Dom Pérignon: nell’Olimpo dello champagne
La storia di Dom Pérignon inteso come champagne è piuttosto breve, visto che nasce soltanto nel 1936 come cuvée de prestige di Moët & Chandon: un record se si pensa alla fama e alla diffusione di cui gode oggi! A ogni modo, la creazione di Dom Pérignon si deve a una brillante idea di Robert-Jean de Vogüé, presidente della maison di Epernay. Personalmente, sono convinto che la data non sia casuale e, guarda caso, è per certi versi legata a Roederer. Ricordate la storia dell’arrivo sul mercato, o meglio, del ritorno dello champagne Cristal nel 1932? Ebbene, credo proprio che monsieur de Vogüé abbia voluto rispondere alla mossa di Camille Olry-Roederer e rilanciare, creando un nuovo champagne che incarnasse in misura ancora maggiore il concetto, di lusso, di prestigio, di eccellenza assoluta. Ma anche di storia e di tradizione dell’art champenoise.
Già, perché com’è nato lo champagne?
Trovo che sia corretto dire che “lo champagne ha inventato se stesso”, quindi è nato per una serie di eventi che si sono concatenati tra loro. E con Dom Pérignon, allora, come la mettiamo? Beh, se potrebbe non essere del tutto plausibile dire che il monaco Pierre abbia ‘inventato’ lo champagne, è invece possibile, anzi, bisogna correttamente dire che lo champagne è nato grazie ad alcune sue geniali intuizioni e alla sua innegabile abilità ad aver messo insieme tutti quegli eventi di cui sopra. Ma vediamo meglio.
Nel 1668, all’età di 30 anni, il monaco benedettino Pierre Pérignon, originario della regione di Argonne (quella adiacente alla Champagne nota per la foresta dalla quale si ricavava – e si ricava – il legno delle pièce…) arriva all’Abbazia di Saint-Pierre d’Hautvillers e viene nominato cellérier, un termine che all’interno delle abbazie indicava quello che oggi chiameremmo ‘food and beverage manager’. Come tale, pertanto, doveva occuparsi della produzione del vino, importantissima per le abbazie, fondamentale per quella di Hautvillers. Infatti, tutti i Re di Francia venivano incoronati a Reims e, nel viaggio da Parigi, l’Abbazia di Hautvillers rappresentava l’ultima tappa del viaggio. Qui la corte del Re acquistava parecchio vino, ragion per cui era importante averne di eccellente da vendere loro… Ecco, perché, appena arrivato, Pierre Pérignon si occupa di recuperare e ampliare i vigneti dell’abbazia, ma, essendo anche quello che oggi chiameremmo agronomo ed enologo, peraltro molto bravo, ebbe diverse importanti intuizioni, rivoluzionarie per l’epoca. Così, coltivò le vigne in modo da farle produrre naturalmente meno (concetto delle basse rese), capì che non bisognava vendemmiare tuti i vigneti lo stesso giorno, ma farlo a seconda dell’ottimale grado di maturazione di ciascuno. Non solo. Pierre Pérignon comprese il diverso valore di vigneti in luoghi differenti (concetto di Cru), mise a punto la pressatura soffice per fare modo che i vini non fossero più gris com’era fino ad allora, bensì blanc, quindi capì che unendo vini di vigneti diversi il risultato finale era superiore alla somma algebrica del valore dei singoli: insomma, inventò l’assemblage… Infine, andò alla ricerca nella natia Argonne, in realtà patria del vetro, di una bottiglia più pesante, necessaria per la rifermentazione, e si dedicò allo sviluppo dei tappi sughero per la chiusura ermetica della bottiglia, senza la quale la rifermentazione sarebbe stata impossibile. Sommando tutto ciò, avrebbe ‘scoperto’ e messo a punto lo champagne tra il 1690 e il 1714.
Dom Pérignon lascerà serenamente questa terra il 14 settembre 1715, probabilmente non immaginando neanche lontanamente di aver rivoluzionato il mondo. E non solo quello del vino.
