Il Meunier
Il Meunier, protagonista di un rinnovato interesse che sembra non esaurirsi mai. Se un tempo era considerato un vitigno di supporto negli assemblaggi, oggi si impone con una personalità sempre più definita, rivelando sfumature e profondità inaspettate.
Come la Champagne, il Meunier è in costante evoluzione: sorprende, si trasforma, si adatta, dimostrando un potenziale che supera ogni aspettativa e ribalta le convinzioni del passato. Ogni annata, ogni vendemmia, ogni nuova interpretazione aggiunge un tassello a una storia affascinante, capace di conquistare anche i più scettici – e un tempo tra questi c’ero anch’io.
Eppure, c’è ancora molto da esplorare sul Meunier, oltre le conoscenze più diffuse. Per questo, cercherò di raccontarlo in tutta la sua complessità, tra storia, evoluzione e potenzialità.
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Origini e diffusione del Meunier
Il Meunier ha una storia ricca e affascinante, strettamente legata all’evoluzione della viticoltura in Champagne. Le prime tracce della viticoltura nella regione risalgono al 1115, quando Bernardo di Chiaravalle, monaco benedettino dell’Abbazia di Cîteaux (Dijon), fondò l’Abbazia di Clairvaux vicino a Bar-sur-Aube, contribuendo alla diffusione di tecniche avanzate.
Il Pinot Noir fu menzionato per la prima volta in Borgogna nel XIV secolo, con il nome di Morillon Noir, mentre il Meunier, che prendeva invece il nome di Morillon taconné , compare nei documenti scritti nel XVII secolo, segnando la sua progressiva integrazione nella viticoltura francese, in particolare in Champagne.
Nel 1958, il Meunier rappresentava circa il 48% dei vigneti della Champagne, mentre oggi copre oltre il 32% della superficie vitata della regione. In Francia, sono coltivati circa 11.000 ettari, principalmente nel Bacino di Parigi, con una piccola presenza nella Valle della Loira. In Germania, il Meunier si estende su circa 2.500 ettari, concentrati nel Württemberg, con minore presenza nel Pfalz e nella Franconia. È coltivato anche in Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, in particolare in Oregon e California.
Una mutazione chimerica unica
A differenza del Pinot Blanc, Pinot Gris e Pinot Noir, che condividono lo stesso genotipo ma presentano fenotipi diversi, il Meunier si distingue per una mutazione chimerica. Questa mutazione interessa esclusivamente le cellule dello strato epidermico delle foglie e riduce l’assorbimento di acido gibberellico (GA) da parte della vite.
Di conseguenza, gli acini crescono meno e sulla superficie epidermica delle foglie si forma una sostanza biancastra e polverosa, che ha ispirato il nome Meunier (mugnaio, in francese). Questo stesso aspetto ha portato alla nascita di diverse denominazioni internazionali: in Francia è conosciuto anche come Farineaux o Noir en Enfariné, in Inghilterra viene chiamato Dusty Miller, mentre in Germania è noto come Müllerebe e Schwarzriesling.
Non è chiaro quando o dove sia avvenuta esattamente questa mutazione, ma si ritiene che abbia avuto origine dopo che il Pinot Noir si era già stabilito in Champagne, in particolare nella Vallée de la Marne. Questa mutazione potrebbe essere stata una risposta naturale al clima più fresco e al terroir specifico della regione, permettendo al Meunier di adattarsi meglio rispetto al Pinot Noir. Se così fosse, il Meunier potrebbe essere considerato il vero figlio della Champagne, essendo nato e sviluppatosi direttamente in questo territorio.
Il ruolo del Meunier nello Champagne
Nonostante sia stato a lungo considerato inferiore rispetto a Pinot Noir e Chardonnay, il Meunier svolge un ruolo fondamentale nella produzione dello Champagne.
Questo vitigno si distingue per la sua germogliazione tardiva e la maturazione precoce, caratteristiche che lo rendono meno vulnerabile alle gelate primaverili. Quando si verificano le gelate, infatti, il Meunier non ha ancora iniziato a germogliare, evitando così le condizioni peggiori di umidità e freddo della primavera e dell’autunno.
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