Bollinger: è ora dell’R.D. 2007!
Tra gli champagne senza dubbio mitici, figura a buon diritto l’R.D., che non è propriamente la cuvée de prestige di Bollinger (di fatto, la maison di Aÿ non ha questo tipo di champagne, che, al limite, potrebbe essere identificato ne La Grande Année), ma è, invece, il suo champagne più iconico e, per certi versi, rivoluzionario. Era il 1967 quando la maison, per volere della stessa M.me Bollinger, lanciava sul mercato un millesimato molto particolare: una riedizione del Bollinger Vintage 1952, dove riedizione stava a significare che lo champagne era rimasto sui lieviti molto più a lungo dell’originale.
Sapete come nacque l’R.D.? M.me Lily Bollinger era solita scendere di tanto in tanto in cantina e farsi degorgiare à la volée un vecchio millesimato ancora sui lieviti, che poi gustava sul posto. Da questa abitudine (beata lei…) le venne l’idea di replicare qualcosa del genere anche per gli appassionati di Bollinger, seppure in quantità limitata, e così vide la luce l’R.D.. Neanche a dirlo, lo champagne fu lanciato a Londa nell’ottobre del 1961 e si fregiava di una particolare etichetta dorata in alluminio, sulla quale campeggiava la data di dégorgement (6 giugno 1967) e il nome R.D., che stava (e sta…) per ‘récemment dégorgé’. All’epoca, il concetto di ‘dégorgement tardif’ era praticamente sconosciuto tra gli appassionati per questo possiamo oggi dire che la novità di Bollinger ha messo in atto una rivoluzione, ben presto seguita da tanti altri produttori.
Purtroppo, il messaggio ancora non è stato del tutto ben compreso, visto che anche grandi appassionati continuano a pensare che una lunga permanenza sui lieviti significhi uno champagne più fresco e coinvolgente subito dopo il dégorgement, invece si tratta di un errore madornale. Ora, non è questa la sede per parlarne (rimando al libro La Mia Champagne, dove tratto in dettaglio l’argomento), ma vorrei lasciare due spunti di riflessione: 1) un grande champagne ha bisogno di tempo post dégorgement, va quindi fatto riposare nella propria cantina come un grande rosso. Il quanto è funzione dei propri gusti e della propria pazienza; 2) più a lungo lo champagne resta sui lieviti, più a lungo ha bisogno di tempo per riequilibrarsi dopo il dégorgement. Quindi, chi ha predicato che gli champagne ‘récemment dégorgé’ non devono invecchiare e vanno goduti il prima possibile ha detto una gigantesca sciocchezza! D’altronde, avete mai provato un R.D. con 3-4 anni o più di dégorgement? Naturalmente, Bollinger propone sul mercato R.D. con almeno 6 mesi di dégorgement, ma questo rappresenta il minimo per la maison affinché lo champagne possa lasciare le cantine di Aÿ, dopo spetta a noi, ammaliati, trepidanti, appassionati di champagne!
Ciò premesso, veniamo al R.D. 2007, che segue il 2004. Quindi non c’è stato (e, ovviamente, non ci sarà mai) un R.D. 2005, nonostante Bollinger abbia a suo tempo fatto una La Grande Année 2005. Ma, lo ricordo, “tutti gli R.D. sono stati La Grande Année, ma non tutte La Grande Année saranno R.D.”. D’altronde, sarei stato sorpreso di vedere un’annata molto particolare come la 2005 declinata come R.D. e già il fatto di vederla come La Grande Année mi aveva sorpreso non poco a suo tempo. Confesso che La Grande Année 2005 è stata a mio avviso una delle meno interessanti di sempre, sebbene la Masterclass Bollinger che ho tenuto per AIS Milano il 18 settembre 2019 abbia visto in campo questo champagne con ben 11 anni sui lieviti contro gli 8 di quello, diciamo, normale, assimilandosi dunque a un R.D., e il risultato è stato sorprendente. Sì, il tempo ha donato una marcia in più a quello champagne, ma non tale da poter guadagnare lo status di R.D., come mi aveva peraltro confessato in tempi non sospetti Denis Bunner, chef de cave adjoint di Bollinger. Quindi, non essendoci poi stata nessuna La Grande Année 2006, è ovvio che la candidatura a 26° R.D. della storia sarebbe spettata a La Grande Année 2007, peraltro buonissima, coinvolgente, anche sorprendente.
