Il Pinot Noir del 2010 secondo Ca’ del Bosco
In questo periodo nel quale le dirette Instagram stanno diventando addirittura ossessive, da parte mia cerco di farne poche ma di valore e i commenti positivi che ricevo dai numerosi partecipanti (grazie!) mi dicono essere sulla giusta strada. Tra diversi personaggi champenois di assoluto rilievo con i quali mi sono confrontato, però, ho fortemente voluto coinvolgernes uno che non agisce nei dintorni di Reims, ma in quel di Erbusco: Maurizio Zanella! Durante più oltre un’ora di ‘live’, Maurizio ha dimostrato (come se ce ne fosse bisogno…) di essere una gran persona, oltre che un mito dell’enologia italiana, appassionato di quello che fa, geniale nello spingersi oltre quelli che per altri sarebbero limiti, attento ad analizzare il mercato e le sue esigenze, visionario nel concepire vini unici che – lo credo fermamente – vanno ben oltre la Denominazione per essere intensamente e assolutamente Ca’ del Bosco. E chi ha seguito la diretta di lunedì scorso basta che ripensi a come Maurizio abbia spiegato la filosofia della Cuvée Prestige, ovvero il concetto di non millesimato (anzi, “multivintage” per dirla come lo stesso Zanella), per capire l’acume di quest’uomo. Durante la diretta, tra l’altro, ho assaggiato due etichette molto importanti di Ca’ del Bosco, tutte e due novità, tutte e due millesimate 2010, tutte e due fatte di solo Pinot Noir: Dosage Zéro Noir e Annamaria Clementi Rosé. Di cui ora vorrei parlare…
Il Dosage Zéro Noir è stato l’ultimo Franciacorta lanciato da Ca’ del Bosco: era il 14 ottobre del 2014 quando la cantina di Erbusco svelava questa nuova etichetta in tre annate, 2001, 2004 e 2005. Il vino nasce dalla passione di Maurizio Zanella per il Pinot Noir, una varietà invero non molto diffusa in Franciacorta (meno del 20% della superficie vitata), ma che, al contrario, da Ca’ del Bosco rappresenta un’anomalia positiva: su 225 ettari di vigne dedicati al Franciacorta (245,5 totali, ora tutti in biologico), ben 60 sono a Pinot Noir. Nello specifico, il Dosage Zéro Noir è frutto di tre vigneti a picco sul lago d’Iseo che sono i più alti di tutta la Franciacorta, a quasi 500 m slm, dove l’uva matura 20 giorni più tardi di tutti gli altri vigneti della regione. Il risultato è un vino d’eccezione, un’espressione unica del Pinot Noir che trovo essere molto Ca’ del Bosco e poco Franciacorta, ovvero stilisticamente molto particolare. Tra l’altro, è non dosato ed è già nato con questa idea, in ottemperanza a quella tradizione della maison di Erbusco che addirittura nel 1978 presentò il primo Franciacorta pas dosé: fu un vino non solo rivoluzionario per l’epoca, ma che fece addirittura scalpore e colpì letteralmente Gino Veronelli. Da allora, il Dosage Zéro è diventato un’icona di Ca’ del Bosco e lo stesso Zanella confessa che c’è tuttora chi lo preferisce addirittura alla Annamaria Clementi. Ma il Dosage Zéro Noir non raccoglie l’eredità di questo, bensì del Brut di Pinot Nero 1980, prodotto una sola volta e poi fatto uscire soltanto nel 1992… In effetti, una delle caratteristiche del Dosage Zéro Noir è proprio la lunghissima maturazione sui lieviti, come dimostra anche la nuova annata, la 2010.
Nel dettaglio, il Dosage Zéro Noir 2010, che fa parte della Vintage Collection (i 4 classici millesimati di Ca’ del Bosco), è nato il 3 settembre del 2010 con la vendemmia delle uve. Dopo l’esclusiva procedura di lavaggio, queste uve sono state pressate con una resa di solo il 50% in mosto, poi fermentato in barrique. Dopo 5 mesi di affinamento, i vini sono stati travasati con i celebri ‘ascensori’ e, un mese più tardi, assemblati, infine, tirati il 18 aprile 2011. Poi otto anni e mezzo sui lieviti e nessuna liqueur aggiunta dopo il dégorgement.
