Chi la dura la vince: il nuovo rosé di Trousset è ottimo!
Conosco Jean-Philippe Trousset oramai da un po’. Me lo presentò, insieme a sua moglie Karine, Marie Doyard in occasione di un piccolo salone dei vigneron a Reims, era il 2016, se non erro. Mi colpirono subito la pulizia e la precisione degli champagne, la loro fresca e accessibile bevibilità senza scadere nella banalità. Quegli champagne sino poi arrivati in Italia grazie all’iniziativa di Alberto Massucco, comunque non ho mai smesso di passare a trovare Jean-Philippe e Karine, almeno un paio di volte l’anno. Così ho potuto apprezzare l’intelligenza di questo vigneron (la cui famiglia, lo ricordo, è nella viticoltura da più di tre secoli nel villaggio di Sacy), appassionato, desideroso di migliorarsi continuamente, umile, ovvero sempre pronto ad ascoltare i consigli, tanto dei suoi amici (Frédéric Savart, Nicolas Maillart, Jérôme Prevost), quanto del sottoscritto. Ho sempre detto la mia con onestà a Jean-Philippe e sono onorato del fatto che mi abbia dato ascolto su aspetti come i bicchieri, la malolattica (prima la faceva, poi a provato a bloccarla, ora si sta orientando sulla parziale), i dosaggi (ulteriormente ridotti se non proprio eliminati). Forse per questo, con gli champagne di Jean-Philippe sono sempre stato particolarmente severo in guida, perfino troppo, ma oggi sono pronto a dare il benvenuto alla ‘nouvelle vague’ del vigneron, che inizia finalmente a raccogliere i frutti del suo impegno finalizzato a migliorarsi. Ne sono la prova evidente non tanto Les Croisettes (il parcellare fatto di Arbanne, Petit Meslier e Chardonnay, tirato bouchon liège), la cui marcata particolarità e la cui produzione estremamente limitata lo rendono una chicca, ma piuttosto i due ‘cheval de bataille’ della gamma, quindi il Crème e Le Rosé. E se il primo già godeva di un notevole successo di pubblico (ma con l’ultimo tiraggio è migliorato veramente tanto! Ne riparlerò…), il secondo ha fatto un tale passo in avanti da risultare stupefacente. Ricordo che Le Rosé è sempre stato un assemblaggio a sé, quindi non è mai stato, come succede in moltissimi casi, il classico brut aggiunto di vino rosso, però finora si era rivelato piuttosto estremo nella sua tensione, perfino nella sua nettezza, tanto da spaccare: o piaceva tantissimo, o non piaceva affatto. A me è sempre piaciuto proprio perché lontano da qualsiasi e benché minima forma di accondiscendenza fruttata, ma capisco che il grande pubblico desideri qualcosa di meno ‘rigido’.
La visita più recente a Jean-Philippe l’ho fatta durante l’ultima vendemmia e il vigneron, che nel frattempo, per sottolineare giustamente il suo valore, ha modificato il nome della maison da Champagne Trousset-Guillemart a Champagne Jean-Philippe Trousset (con conseguente revisione degli habillage), ci ha tenuto a farmi assaggiare gli ultimissimi tiraggi, quelli frutto della vendemmia 2018 che arrivano sul mercato proprio in quest’ultima parte dell’anno. Bene, se il Crème è senza dubbio migliorato, come detto, Le Rosé ha proprio cambiato pelle, grazie a una sensibile crescita della componente di Chardonnay, ora diventata preponderante nell’assemblaggio, e al vino rosso, non più fatto da Jean-Philippe, ma acquistato da uno dei suoi amici. Finora, il vigneron aveva sempre fatto in proprio il rosso seguendo i consigli di Savart, ma con la vendemmia 2018 ha deciso di smettere e acquistarlo, tanto, essendo la sua produzione di rosé estremamente contenuta, può farlo in quanto al di sotto del 5% concesso agli RM. Una mossa di grande intelligenza, ben lontana da ogni forma di orgoglio personale, ovvero a denotare larghezza di vedute, il tutto in nome della qualità. E questo acquisto di rosso non sarà sempre lo stesso, ma cambierà di anno in anno secondo la scelta di Jean-Philippe, che per i vini del 2018 si è rivolto a Nicolas Maillart a Ecueil. Quindi, Le Rosé base 2018 è stato fermentato in acciaio fatto salvo una parte (10%) di legno, i vini non hanno svolto la malolattica e, come d’abitudine di Jean-Philippe, la maturazione sui lieviti non è lunghissima (18 mesi). Però è cambiato il dosaggio, risalito a 4 g/l (comunque da extra-brut pieno) dai 2,5 g/l dei precedenti, che però avevano svolto la malolattica. Un cambio radicale, dunque, che nel calice…