La presentazione è avvenuta in maniera virtuale tra l’altroieri e ieri con le bottiglie fatte recapitare per tempo ai partecipanti (il sottoscritto è stato l’unico per l’Italia) ed è stata magistralmente condotta da Charles-Armand de Belenet, Directuer Général di Bollinger, e il suddetto Denis. Il primo ha ricordato come l’introduzione dell’R.D. a suo tempo sia stata rivoluzionaria per tre motivi: il tempo, quindi la lunga sosta sui lieviti, il basso dosaggio (il primo R.D. era dosato a 6 g/l), quando la maggior parte degli champagne era oltre i 12 g/l, e, infine, la data di dégorgement scritta in etichetta. Tutte cose impensabili negli anni ‘60. Denis, invece, ha esaltato le eccezionali capacità di invecchiamento dei millesimati di Bollinger, che con la declinazione come R.D., quindi grazie al doppio invecchiamento, sviluppa aromi terziari, rotondità e maggiore complessità. Oltre a sottolineare la rarità dell’R.D. (rappresenta solo l’1% della produzione della maison) e la sua firma gustativa fatta di agrumi canditi e la nobile nota amaricante della craie.
La degustazione guidata da Denis è iniziata con un parallelismo: due R.D. ‘misteriosi’, etichettati semplicemente ‘R.D. Sample 1’ e ‘R.D. Sample 1’, fatti preparare appositamente. Abbiamo scoperto trattarsi di due R.D. 1976 con diverso dégorgement, uno risalente a 6 mesi fa e uno a sei anni fa. Secondo de Belenet e Bunner la 1976 è stata un’annata atipica e sottostimata, calda ma capace di una gran bella freschezza, quindi per certi versi sovrapponibile alla 2007. Dei due R.D. 1976 magari parlerò in un’altra occasione, però posso dire che quello degorgiato da più tempo è stato immediatamente coinvolgente, mentre l’altro è venuto fuori alla lunga. I due diversi dégorgement sono serviti a Denis per rispondere alla mia ‘critica’ del ridotto tempo post dégorgement dell’R.D. e la risposta è stata che il sistema jetting ridurrebbe la necessità di riposo a seguire (aspetto sul quale ho dei dubbi, però…) e, inoltre, che la data di dégorgement riportata in etichetta permette a ciascuno di scegliere quando gustare lo champagne. Ecco, questa seconda motivazione mi convince di più: la libertà di scelta da parte dell’appassionato.
Invece, tornando all’annata 2007, in Champagne è stata di per sé una sorpresa, un’annata calda, con vendemmia iniziata ad agosto, ma notevole acidità. Nel caso dei vigneti Bollinger, l’annata fu caratterizzata da “un clima inizialmente caldo, poi fresco e piovoso, nonché umido e ventoso. Le uve videro un ciclo vegetativo anticipato e il vento ne favorì l’asciugatura, dando grappoli sani e di buona qualità. La vendemmia, svoltasi tra il 30 agosto e il 13 settembre (quindi tra le più precoci con 2003, 1947, 1893), rivelò un ottimo alcol potenziale (9,7°) e un’elevata acidità (8,8 g/l), con pH bassi (2,93)”. Purtroppo, non molti champenois hanno creduto nell’annata 2007, tanto che personalmente l’ho definita “l’année oubliée” ma, per fortuna, ci ha creduto Bollinger. Non a caso, Charles-Armand de Belenet ha dichiarato che “incarna fedelmente il lavoro e la visione di M.me Bollinger e questo champagne rappresenta il nostro legame con il savoir-faire più autentico. Il contrasto tra la grande freschezza e l’intensità degli aromi speziati dell’R.D. 2007 ha offerto una nuova esperienza agli appassionati dei grandi vini”.
L’R.D. 2007, come La Grande Année da cui deriva, è frutto di uve selezionate in soli 14 villaggi della Marne, di cui il 91% classificati Grand Cru e gli altri Premier Cru, con una componente di vigneti di proprietà pari al 70%. Ancora de Belenet ha evidenziato come avere soltanto 14 Cru nell’assemblaggio sia una particolarità, visto che solitamente da Bollinger la media è sui venti, mente Bunner ha svelato come la componente di Verzenay sia particolarmente elevata, ben il 29%, un aspetto che non sorprende più di tanto visto che si tratta di una delle storiche proprietà della maison e ne rappresenta uno dei pilastri stilistici. Dopo l’assemblaggio, lo champagne ha maturato con il tappo di sughero (bouchon liège) ben 12 anni (contro gli 8 de LGA 2007) e infine, come di consueto per l’etichetta, è stato dosato a 3 g/l (LGA 2007 era a 7 g/l).