Dosage Zéro Noir 2010
100% Pinot Noir
Il Pinot Noir, nobile, profondo, fitto, raffinato. Il naso gioca abilmente tra il frutto perfettamente maturo e gli agrumi scuri, tra le spezie e le sottili tostature, con una coordinazione, una fusione che non porta mai al protagonismo di uno rispetto all’altro. Ma l’aspetto che stupisce maggiormente è la freschezza, no, meglio, l’energia di questo olfatto, che a un tratto strizza l’occhio alle golosità con le dolcezze del caramello, la buccia d’agrume candita, il miele millefiori, ma tutte queste sensazioni sono solo un lampo che, come una sorta di Fregoli, appaiono e scompaiono. Insomma, ha fascino, ma, soprattutto, non sembra avere confini: non è un Franciacorta, è Pinot Noir magistralmente interpretato. Bocca setosa, cremosa, piacevolmente stuzzicata da una bollicina molto fine. Ha una bella struttura, ma anche un equilibrio lodevole (non pensi proprio se il dosaggio ci sia o meno, se ci debba essere o no: è così punto e basta. Ed è perfetto così…), con, a seguire, un centro bocca avvolgente e giustamente scuro, preciso e pulito, seguito da una chiusura talmente fresca da essere perfino rinfrescante e da quella nota piacevolmente e delicatamente amaricante di agrumi. E che persistenza! Una sorpresa, soprattutto quando ti ricordi che l’anagrafe segna giusto 10 anni…
Voto: 94/100
L’altro Pinot Noir in purezza del 2010 è in rosa sotto l’egida Annamaria Clementi, la cuvée de prestige di Ca’ del Bosco intitolata alla mamma di Maurizio. Dell’Annamaria Clementi 2010 ho già parlato su questo sito a inizio anno, ma della sola versione bianca. Avevo detto, infatti, che la declinazione come rosé mi sembrava, ci sembrava (ho assaggiato le due insieme a Vania Valentini e Marco Dallabona alla Stella d’Oro di Soragna) ancora molto indietro con l’espressività, quindi bisognosa di ulteriore tempo. A tal proposito, sono fermamente convinto che tutti i millesimati di Ca’ del Bosco abbiano bisogno di tempo, le Annamaria Clementi ancor di più, e ne ho parlato con Maurizio nel corso della diretta. Zanella s’è detto d’accordo e ha spiegato questo con l’esclusivo sistema di dégorgement in assenza assoluta di ossigeno (e senza aggiunta di solforosa) – invenzione dello chef de cave Stefano Capelli – adottato da Ca’ del Bosco oltre 20 anni fa, prima maison in assoluto. Questo sistema, protegge il vino da qualsiasi shock ossidativo, ma lo rende anche bisognoso di più tempo per esprimersi, sebbene poi doni allo stesso vino eccezionali capacità di maturazione. Non a caso, da Ca’ del Bosco stanno arrivando pian piano a lanciare i loro Franciacorta con almeno un anno post dégorgement, in modo da farli arrivare agli appassionati con una buona espressività.
Quindi, ecco confrontarmi nuovamente con la Annamaria Clementi Rosé 2010, che al momento di questo nuovo assaggio ha tuttora poco meno di un anno di dégorgement, quindi non sarebbe ancora in quella fase di inizio della migliore espressività… in compenso, sono passati oltre tre mesi dal primo assaggio. Questo rosé nasce per la prima volta con la vendemmia 2003 (l’annata in assoluto più calda in Franciacorta: a Zanella non piacciono le cose facili!) sulla base del progetto di un vino su una sola uva e con il metodo de saignée, ovvero dalla vinificazione molto attenta delle migliori parcelle di Pinot Noir, a volte anche quelle ‘alte’ del Dosage Zéro Noir. Uve che devono avere una buccia perfetta e una maturità parimenti perfetta, il che giustifica la produzione per forza di cose limitata di questo rosé. Zanella, molto acutamente, lo definisce “un vino che incidentalmente ha le bollicine” e io ricordo di aver avuto l’onore di vederlo nascere, a suo tempo…
Questo 2010 ha visto la luce il 27 agosto, quando le uve, dopo il lavaggio e una pressatura ancora più selettiva (resa in mosto pari al 45%), sono state macerate per alcune ore a 14°C prima della svinatura e la fermentazione in barrique di almeno 3 anni, dove i vini sono rimasti per 8 mesi. Tirata il 4 aprile 2011, la Annamaria Clementi Rosé 2010 ha maturato sui lieviti oltre 8 anni e, dopo il dégorgement, dosata a 1 g/l.
Annamaria Clementi Rosé 2010
100% Pinot Noir in rosa
Il colore intenso tradisce solo in parte la natura di questo rosé, che dopo alcuni mesi di attesa (rispetto alla prima degustazione di qualche mese fa) inizia finalmente a rivelare il proprio valore. Il naso è immediatamente vivace e attraente per una golosità che non ti aspetti da un vino di questa importanza. La nota di fragola e lampone, infatti, è accompagnata dagli agrumi rossi (arancia) e dallo stesso sottobosco, ‘ravvivato’ dai tipici (per il Pinot Noir in rosso) richiami alla viola. Il legno si rivela, ma non si palesa: c’è e non c’è, più che altro dona quel-non-so-che… Una bollicina stuzzicante dà il via a un assaggio segnato da grande freschezza e da una seriosità che, dopo l’olfatto, proprio non ti aspetti. Il vino è levigato, avvolgente e sottile allo stesso tempo, quasi restio a concedersi nella sua concentrazione aromatica, salvo esplodere sul finale per freschezza, fine sapidità e lungi ritorni agrumati. Vino nobile, profondo ed elegante, a mio avviso ancora indietro con l’evoluzione, quindi suscettibile di una migliore definizione. Mi toccherà riassaggiarlo, magari l’anno prossimo. Inoltre, sono sempre più convinto che non sia un vino per tutti, ma, visti i numeri, ci sta…
Voto: 92/100
E bravo Maurizio Zanella (e tutto il suo staff, ci mancherebbe!), che ha caparbiamente portato avanti la sua visione, scommesso e vinto. Almeno io la vedo così, non lui, che ritiene siano necessari ancora non meno di 40 anni prima di tracciare un bilancio della Franciacorta e di Ca’ del Bosco. Non fa paragoni, Maurizio, ma ricorda che se la Champagne è tale dopo più di tre secoli, per parlare con una certa cognizione di causa di un territorio e dei suoi vini serva almeno un secolo. Peccato che tra 40 anni sia Maurizio sia il sottoscritto non ci saremo, ma i suoi vini senza dubbio sì! Ad maiora…