Annamaria Clementi: il top secondo Ca’ del Bosco
Ci eravamo lasciati a metà febbraio parlando della Cuvée Prestige e, come promesso, ritorniamo a Erbusco per parlare stavolta dell’ultimo capolavoro di casa Ca’ del Bosco, ovvero la Annamaria Clementi, con il nuovo millesimo 2008 che avevamo già scoperto come Rosé ma non ancora in bianco.
Etichetta di punta di Ca’ del Bosco, la Annamaria Clementi è una bottiglia dalla storia affascinante perché, come sappiamo, è stata dedicata da Maurizio Zanella, a partire dal 1989, a sua mamma, fondatrice dell’omonima azienda e, in un certo senso, deus ex machina del futuro del figlio. Un’etichetta che più di ogni altra ha consacrato una Denominazione, la Franciacorta, ergendola ad ambasciatrice del Metodo Classico italiano nel mondo. Ed è proprio il sorriso sardonico di Annamaria ad accoglierti, nel ritratto a lei dedicato, nei moderni corridoi della cantina… che, a ben pensarci, è poi lo stesso di Maurizio, ça va sans dire.
Premetto che sono da poco rientrata da un viaggio in Champagne e al mio fianco, oltre ad Alberto naturalmente, stavolta vi erano anche lo stesso Maurizio Zanella e Stefano Capelli, il suo… chef de cave. Interessantissimo lo scambio durante le degustazioni, le impressioni e, ovviamente, le discussioni. Tutto ciò ha permesso a me e Alberto di capire ancora di più la filosofia dell’azienda di Erbusco, soprattutto, la cifra stilistica perseguita da Stefano nei vini Ca’ del Bosco e, ancor più importante, come il paragone Champagne-Franciacorta non stia proprio in piedi!
Stefano è una persona di cultura in campo enologico straordinaria, si è formato tra il 1986 e il 1990 al fianco di André Dubois, lo champenois che ha fatto nascere Ca’ del Bosco insieme a Maurizio, che era andato a scovarlo a Epernay, e il giovane enologo bergamasco in Ca’ del Bosco ha continuato come suo successore. Confrontandosi con lui durante le varie degustazioni, è emersa una ricerca spasmodica dell’integrità di frutto, nonché di completezza e freschezza del sorso. Elevando la personalità dei vini Ca’ del Bosco addirittura oltre il territorio. Un uomo serio, severo con se stesso e con il suo lavoro, di un’onestà intellettuale a tratti spiazzante. Consapevole delle diversità territoriali e climatiche rispetto alla Champagne, Stefano cerca di rispettare quello che è il suo terroir approfittando di quelli che, fortunatamente, sono pH più alti della media champenois, fondamentali per il conseguimento di un buon risultato e di una longevità che, come vedremo, si rivelerà spiazzante, inaspettata. Il tutto, insieme a un’espressione di un frutto che, in una regione come questa, se ben interpretato sa essere di grande vigore, splendore.
Di certo, la continua attività di ricerca e di approfondimento di Stefano, insieme all’incessante entusiasmo e la voglia di sperimentazione di Maurizio, riescono, ogni volta, in fase di assaggio, a stupirci. Ed è proprio questo il caso della Annamaria Clementi 2008.
È stata la prima annata da uve biologiche e per la prima volta è stato impiegato l’esclusivo sistema di lavaggio dei grappoli,poi accuratamente asciugati con un getto d’aria prima della pressatura. Stefano, ogni volta che parla di queste “terme degli acini”, si accende e non smette di ripetere quanto questa scelta sia stata positiva e abbia consentito loro di ottenere uve più integre e meno soggette a solfitazione. Tutti aspetti che andremo a ritrovare nel sorso: “più i grappoli saranno puliti, più i vini risulteranno puri”. Ma la 2008 è anche la prima senza dosaggio alcuno per una Annamaria Clementi, al fine di esaltare questa integrità, questa autenticità. Soluzione che ci aspettavamo ovviamente felice nella riuscita, vista l’abbondanza di frutto e di materia propria della Denominazione.
Nel dettaglio, la Annamaria Clementi 2008 nasce da 19 vigne a Chardonnay con età media di 36 anni, due vigne venticinquennali a Pinot Bianco, e otto parcelle trentunenni a Pinot Nero. I vini base, ottenuti esclusivamente da mosti di primissima spremitura, fermentano in barrique francesi (“a grana fine, spessore 26, stagionati tre anni. Per avere garanzia della stagionatura, acquistiamo il legname ancora in foresta tre anni prima di far produrre le barrique da una tonnellerie della Borgogna” specifica Stefano) e successivamente, dopo l’assemblaggio dei soli migliori 29 vini base e il tiraggio (avvenuto il 29 aprile 2009), il vino rimane a lungo a maturare sui lieviti, nelle suggestive cantine sotterranee di Ca’ del Bosco. Infine, il dégorgement avviene in assenza di ossigeno, utilizzando un sistema unico al mondo, ideato e brevettato personalmente da Stefano Capelli al fine di evitare shock ossidativi e ulteriori aggiunte di solfiti.