L’ultima nota sull’R.D. 2007 è l’etichetta, che, con qualche affinamento stilistico, riporta in auge la prima, quella dell’R.D. 1952, in alluminio, più grande e con la data di dégorgement in evidenza. Una mossa a mio avviso molto centrata e posso solo sperare che con il tempo venga riproposta anche la seconda etichetta della storia di questo champagne, quella nera e oro…
R.D. 2007
70% Pinot Noir, 30% Chardonnay
dég. 10 lug. 2020 – È 2007, è evidentemente 2007, ma è anche tanto Bollinger. È netto lo stile della maison al primo naso, ma c’è pure tantissima freschezza – fino agli spunti silvestri – al fianco di un’eleganza forse mai trovata in un R.D. al debutto. Ecco, questi due aspetti spiazzano, confondono quasi, soprattutto ripensando a La Grande Année 2007, ma alla fine ti mettono di fronte a un’energia pazzesca che porta con sé perfino dei richiami all’uva! Non è poco dopo 14 anni dalla vendemmia… Più nel dettaglio, ci sono gli agrumi canditi, c’è la frutta a ricordare la fragola poco matura, c’è anche il miele, ma d’arancio, e c’è un tocco di spezie piccanti. L’ulteriore attesa arricchisce il calice (io ho usato il Grand Champagne 45 di Lehmann) di note di pasticceria e legni orientali. L’annata è ancora più evidente in bocca, quindi ne fa un R.D. un po’ riservato, ancorché elegantissimo e ancora di una volta di una freschezza che lo rende puro come una cascata di montagna. Non è affatto un R.D. potente, invece è affusolato, dritto, molto fine, tremendamente minerale di craie con la sua nota positiva amaricante-gessosa, il ritorno di agrumi e di frutto (che ora ricorda l’amarena), un finale intensamente salino di rimarchevole lunghezza.
Voto: 95/100
Chi va a leggersi le note de La Grande Année 2007 (in Grandi Champagne 2018-19) troverà un punteggio più alto… Ebbene sì, al debutto LGA 2007 aveva maggiore grassezza, era più piena, anche più immediatamente coinvolgente per la sua avvolgente maturità. L’R.D. 2007, invece, appare… ‘crudo’, come se l’evoluzione in cantina sia lieviti fosse stata lentissima. Anzi, come se pienezza e terziarizzazione con il tempo abbiano lasciato il posto a una freschezza impensabile e a un’eleganza, come detto, inaspettata. Diventa, dunque e più che mai, una questione di tempo e quella data scritta in etichetta va a rappresentare un punto di partenza per dare a questo grande champagne il suo tempo. Allora, tra diversi anni, quell’eleganza e quell’energia avranno guadagnato l’attesa maturità e allora…
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Alberto buongiorno.
Bell’articolo, come sempre del resto.
Devo dire che mi sarei aspettato un voto ben più alto, visto il valore della GA 2007 da cui deriva.
Tralasciando i numeri, il RD 2002 ed il 2004 entrambi avevano ‘guadagnato’ circa 3 punti dalle rispettive GA da cui derivano.
Secondo lei come mai questo giro no?
Della GA 2007 ho un ottimo ricordo, ed ho ancora una bottiglia in cantina che scommetto dovessi aprire oggi troverei strepitosa (del resto prendeva 96/100 a suo tempo). Se posso segnalo un altro 2007 a mio avviso strepitoso, l’amour de Deutz.
Approfitto per chiederle se posso lasciare ancora in cantina il RD 2002 ovvero se sia meglio pensare di berlo.
Grazie mille e come sempre complimenti per il suo lavoro!
Gabriele
Ciao Gabriele, per quello che può valere la mia opinione da appassionato di RD di Bollinger, a mio modesto avviso è il momento giusto per godersi il 2002. Non aspetterei oltre.
Come detto, dipende… scelta personale. Per questo fatico a rispondere alla domanda “stappo o attendo?”.