Le Rosé
35% Pinot Noir, di cui l’8% in rosso, 50% Chardonnay, 15% Meunier
Se finora Jean-Philippe aveva sempre fatto un rosé di netta personalità, va detto che ora ha compiuto l’atteso salto di qualità, certo, ma soprattutto di piacevolezza. Infatti, già il primissimo naso si propone molto bello, se non addirittura confortante, innanzitutto fresco e fruttato su tutti i piccoli frutti rossi dal lampone alla fragola, con una vena agrumata che vivacizza l’insieme. È uno champagne pulito, netto, equilibrato, ma non è ‘freddo’, ovvero piace per il suo carattere che sembra saper molto bene recitare il ruolo di rosato. Però, poi, è la bocca a conquistare definitivamente: la bollicina molto fine (è tirato a 5 atmosfere anziché a 6: scelta coraggiosa ma vincente) esalta il bel vino che c’è alla base. Un vino gustoso, quasi a ricordare i rosati ‘estivi’, ma questa definizione non vuole assolutamente banalizzarlo, bensì semplicemente esaltarne la sua elevata ed evidente piacevolezza! Perfino meglio la chiusura, dove il carattere champenois torna prepotentemente: sapida, salina, molto lunga e capace veramente di richiamare un sorso dietro l’altro. Bel progresso, bravo Jean-Philippe!
Voto: 91/100
Più che il vino rosso del buon Nicolas Maillart, qui è tutta la nuova idea di rosato secondo Jean-Philippe ad aver pagato. Il vigneron ha fatto un vino, un bel vino, senza uscire mai dai migliori canoni della Champagne ed è forse questa perfetta ‘quadra’ ad aver fatto progredire l’etichetta. Il risultato è un rosé molto piacevole che scala la categoria e, personalmente, mi rende ora curiosissimo di verificare il prossimo tiraggio ancora, ma sono confidente. Infatti, la ricerca di Jean-Philippe, la sua voglia di fare sempre meglio, il suo continuo confronto con altri vigneron gli hanno permesso di passare una sorta di confine, che, a dodici anni esatti dall’inizio della sua avventura, lo portano finalmente a recitare un ruolo da protagonista. Visto che avevo creduto nelle sue capacità in tempi non sospetti, dal punto di vista personale la cosa non può che farmi particolarmente piacere, ma sarà l’offerta tutta di champagne a giovarne. Senza considerare i prezzi, a dir poco aggressivi…
Accidenti, quasi dimenticavo: Jean-Philippe ha fatto analizzare da un laboratorio indipendente un suo champagne ed è risultato ‘zéro pesticides’, proprio come aveva fatto prima di lui Claude Giraud. È la ‘certificazione’ di quanto e come tenga alle sue vigne (il suo amico Jérôme Prevost mi sottolineava questo aspetto rivelandomi come Jean-Philippe arrivasse addirittura a curare ogni singola pianta…), non a caso sta intraprendendo il percorso di conversione per la certificazione ‘bio’…
Gli champagne Jean-Philippe Trousset sono distribuiti in esclusiva da:
Alberto Massucco Champagne – tel. 0124/518555 – info@massuccochampagne.it
Buongiorno, sono appunto in procinto di farmi mandare qualcosa di Massucco, tra cui il Bansionensi di Eric Taillet, recensito non tanto tempo fa su queste pagine.
E vengo alla domanda: lei parla del multivintage 14/15 deg. 23/10/19, mentre allo stato hanno disponibile solo il base 2012 deg. 19/11/2019, visto che ora importano un nuovo meunier 100% che ha sostituito l’Exclusivn’t.
Dopo tanti anni sui lieviti – sicuramente avranno fatto dei deg. precedenti -lo ritiene in base alla sua esperienza altamente meritevole, o andrebbe prima assaggiato?
