perché è la stessa bottiglia a essere particolare: contrariamente alle altre regioni vinicole, in Champagne la bottiglia è prima di tutto uno strumento di lavoro e deve sopportare non solo 6 atmosfere di pressione per un lungo periodo, ma anche parecchie manipolazioni, per questo sono testate a una pressione di 12 Kg”. Da notare, poi, che all’epoca in Krug si usavano due tappi, il primo de tirage e il secondo d’expédition, pertanto in Krug la rifermentazione avveniva bouchon liège.
Ora le bottiglie vanno in cantina per la rifermentazione e la maturazione. “Lo champagne non sarebbe potuto nascere in Champagne se non ci fosse stato il suolo a base di craie – spiega Henri – che ha donato alle vigne il loro spirito particolare e ha permesso di scavare ampie cantine sotterranee. Paul Krug I acquistò il terreno oggi in rue de Coquebert nel 1870, quindi addirittura 27 anni dopo la fondazione della maison. Le cantine furono scavate a una profondità di 13 metri e numerate in modo da non perdersi, a eccezione di quattro, battezzate Saint Joseph, Saint Paul, Saint Caroline e Saint Henri, in memoria degli antenati scomparsi. Nel 1970 ne abbiamo inaugurata una nuova, intitolata a Jospeh Krug. Nelle nostre cantine non ci sono treni elettrici, né imponenti costruzioni, né vecchie pietre per impressionare i turisti. D’altronde, le nostre visite non sono vistose: basta la vista delle cataste di preziose bottiglie per soddisfare il vero appassionato”. Capito? All’epoca, in queste cantine vi riposavano poco più di 3 milioni di bottiglie, con la più vecchia datata 1893 e le più importanti del 1904 e del 1928, due grandi millesimi.
Ancora oggi questi vecchi Vintage sono lì e la produzione non è che sia poi cresciuta in maniera significativa. D’altronde, Krug non è per tutti…
Pazientemente, nel corso degli anni, nel buio e nel fresco di queste cantine, gli champagne Krug formano il loro carattere unico. Ma qual è, oltre a profumi e gusti figli di un assemblaggio armonico, il fattore che rende uno champagne Krug unico? Per Henri, “la finezza della bollicina”. Ma come è possibile che questa sia identica in ogni cuvée e in ogni anno? Risponde ancora Henri, il perfezionista: “la prima fermentazione gioca certamente un ruolo importante, ma qual è l’elemento veramente importante? La qualità dei vini base? La scelta dei lieviti? Oppure la temperatura della seconda fermentazione? Credo che più quest’ultima avvenga a bassa temperatura e più la bollicina avrà persistenza e sarà molto fine”.
Mentre, a proposito della pazienza, è assolutamente rigoroso: “È una questione di filosofia, di rispetto del prodotto. Attualmente siamo in piena crescita, le vendite volano, e quest’anno, con una vendemmia catastrofica (1979, N.d.A.), Rémi, che sa che il nostro stock ci permetterà di soddisfare la domanda senza ritrovarci in difficoltà l’anno prossimo, non ne approfitterà (alzando i prezzi, N.d.A), perché sarebbe poco lungimirante. Certo, io potrei accelerare il ciclo del vino e mettere in commercio le bottiglie prima del tempo, allora forse soltanto una decina di clienti se ne lamenterebbero, visto anche il prezzo triplo di una bottiglia di Krug, però alla fin fine tradiremo noi stessi. Questo perché rispettiamo assolutamente i tempi della maturazione e perché Krug, più di qualsiasi altro champagne, può e deve invecchiare ancora una volta dopo che è uscito dalle cantine e affinché giunga al suo livello ottimale di qualità”. Sei mesi almeno e, comunque, prima della spedizione Paul ed Henri assaggiano ancora a campione: “buon profumo, dal bouquet ben sviluppato e fine. Bocca lunga, senza dubbio un buon champagne…”. Buono? Accidenti, un Krug è la perfezione assoluta!
A proposito, la liqueur d’expédition è fatta unicamente di zucchero di canna e champagne di uno stesso assemblaggio, scelto di volta in volta da Paul ed Henri secondo l’annata del vino sia della liqueur sia di quello che la riceverà. I Krug sono solo brut e per Henri la liqueur “rimuove le durezze, arrotonda il gusto: è il tocco finale”.
Dopo il dosaggio, è la volta della tappatura definitiva e in Krug pure i tappi sono fondamentali, anche perché i loro clienti di solito fanno invecchiare gli champagne per anni. Spariti i monoblocco (per Krug i migliori, ma tant’è), si usano quelli misti di agglomerato e due rondelle, che misurano 48 mm in altezza per 32 di diametro.
Siamo giunti alla fine di questo racconto che ci ha riportato a vivere la nascita degli champagne Krug più di trent’anni fa. Ritornerò ancora su Krug presto per raccontare la vera storia della nascita di quella che oggi è la Grande Cuvée, ma non prima di aver risposto a una domanda fatidica: va bene, ma oggi?
Sì, per un secolo e mezzo ogni Krug è stato una questione di famiglia, con due o tre generazioni a partecipare all’assemblaggio, ma negli ultimi anni le cose non stanno più così. Almeno in teoria… Già, perché a garantire il marchio di famiglia c’è ancora un membro della famiglia Krug, Olivier, figlio di Henri e letteralmente cresciuto respirando questo spirito di famiglia, oltre ad aver assaggiato e riassaggiato non solo con il papà, ma anche con il nonno Paul II.
Poi, a capo dello staff tecnico, quindi come chef de cave, c’è Eric Lebel, persona seria, molto preparata e addirittura riservata. Prima lavorava in De Venoge e il suo ultimo assemblaggio è stato il 1996: assaggiate il Louis XV di quell’annata e poi ne riparliamo… A ogni modo, è stato per quasi 10 anni il braccio destro di Henri, quindi…
Infine, ma non ultima, c’è Margareth Henriquez, per gli amici Maggie, Presidente della maison dal 2008 dopo un’esperienza più che ventennale nel mondo del vino. Per Maggie questo incarico non è stato semplicemente un fatto di sedere su una poltrona di prestigio, ma un impegno preso in prima persona per mantenere intatto lo spirito Krug e, se possibile, perfino valorizzarlo di più. Avrò modo di parlare con Maggie di Krug, nel frattempo basti sapere che è stata una sua idea tirare fuori dalla cassaforte il libretto degli appunti di Jospeh Krug e far conoscere al mondo i suoi segreti…
www.krug.com
Posseggo questa confezione regalatami da parenti e custodisco con cura da più di 20anni. Vorrei conoscere il reale valore, sempre se potete aiutarmi in questo, grazie mille. Vorrei sapere dove poter inviare le foto per poter risalire al valore… grazie
Dovrebbe gentilmente inviare la foto alla mail guida@lemiebollicine.com
Buonasera sig Lupetti,
Complimenti per il sito e grazie per far conoscere la champagne in Italia.
Volevo chiederle: precisamente gli champagne Krug quanto sono dosati?
Grazie in anticipo,
Manuel
Grazie!
È un segreto ben custodito, comunque siamo mediamente intorno ai 6 g/l…