Annamaria Clementi 2008
20% Pinot Noir, 55% Chardonnay, 25% Pinot Bianco; 0 g/l
dég. 5 sett. 2017– Al naso è di una concentrazione a tratti spiazzante, c’è spessore, densità, caratteristiche che non ti aspetti certo da un vino spumante. Rompe gli schemi con il passato, è decisamente una AMC nuova, ‘diversa’. Il naso è ricco, semplicemente impressionante per il calibro dell’intensità delle sue sensazioni fruttate, ma anche terziarie: note balsamiche, di incenso, a tratti esotiche. L’attesa nel bicchiere lo sgrana appena, lasciando comunque spazio alla fragranza che, con l’evoluzione, intercede. La bocca è vinosa e compatta, ma fresca, avvolgente e succosa, pulsante, dotata di grande persistenza distintiva e con un finale salino agrumato. Sicuramente una AMC inedita ma dalla grande stoffa e dal grande potenziale evolutivo, in cui si è data voce esclusivamente alla trama e alla carnosità del frutto e, anche per questo motivo, non vi è stata necessità di dosarla. Lasciatela invecchiare…
Voto: 92/100
In occasione della visita, Stefano aveva preparato anche alcune annate più vecchie di Annamaria Clementi, tutte non dosate, ma le prime due degorgiate alla fine di gennaio 2018 in occasione del lancio della Annamaria Clementi 2008 mentre l’ultima assaggiata, che poi è la prima annata prodotta, in una sorta di finale trionfale, è stata degorgiata à la volée davanti a noi…
Annamaria Clementi 2004
20% Pinot Noir, 55% Chardonnay, 25% Pinot Bianco
Grande riconferma. È rimasto quel tono evolutivo nobile e sofisticato sotto il quale emergono, intense, note di torrefazione, moka, mandorla tostata, crosta di pane e, con l’innalzarsi della temperatura, iodio, roccia bagnata e tabacco. Una bocca subito miracolosa, densa e ampia, dinamica e trasversale, dalla bollicina finissima, puntiforme e con uno sviluppo pervaso da una sontuosa mineralità. Di persistenza distintiva e con una bellissima tensione sapida, rimane un Franciacorta di classe superiore a tavola e ovunque. Senza contare il fatto che continua a migliorare…
Voto: 92/100
Annamaria Clementi 1989
30% Pinot Noir, 35% Chardonnay, 35% Pinot Bianco
La prima annata della Annamaria Clementi ufficialmente battezzata come tale. Semplicemente impressionante per il calibro della sua evoluzione e per l’intensità: sottobosco, tartufo, fungo muschio e felce, note resinose, poi torrefazione, mou, burro fuso, polvere di caffè. Nobile ed elegante, in bocca non cambia registro: carnosa, avvolgente, profonda ma anche fresca, reattiva, ‘tosta’ direi. Di un talento evolutivo fuori dal comune, dalla bellissima trama sapida e un centro bocca saporito, succoso, infine con un’acidità che, ancora, dona grande allungo e spessore. Un capolavoro.
Voto: 95/100
Annamaria Clementi 1979
10% Pinot Noir, 70% Chardonnay, 20% Pinot Bianco
Prodigioso il livello qualitativo raggiunto da questo Franciacorta, opera di André Dubois. Grande profondità olfattiva, che porta a galla la sotterranea visceralità del sottobosco (note di funghi, di noce), ma anche pietra, tabacco. Uno stile molto champenois, ça va sans dire.Sorso appagante, quasi consolatorio, avvolgente, sassoso e saporito, quasi carnoso, dalla materia grassa e avvolgente. Ritornano le sensazioni fungine del naso, davvero affascinanti, e la degna conclusione è un finale lungo, di spessore. Qui abbiamo difficoltà a comprendere se ad emergere sia più lo stile champenois della mano di Dubois o se era il clima, ad essere differente. Per esperienza, io credo che sia semplicemente il terroir, a parlare, perché una cosa, dopo questa ennesima esperienza in azienda, è certa: quelli di Ca’ del Bosco sono vini che regalano grandissime emozioni soprattutto a chi sa aspettarli. Prerogativa, questa, implicita di tutti i grandi vini…
Voto: 96/100
Buonasera. Su un sito che parla quasi esclusivamente di Champagne, la domanda sorge spontanea: ma a quel prezzo perchè mai dovrei comprare Annamaria Clementi invece che, ad esempio, una Grande Année di Bollinger?