Grazie
Massucco ha disponibile a esaurimento il Bansionensi 100% 2012 e non il classico assemblaggio di due annate. È un millesimato 2012, quindi assolutamente eccellente. E con un ottimo potenziale di evoluzione. Devo pubblicarne la recensione, prima o poi, accidenti…
Invece, ho detto a esaurimento perché, al fine di evitare sovrapposizioni con gli altri importatori (Eric Taillet ne ha tre in Italia, allo stato attuale), ha raggiunto un accordo con il produttore per avere in esclusiva:
– Sous le Grand Marais (il parcellare pas dosé con il 10% di Chardonnay)
– Des Grillons aux Clos (l’evoluzione dell’Exlusiv’T come selezione parcellare)
Saluti
Profitto ancora della sua competenza, ma si sa, si avvicina il periodo più propizio – nonostante tutto – alla scoperta di nuove bollicine.
Mi ero prefissato il Lallier R015 ben recensito, ma sfortunatamente proprio ieri sono sparite le ultime bottiglie.
C’è fresco fresco il R016 deg. 2/2020, che credo neanche lei abbia testato.
Ma comunque, avendo il polso dei vari millesimi di tanti produttori è in grado di fare quantomeno una previsione anche al netto dell’assaggio.
Grazie molte
In effetti no, non ancora. Il libro e i noti problemi di quest’anno mi hanno fortemente rallentato.
Due annate profondamente diverse, comunque, ma la 2016 in generale non sembra affatto male…
Buongiorno Alberto,
questo è uno dei piccoli produttori che preferisco e che ho scoperto grazie a lei! Ogni volta è sempre una conferma!
Invece volevo chiederle: ma la secondo parte dell’articolo che ci aveva promesso sul suo libro “La mia champagne” pensa di pubblicarlo a breve? Grazie perché ero molto interessato.
Buona giornata.
Claudio
Mi fa piacere.
Certo! Martedì chiudo le ultime pagine in tipografia e, a quel punto, vi dirò…
Salve, visto che nell’articolo viene citato, faccio una domanda che volevo farle da diverso tempo; bevo abbastanza di frequente i prodotti di Frédéric Savart, “L’ Ouverture” e “L’ Accomplie” che da semplice innamorato dello champagne mi sembrano ottimi, ha mai avuto occasione di provarli e nel caso il suo giudizio di esperto.
Grazie e sempre complimenti per la chiarissima divulgazione.
Savart è certamente un ottimo produttore, forse un po’ sovrastimato in quanto trovo che il legno sia un po’ troppo avvertibile nei suoi champagne, ma il valore del vigneron non si discute. Per problemi che non sto a elencare l’ho perso un po’ di vista negli ultimi anni, ma vedrò di rimediare.
Ciao Alberto, ho assaggiato proprio ora una bottiglia di L’Ouverture di F. Savart degorgiato a Marzo 2024 e non mi sembra di avvertire legno.
Sento un vino molto fragrante, al naso mela, agrumi, fiori freschi e mote minerali. In bocca un buon bilanciamento fresco sapido. Nel complesso mi sembra un ottimo vino.
Forse azzarderò, ma mi ricorda un po’ il base Brut 04 di Christian Gosset altro vino che adoro.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
Un saluto.
Gian Luca Sisca
Sì, è vero, il buon Fred è uscito da quella fase, come mi sono reso conto da un paio di recenti assaggi.
Paragone con Christian Gosset? Beh, sebbene quest’ultimo benefici di un territorio di maggior valore, che gli dona maggiore struttura, freschezza e croccantezza lo possono per certi versi accomunare a Savart. Ossia grande bevibilità, che poi dovrebbe essere il pilastro di ogni champagne…
Grazie del tuo commento Alberto.
Per caso sai se Savart fa capo a qualche importatore specifico in Italia? Non è semplice trovare le loro bottiglie e non riesco ad avere risposta dal produttore a cui ho scritto un paio di email. Quanto all’accostamento con Christian Gosset concordo con la maggior complessità di quest’ultimo e con l’estrema bevibilità di entrambi. Quanto a L’Ouverture, il contatto con le bucce gli conferisce un bellissimo colore, una leggera buccia di cipolla, pur essento di fatto un blanc de noirs.
Ne approfitto per chiederti un tuo brevissimo risconto. Conosci l’azienda Fabrice Bertemès?
Sono entrato in contatto con l’azienda che ho sentito nominare per caso, ma ancora non ho potuto assaggiare i loro vini.
Un saluto.
Savart in Italia è importato dalla Cavalli di Parma. I vigneron di grido come lui sono tempestati di email, quindi è possibile che molte gli sfuggano…
Sì, conosco Bertèmes. Lui, Fabrice, è una brava persona, i vini… diciamo che a Villers-Marmery c’è di meglio…