E poi? Lo sviluppo dello champagne lo conosciamo, mentre, rimanendo ad Hautvillers, dobbiamo purtroppo registrare la distruzione dell’abbazia durante la Rivoluzione Francese e quel poco che resta (la chiesa, la libreria e un altro piccolo edificio: esattamente quello che vediamo ancora oggi) rimane in uno stato di abbandono fino al 1829. Fino a quando il nobiluomo Pierre-Gabriel Chandon, marito di Adélaïde Moët e socio del papà di costei, il grande Jean-Rémy Moët, decide di acquistare i resti dell’abbazia in quanto “non voleva assolutamente che il luogo dove era nato lo champagne andasse perso per sempre”, così mi disse il grande Jean Berchon, discendente di Chandon, qualche anno fa. Allora, l’abbazia viene piano restaurata fino a diventare com’è oggi e, all’interno della chiesa (aperta al pubblico, mentre la parte interna è riservata agli ospiti DP), è anche sepolto lo stesso Pierre Pérignon.
A pensarci bene, tutto ciò rafforza quella parte di teoria secondo la quale il monaco avrebbe effettivamente inventato lo champagne: se già all’epoca, poco più di cento anni dopo la sua scomparsa, già gli si ascriveva l’invenzione dello champagne, ci doveva essere qualcosa in più di un fondo di verità…
Il nome Dom Pérignon
Ma torniamo al 1936 e a Robert-Jean de Vogüé. Il presidente di Moët ebbe l’intuizione di legare il nome del nuovo ‘super-champagne’ della maison, la sua cuvée de prestige, al monaco e all’abbazia dove aveva operato, anche per questo fece preparare una bottiglia inedita che era la replica di quella utilizzata a suo tempo proprio da Pierre Pérignon. Il problema era che per preparare una nuova cuvée servivano parecchi anni, invece de Vogüé voleva sbarcare sul mercato in tempi brevi… Come fare? Ebbe un’altra felice intuizione: si recò nelle cantine di Moët e andò in un angolo particolare della vinothèque, un angolo chiuso a tutti, dove erano conservati non semplicemente i vecchi millesimati, ma le ‘riserve di famiglia’. Il meglio del meglio di Moët, insomma. Scelse una grandissima annata, la 1921, e fece travasare il vino nelle nuove bottiglie: era nato lo champagne Dom Pérignon! Si andrà avanti così per qualche anno, fino al 1947, che è la prima vendemmia effettuata con lo scopo di produrre da zero Dom Pérignon.
Per decenni a seguire, Dom Pérignon rappresenterà la massima espressione di Moët, la sua cuvée de prestige, come detto, ma, pian piano, ci si renderà conto come il suo successo, la sua unicità potrebbero anche renderlo indipendente, quindi farne uno champagne a sé, svincolato dalla casa madre. Questa opinione è stata via via rafforzata anche dal fatto che negli anni ‘90 (ufficialmente dal 1996, in realtà già dal 1990) lo chef de cave non è più unico per Moët e Dom Perignon insieme (l’ultimo fu Dominique Foulon): a quest’ultimo marchio viene riservato in esclusiva un personaggio eccezionale in qualità di suo creatore, il mitico Richard Geoffroy! Beh, mai scelta fu più azzeccata, perché Richard (senza nulla togliere al grande Dominique Foulon, che, tra l’altro, ha firmato alcune annate memorabili di DP…) non solo porterà Dom Pérignon in una nuova dimensione, ma darà anche vita nel 2000 al ‘Programme Œnothèque’, poi diventato P2/P3 e nel 2010 esteso anche ai Rosé…
Su questo sito trovate diversi articoli dedicati agli Œnothèque, sia bianchi sia rosati, nei quali è anche ben illustrata la filosofia di questi champagne.