A mio modesto parere, gli spumanti di casa nostra possono essere competitivi nella fascia medio-bassa di prezzo: in Italia spendo 20 euro e bevo cose interessantissime. Anzi, mi diverto anche di più perchè il nostro territorio è così vario che nella stessa serata posso stappare un Haderburg e un Murgo facendo un viaggio di più di 1000 km e scoprendo che sono entrambi emozionanti, ognuno con le sue caratteristiche di terroir estremo.
Ma se voglio trattarmi bene e spendere dai 50 euro in su, lo Champagne vince sempre. Questa è la mia personale regola che, come ogni regola, ha un’eccezione: Giulio Ferrari. Che fra l’altro costa meno di Annamaria Clementi…
Bella domanda? Perché comprare Culatello se una buona Culaccia è molto buono e costa la metà? Mi perdoni il paragone, ma è il primo che mi è venuto in mente per dare un’idea ben precisa di cosa ho mente.
Personalmente, non da critico, a me piace da matti lo champagne X, magari proprio La Grande Année (magari 2007) da lei citata. Ma dopo averne bevute diverse bottiglie mi viene la voglia di provare anche altro. E, per quanto appassionato di champagne, può venirmi voglia di confrontarmi con denominazioni diverse. Allora ecco entrare il campo due riferimenti del panorama italiano delle bollicine come la AMC o il Giulio.
Non solo.
Lei preferisce il Giulio Ferrari, benissimo, suo gusto, oltre al vantaggio del portafogli, però le chiedo: ha mai provato una AMC con qualche anno sulle spalle? E una ancora più vecchia? L’unico limite di questo Ca’ del Bosco (attenzione che ho parlato di azienda e non denominazione e questo dovrebbe darle da pensare…) è che da giovane non rende, non si rivela. Odio i paragoni, lo sa se mi segue, ma a quel punto nelle fascia sotto i 100 euro il discorso potrebbe farsi molto interessante… Sì, un Alexandre Filaine DMY in quella fascia avrebbe pochi rivali, per fare un esempio, prece ci sarebbe comunque da divertirsi. Almeno credo così.
In ultimo, le faccio una domanda che scaturisce da mie osservazioni sul pubblico che hanno lascito me basito per primo: ha mai pensato che c’è gente che preferisce per gusto personale (o ideologico… purtroppo ci sono anche quelli!) un Franciacorta a uno Champagne?
È d’accordo?
Buonasera Alberto,
intanto la ringrazio per avermi risposto in maniera così esauriente: mi sono confrontato con lei un altro paio di volte in passato su questo sito e credo siano emersi sempre spunti interessanti.
Io sono un grande appassionato di bollicine, ho preso per cultura personale il diploma da sommelier, ma purtroppo nella vita faccio un altro mestiere: nella prossima sogno di fare il suo e magari farlo attrettanto bene… Con questo voglio dire che, nonostante abbia bevuto molte più bottiglie di spumante/champagne di qualità rispetto alla media nazionale, non ho la fortuna di potermi “stufare” di Grande Année nè tantomeno di poter assaggiare gratis tutte (o quasi) le riserve italiane e francesi. Quindi ribadisco che, nel momento in cui ho deciso di spendere 80-90 euro per una bottiglia, non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello di comprare un’Annamaria Clementi. Così come non spenderei mai 30 euro per un Prestige (ma di questo avevamo già parlato). Due doverose precisazioni: conosco questi prodotti per averli assaggiati ripetutamente ai vari Festival del Franciacorta a cui ho partecipato (anche se sicuramente erano sboccature recenti) e non ho nulla a priori contro Cà del Bosco.
Chiaro che se poi lei mi parla di gusti personali, alzo le mani: su quelli non si discute, da Giulio Cesare in poi. Ci sarà stato sicuramente qualcuno, qualche anno fa, che considerava la Fiat Palio una bella macchina… L’oggettività non esiste, dunque anche il mio è un gusto personale. Ma posso azzardarmi a scrivere che ad un tavo!o di esperti/appassionati il 90% dei degustatori sarebbe d’accordo con me?