Lo ha provato recentemente?
Buongiorno Alberto, Si bevuto RD 2002 durante festività natalizie.
L’ho trovato eccellente, ed a mio personale avviso, pronto x la beva.
Mi aspettavo una domanda del genere e devo ammettere che io per primo mi aspettavo molto di più alla luce della LGA 2007. Come ho cercato di spiegare, è come se la maggior permanenza sui lieviti abbia ‘ibernato’ l’R.D. 2007, ne abbia addirittura arretrato l’evoluzione. Ha un potenziale enorme, sono pronto a scommetterci, ma chiede una pazienza fuori dal comune per apprezzarla, questa potenzialità. Assaggiarlo oggi è addirittura fuorviante, ma tra qualche anno…
R.D. 2002? È il problema dell’annata, che sono sempre più convinto sia stata enormemente sopravvalutata. Il giusto tempo inizia a esserci, ma io aspetterei ancora. Sempre al netto della pazienza di cui sopra…
Amour 2007: in effetti, per me ha rappresentato una sorta di punto di svolta dell’etichetta. Trovo, infatti, che da quel momento l’Amour sia notevolmente migliorato.
Buonasera Alberto,
complimenti per la professionalità e la chiarezza. Ho scoperto solo da poco il suo sito e chiedo scusa anticipatamente per il mio commento fuori articolo.
Recentemente, ho bevuto un Cristal 2009 lasciato a riposare quattro anni e mi è piaciuto molto ma, se devo essere sincero, mi aspettavo qualcosa in più. L’ho trovato leggermente “fermo”, probabilmente a causa di un invecchiamento non da cantina ma da tavernetta. Non penso, comunque, che ripeterò l’esperienza con il medesimo champagne. Punterò, quando potrò, ad assaggiare un Pol Roger Winston Churchill.
Scusi la domanda da profano ma, in cantina, è meglio lasciare le bottiglie all’interno del loro astuccio/cofanetto, oppure è meglio senza? Avendo, da poco, acquistato casa con una magnifica cantina, ho il dubbio su cosa sia meglio fare… Grazie ancora.
Non dare una seconda possibilità a una bottiglia non perfetta è un peccato: non si imponga questo limite. Senza inseguire il 2008, provi un 2007 o un 2012, se le capita. Ben conservato. E poi mi dica…
Senza togliersi lo sfizio del SWC, ovviamente! Le consiglio il 2009, ora sul mercato in attesa del 2012.
Per rispondere alla sua domanda: dipende. Se è una cantina naturale meglio togliere dall’astuccio, perché il cartone tende ad ammuffire con l’umidità della cantina. Diversamente, se la cantina è improvvisata, l’astuccio può tornare utile a proteggere la bottiglia, soprattutto dalla lice, in minima parte anche da sbalzi termici.
Buongiorno, volevo sapere quale bottiglia reputava migliore sia in qualità che soprattutto in termini di investimento tra questo RD 2007 e la grande annee 2012?
GRazie.
Gli R.D. alla fine la spuntano sempre anche in termini di mercato ‘vintage’…
Articolo interessantissimo. Personalmente mi è piaciuta molto (al di là ovviamente dell’ottima recensione del R.D. ) l’excursus semplice e chiaro sul degorgèment e sull’ annosa questione circa l’attesa dopo la più o meno lunga sosta sui lieviti. Grazie
Sono io a ringraziare!
L’ho sempre apprezzato! Il Signor Jack mi ha fatto conoscere questo magnifico prodotto già negli anni 60 in quel di Ginevra. Da quel momento solo ed esclusivamente Bollinger RD per tutte le grandi occasioni! Semplicemente FANTASTICO!
Allora immagino le grandi annate che avrà avuto modo di assaggiare negli anni…
Buongiorno, avendo una bottiglia di RD 2007 tra quanto sarebbe consigliato aprirla per degustarlo al meglio delle sue potenzialità? Ovviamente conservato in cantinetta a temperatura e umidità controllata. Grazie e complimenti per il sito!
Grazie dei complimenti.
L’RD 2007 è uno dei più bisognosi di maturazione in assoluto tra gli RD, per questo attenderei ancora…
RD 2007 ad oggi quanto aspettare per degustarlo al meglio?
Giusto… quando? Almeno un altro anno, meglio due.
Grazie mille!
Prego!