Il primo Dom Pérignon Rosé
A proposito di Rosé… Alla fine degli anni ‘50, in previsione dei festeggiamenti per il 2.500° anniversario della fondazione dell’Impero Persiano da Parte di Ciro il Grande, lo Scià di Persia chiese a Moët di realizzare una versione in rosa di Dom Pérignon. La vendemmia giusta fu quella del 1959 e furono prodotte soltanto 306 bottiglie di questo inedito DP, mai commercializzato, anche se, ovviamente, buona parte di queste bottiglie furono poi servite a Persepoli durante la celebrazione della ricorrenza persiana nel 1971. Il Dom Pérignon Rosé 1959 rappresenta una pietra miliare, anzi un vero e proprio mito, a proposito del quale Richard Geoffroy ha dichiarato “Dom Pérignon Rosé Vintage 1959 è raro, superlativo, mitico. Potente e solare, la sua luce ispirerà per sempre le creazioni di Dom Pérignon Rosé”. Interessante notare che due di queste bottiglie sono state battute all’asta nel 2008 a New York e hanno fatto registrare la più alta quotazione per una bottiglia di Dom Pérignon (e forse per un vino…): 84.700 USD!
Bisogna aggiungere che Dom Pérignon Rosé non è meramente il bianco omologo con l’aggiunta di vino rosso, ma uno champagne diverso, maggiormente legato al Pinot Noir. A proposito del quale, il mitico Richard Geoffroy ha dichiarato “Il Pinot Noir è l’oggetto di tutte le frustrazioni, di tutte le emozioni, di tutti i fascini…”.
La filosofia Dom Pérignon
Va bene, ma cos’è in realtà Dom Pérignon? Qual è la filosofia che lo anima? Ve lo riporto schematicamente sulla base di quanto ho via via appreso nel corso dei miei vari incontri con Richard…
• Dom Pérignon è prodotto con le migliori uve Grand Cru di proprietà;
• all’assemblaggio concorre una piccola parte di Pinot Noir di Hautvillers (villaggio classificato Premier Cru), impiegato per ragioni storiche, ovviamente;
• dal 1966 la vinificazione avviene in acciaio e, qualche anno più tardi, i vino hanno iniziato a svolgere regolarmente la malolattica;
• Dom Pérignon rappresenta la vera e propria arte dell’assemblaggio. In proposito, ebbi modo di chiedere a Richard come mai, essendo proprio la quintessenza dell’assemblaggio, non impiegasse anche il Meunier… Beh, mi rispose mimando le tre grambe di un ipotetico sgabello, ma tre rappresenta la stabilità, invece DP deve inseguire una continua mancanza di equilibrio, che poi significa tensione, energia in costante contrapposizione, quindi dinamismo. Il che vuole dire due sole uve e non tre;
• l’assemblaggio definitivo non sarà costituito dai vini migliori, ma sarà il più armonico, nel rispetto dello stile dell’etichetta e del paradosso degli opposti;
• il ‘Paradosso degli Opposti’ è la vera essenza di Dom Pérignon:
- Chardonnay (luminosità, finezza) vs Pinot Noir (struttura, potenza)
- leggerezza vs concentrazione,
- freschezza vs maturità,
- ossidazione vs riduzione
• alla fine, però, perché un Dom Pérignon possa vedere la luce, deve garantire un potenziale di invecchiamento di almeno 30 anni.
Bene, a questo punto è interessante scoprire quali sono stati i Dom Pérignon prodotti finora… Eccoli:
Dom Pérignon Vintage
1921, 1928, 1929, 1934, 1943, 1947, 1949, 1952, 1953, 1955, 1959, 1961, 1962, 1964, 1966, 1969, 1970, 1971, 1973, 1975, 1976, 1978, 1980, 1982, 1983, 1985, 1988, 1990, 1992, 1993, 1995, 1996, 1998, 1999, 2000, 2002, 2003, 2004, 2005 e 2006
Dom Pérignon Rosé
1959, 1962, 1964, 1966, 1969, 1971, 1973, 1975, 1978, 1980, 1982, 1985, 1986, 1988, 1990, 1992, 1993, 1995, 1996, 1998, 2000, 2002, 2003 e 2004
Per concludere, ricordo che sul mercato in questo momento sono presenti il Vintage 2006, il Vintage Rosé 2004, il P2 1998, il P2 Rosé 1995, il P3 1970 e il P3 1982. Li trovate tutti recensiti nell’ultima edizione della guida Grandi Champagne a eccezione del 1970, che invece è su questo sito…
Gli champagne Dom Pérignon sono distribuiti in esclusiva da:
Moët-Hennessy Italia – tel. 02/6714111 – www.moethennessy.it
Come nasce la poesia…..
Grazie
Complimenti
Grazie!