Io concordo al 100% con Lei, Luca, e trovo francamente difficile non esserlo. Ritengo personalmente che, Franciacorta a parte (di cui ho una scarsa opinione), trovo che l’unico prodotto degno di nota e davvero buono della cantina di Erbusco, sia il vintage collection dosage zero (ed anche qui:un nome italiano per un prodotto italiano, no?), preferibilmente invecchiato qualche anno in formato magnum. Il resto dei prodotti, a mio avviso e gusto personale,godono di un rapporto qualità/prezzo piuttosto discutibile. Se poi uno è un grande appassionato di Ca’ del Bosco ed è soddisfatto così… Tengo a precisare che molti dei prodotti della Franciacorta li conosco piuttosto bene, avendoli bevuti per anni in lungo e in largo. In Italia il Trentino gode, invece,di tutta la mia stima e considerazione in fatto di bolle,cantine Ferrari incluse (eccome!), simpatie a parte.
Bel contributo. Gusti personali e prezzo a parte, però, la AMC con alcuni anni sulle spalle si colloca veramente ad alti livelli.
Il discorso è lungo (Franciacorta, ca’ del Bosco, rapporti q/p, Trento, Ferrari) e in effetti prima o poi dovrei dire la mia in maniera articolata. E, magari, iniziare una discussione costruttiva con tutti voi…
Che dire? La sua analisi è ineccepibile, ma mi permetto solo di dissentire sull’oggettività. Esiste e ci offre l’altezza a cui porre l’asticella: sotto è porcheria, sopra se ne parla, si discute, si preferisce questa o quell’etichetta. E in questo spazio superiore all’ipotetica asticella entra poi senza dubbio la soggettività, il personale. Io, almeno la vedo così.
Invece, ho un limite: nelle mie recensioni non tengo conto del prezzo. Forse sbaglio, ma non voglio influisca sul giudizio oggettivo del vino. E questo ci porta non dico a dissentire, ma a essere distanti su alcune visione di alcune bollicine italiane.
Ovvio che se entra in ballo anche il prezzo, il discorso cambia e, per fare un esempio, un DMY di Alexandre Filaine, quindi un piccolo iper artigianale, straccia praticamente tutti fino a 100 euro, credo.
Ma, accidenti a lei, deve proprio far vestire a me i panni del difensore delle bollicine italiane? A me che più champagnista non si può?
😉
Buona serata
PS: la Palio credo sia frutto di una scelta di necessità, altrimenti non si spiega…
Ho bevuto ieri Anna Maria clementi 2008 magnum l’ho trovato buonissimo già ora .ho visto che ha dato una votazione maggiore alle annate 79-89 mi chiedo come sia stato possibile fare un vino migliore e le chiedo se dovessi trovare queste due annate con la speranza che siano state ben conservate posso fidarmi o troverei un vino meno pimpante con meno perlage e diciamo più vinoso.la ringrazio stefano
Il tempo gioca sempre a favore dei grandi vini, nonostante i più recenti, per via dei progressi fatti in vigna e in cantina, siano effettivamente migliori. Però, manca loro l’evoluzione… Già tempo a una magnum di AMC 2008 e poi ne riparliamo.
Con le vecchie bottiglie è fondamentale la conservazione, a seguire l’annata. Quindi, ci sono annate che possono sfidare il tempo e altre meno. E, ovviamente, un vino (spumante o fermo che sia) con il tempo acuisce aromi più maturi, ma se il vino è di valore lo fa con gran fascino. Invece, per gli spumanti, la bollicina si fa certamente più sottile con il passare degli anni.
Saluti
Bevuto ieri con amici in riva al lago d’iseo 2 bottiglie AMC 2008 sboccatura 2016 alla carta 100€ probabilmente il ristoratore voleva finirle a scapito di un altra lista della franciacorta , non ci ho pensato 2 volte a quel prezzo siamo partiti con la prima ma ero sicuro che sarebbe finita molto presto. L evoluzione leggermente differente fra una e l’altra una piu intensa verso il sasso bagnato incenso mineralita , entrambe agrume fesco e croccante , il gusto rispecchia quanto sentinto al naso con una persistenza lunghissima , abbinata a spaghetti con pesce di lago come primo , e filetto di luccio per secondo , piatti tipici del posto , amc si e rilevato armonico su entrambi i piatti anche se il luccio grazie alle sue carni dal gusto decise e il condimento leggermente untuoso raggiunge il massimo sensoriale.
Anche io grande bevitore di champagne concordo con Maestro Lupetti che rifarsi la bocca con qualcosa d’altro d’eccellenza anche se non champagne e’ sempre una bella esperienza .
In italia si alle famose franciacorta e trentodoc , ma anche l’oltrepopavese c’e’ da divertirsi e ultimamente ho bevuto eccellenze senza far nomi nell’alta langa da farmi scendere la lacrimuccia .
saluti o meglio alla salute con bolla
Grazie del bel contributo!
E del Maestro, anche se… non dirigo orchestre.